08/11/2025
Foglietto 2: Dolore al Collo –Cervicalgia
Introduzione
Il dolore al collo è tra i disturbi muscoloscheletrici più comuni: si stima che oltre il 60% della popolazione lo sperimenti almeno una volta nella vita. Può comparire dopo una notte di sonno "sbagliata", ore davanti a uno schermo, o un periodo in cui ci si è semplicemente "caricati" troppo.
A volte arriva come un fastidio che si insinua piano, altre come una morsa improvvisa che blocca i movimenti e sembra togliere libertà al respiro.
Ogni tentativo di girare la testa diventa un gesto calcolato, una negoziazione con il dolore.
Ma in quella rigidità non c'è solo un muscolo contratto, probabilmente c'è un messaggio che il corpo sta cercando di farci arrivare. Il collo, che porta il peso della testa e del pensiero, ci chiede di fermarci e ascoltare cosa abbiamo ignorato troppo a lungo.
IL CORPO – La Scena Visibile
Il tratto cervicale è una zona nobile e delicata. Sostiene il capo, è attraversato da strutture neurovascolari fondamentali e coordina costantemente sguardo, equilibrio e respiro. È un crocevia di funzioni vitali, ed è per questo che richiede estrema attenzione (ecco perché sconsiglio di sottoporsi ai trust, i famosi "scrocchi", se non da personale estremamente qualificato ed esperto. Io personalmente mi avvalgo di altre ottime tecniche ma più rispettose).
Quando il collo duole, molto spesso non è mai solo un problema locale, ma riflette un'intera catena muscolare e fasciale che parte dai piedi e arriva fino al cranio.
Posture scorrette, rigidità dorsali, tensioni mandibolari o oculari, stress eccessivo o l'abitudine di lavorare con la testa costantemente protesa in avanti, creano una continua attivazione dei muscoli cervicali profondi e superficiali.
Il risultato è un ipertono, una contrattura che riduce la mobilità e altera la propriocezione. A lungo andare, anche il respiro cambia, il diaframma ad esempio perde ampiezza e i muscoli accessori prendono il sopravvento, trasformando ogni inspirazione in uno sforzo del collo.
Proprio come nella zona lombare, anche qui esiste una memoria neuromuscolare. Se il dolore persiste, il sistema nervoso impara a difendersi, anticipa la minaccia e mantiene la guardia alta. Il collo resta contratto anche quando il pericolo non c'è più, come una sentinella che continua a vigilare dopo che il nemico se n'è andato.
Il dolore cervicale è un allarme che avvisa di un sovraccarico funzionale. La terapia, quindi, non può limitarsi a sciogliere un punto o allungare un muscolo. Serve anche ristabilire una comunicazione tra testa e torace, tra postura e respiro, tra movimento e fiducia.
Solo quando il corpo ritrova questa coerenza, il collo smette di difendersi e torna a muoversi libero, fluido, presente. Ma cosa accade a livello interiore quando ci ostiniamo a guardare in una sola direzione, ignorando la coerenza del cuore?
LA MENTE – La Scena Invisibile
La schiena è il sostegno, il collo è la direzione. E quando la mente si irrigidisce, blocca il nostro sguardo interiore.
Il collo è il ponte tra il pensiero e l'azione, tra ciò che immaginiamo e ciò che facciamo.
Quando si irrigidisce, stiamo spesso trattenendo qualcosa di specifico per la gola e per la vista. Ci sono parole non dette, scelte rimandate, rabbie represse o decisioni pesanti da prendere. È come se la mente volesse girarsi da un'altra parte, ma il corpo le dicesse: "no, guarda dove non vuoi guardare".
Alexander Lowen parlava della "corazza del collo" come della parte che più esprime la paura di esprimersi. Stringiamo la mandibola per non dire, solleviamo le spalle per proteggerci, tratteniamo il respiro per non sentire. Così il collo diventa un passaggio ostruito tra la testa e il cuore.
Molte volte il dolore cervicale nasce proprio da questa frattura interna. Viviamo nella testa, dimenticando di avere un corpo che sente. E allora il corpo ci richiama all'ordine con la sua voce più onesta: la tensione. Non per punirci, ma per invitarci a fermarci, a respirare, a riconnetterci a ciò che abbiamo ignorato troppo a lungo.
Ogni rigidità del collo è, in fondo, una domanda:
"Cosa non voglio più vedere?", "Cosa non riesco a dire?", "Perché continuo a sostenere con la mente ciò che il cuore non sente più vero?"
Quando troviamo il coraggio di ascoltare queste domande, non di rispondere subito, ma di ascoltarle, la tensione comincia a sciogliersi da sola. Non serve eliminare il sintomo con la forza. Serve dargli voce, fargli spazio, riconoscerlo. Solo così la corazza si ammorbidisce, e la vita ricomincia a scorrere tra pensiero e azione, tra mente e corpo.
Ma c'è ancora un passo da fare. Cosa succede quando l'unica direzione che conta è quella che ci indica la nostra vera essenza?
LO SPIRITO – Il Senso Profondo
Il collo è il passaggio tra la Terra e il Cielo, tra il mondo fisico e quello del pensiero, tra l'io che agisce e l'anima che osserva. Quando si blocca, è come se l'energia non riuscisse più a fluire da un piano all'altro. È il segnale che ci stiamo identificando troppo con la mente e poco con la presenza.
La rigidità è la morte del movimento!
Il dolore cervicale può essere allora una richiesta di Vita: "Muoviti, non restare chiuso nei pensieri, non trattenere la parola, non portare il mondo tutto sulla testa."
Il collo è il punto in cui passa il flusso tra il cuore e la coscienza. Quando si chiude, la voce interiore si indebolisce, il respiro si accorcia, lo sguardo si irrigidisce. Quando si apre, il respiro torna profondo, la mente si fa chiara, e anche lo sguardo smette di fissare ossessivamente un punto e torna a vagare libero, curioso, vivo.
Non serve forzare nulla. Basta ascoltare. Respirare dove prima c'era controllo. Permettere alla vita di attraversarci, senza doverla tenere ferma, senza doverla dirigere con la testa.
Perché il vero allineamento non è tenere la testa dritta, ma permetterle di seguire il cuore. E solo quando la mente si inchina all'ascolto dell’anima, solo quando accetta di non sapere tutto, di non controllare tutto allora il collo smette di essere un peso e torna ad essere un ponte.
Un ponte tra cielo e terra. Tra pensiero e sentire. Tra volontà e abbandono.
E in quel passaggio, leggero e fluido, potresti accorgerti che il dolore non era un ostacolo... ma un invito a muovere la testa nella direzione della tua vera libertà.