30/11/2025
IN RICORDO DI PIERNICOLA MARASCO - Mi arriva, a quasi quattro mesi di distanza, la notizia che Piernicola Marasco non è più, come usano dire i miei amici celebranti laici quando qualcuno muore. Penso che se fosse ancora in vita userebbe queste parole, essere, non essere, scomparire, morire, andarsene, per una delle sue funamboliche lezioni nelle quale utilizzava le parole come fanno gli acrobati con le corde.
Se me lo chiedono, dico che nella prima parte della mia formazione ho avuto tre grandi maestri: lo psichiatra e psicoterapeuta ravennate Bruno Caldironi, mio padre Gianfranco, eclettico psicoterapeuta junghiano, e, appunto, Piernicola Marasco, anche lui psicoterapeuta junghiano e mio docente all’Istituto di Psicologia di Firenze. Era l’ultimo dei tre ancora vivente. È stato, pensate un po’, il mio primo psicoterapeuta quando ancora ero adolescente, anche se di quei colloqui non ricordo quasi niente, curiosamente ne ricordo la collocazione in un grande studio carico di oggetti, con una sala d’aspetto coincidente con l’ingresso... È stato poi mio insegnante di Psicodiagnostica e poi di Psicologia generale. È stato mio relatore di tesi, accettando un mio lavoro molto, ma molto anarchico concentrato sulla mia ricerca interiore a partire da un pedagogista rivoluzionario come il catalano Francisco Ferrer Guardia, assassinato dalla monarchia sp****la nel 1909.
Al di là delle sue cariche accademiche e ordinistiche, ricordate nei vari elogi funebri su di lui, bisogna ricordare che Piernicola è stato negli anni fra la fine degli anni Sessata e i primi anni Settanta fra gli ideatori e i promotori di una didattica controcorrente, la Didattica a spazio aperto (in acronimo DASA) che stimolava negli studenti di psicologia la sperimentazione su se stessi puntando sul lavoro autogestito in gruppi e sul confronto pubblico in lezioni trasformate in grandi intergruppi. Un metodo di studio nato a Firenze sull’onda del Sessantotto che apriva invece di chiudere ed era basato più che sui contenuti sul processo, anticipando così formulazioni recenti del concetto stesso di terapia psicologia, della dinamica dei gruppi, del campo interpersonale e della relazione come motore della cura.
L’ho visto l’ultima volta a un congresso organizzato dalla SIPT, la Società italiana di psicosintesi terapeutica con la quale ho fatto il mio percorso di counselling. C’era ancora in lui quel qualcosa in più, una profonda capacità socratica di creare connessioni, affascinando gli ascoltatori a cui regalava ogni volta qualcosa su cui riflettere. Avrei voluto riparlarci per scrivere cosa fu la DASA, un esperimento a mio parere troppo poco ricordato e raccontato, ce l’eravamo anche detto, ma poi non ho fatto in tempo, colpa dello stop dovuto al covid e al tempo che scorreva con i suoi acciacchi. Lo ricordo allora qui, ringraziandolo per avermi fatto partecipe del suo pensiero critico, della sua voglia di libertà, della sua capacità di sperimentare costantemente e infine del suo fare capace di cogliere il lato umoristico delle cose ma insieme sempre accettante dell’altro da Sé.