09/11/2025
Il lutto è un’esperienza radicalmente umana. Tocca ciascuno di noi, in forme diverse e mai prevedibili. Ogni perdita è singolare, perché singolare è il legame che la precede: non possiamo misurarne l’intensità né stabilire che un dolore sia “più valido” di un altro.
Nel corso degli anni, diversi modelli hanno descritto il lutto come un processo a fasi. Tuttavia, nella realtà dell’esperienza, il movimento del dolore non procede in modo lineare. È più simile a un andare e tornare, a un alternarsi tra ciò che manca e ciò che rimane. Ognuno ha diritto al proprio tempo, al proprio ritmo, al modo personale di stare nella ferita.
La perdita non è soltanto un evento, ma un processo che attraversa la nostra intera esistenza. Ci chiama a interrogarci sul senso della relazione, della continuità, dell’identità.
Quando qualcosa o qualcuno non c’è più, ciò che ci resta dentro può trasformarsi: le tracce interiori, i gesti, i valori, le memorie diventano un terreno nuovo da abitare.
Una domanda preziosa da rivolgersi è: cosa resta in noi?
Riconoscere ciò che persiste può diventare il primo passo per riprendere il cammino. Il lavoro del lutto non riguarda soltanto l’elaborazione della perdita, ma la possibilità di risignificarla: nutrire ciò che continua a vivere dentro di noi, pur nel vuoto che si è aperto.
Dialogare con il dolore non significa esserne travolti. Significa ascoltarlo, permettersi di sentirlo, e gradualmente imparare a conviverci. In questo percorso, che non è lineare, può emergere anche un sollievo inatteso, un nuovo modo di stare al mondo, con le ferite che ci hanno trasformato.
Il lutto accompagna la vita, ci ricorda la nostra fragilità, ma anche la nostra capacità di creare senso, di trasformare l’assenza in presenza interiore.
Perché qualcosa resta sempre. E possiamo prendercene cura ❤️🩹
Dott.ssa Veronica Boniotti
Psicoterapeuta
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