Serena Brunelli - Psicoterapeuta

Serena Brunelli - Psicoterapeuta Quando cambiate il vostro modo di guardare le cose, le cose che guardate, spesso, cambiano.

XYZ stavolta è proprio avvilita ed arrabbiata.Non le avevano detto tante cose, quando le hanno detto che si era ammalata...
26/10/2025

XYZ stavolta è proprio avvilita ed arrabbiata.
Non le avevano detto tante cose, quando le hanno detto che si era ammalata.
Le hanno detto che doveva fare un intervento, sì, quello sì. Le hanno detto che poi doveva fare della terapia (e per fortuna non la peggiore). Le hanno detto che poi doveva prendere un farmaco per 5 anni, almeno.
Sì, quello gliel’hanno detto.
Le hanno anche detto, dopo qualche mese, che il farmaco andava cambiato, perché il primo non stava andando del tutto bene. E che il secondo poteva avere effetti collaterali anche pesanti, per qualcuno non tollerabili. Le avevano detto che però, nella maggior parte dei casi, dopo qualche mese tutto si assesta e gli effetti collaterali (se mai ci fossero stati) sarebbero spariti o comunque diminuiti.
Sì, anche questo glielo avevano detto.
Le avevano detto tanta teoria.
Ma non le avevano detto che nella pratica, oltre ai cambiamenti fisici, ci sono anche quelli emotivi. E quelli no, non li immaginava così. Sebbene XYZ non fosse una sprovveduta, né una persona che non riflette su di sé o che non lavora su sé stessa.
Aveva conosciuto anche tante persone che ci erano passate prima di lei, più o meno vicine a lei. Le aveva viste, ascoltate parlare. Le avevano detto la teoria, anche quella emotiva.

Ma XYZ non immaginava, nemmeno lontanamente, di sentirsi come si sente in alcune giornate.
Estranea a sé stessa, in una sensazione di fatica costante e continua, di continuo e costante peregrinare fra un fastidio e l’altro, fra un mal di testa incessante e un’insonnia perenne, uno sfinimento lento ed estenuante che sembra non darle mai, mai tregua. Non sono fastidi acuti ed insopportabili…ma peggio, sono quelle gocce di acqua di un rubinetto che perde giorno e notte, che ti sdrenano e corrodono lentamente, fra l’avvilimento, la tristezza e la rabbia.

XYZ era stata fortunata, era sempre stata in salute. E ora non capisce, non accetta di ritrovarsi dentro un corpo che non le risponde più come prima, che sembra quasi “tradirla”…come l’ha “tradita” silenziosamente con quella malattia che è nata dentro di lei zitta zitta, senza avvisare.

XYZ pensava di essere capace di prevedere tutto questo. E invece no, per niente.
E a volte è proprio difficile starle vicino, cercare di trovare le parole giuste per rassicurarla, per motivarla a non scoraggiarsi, a darsi tempo per assestarsi, per capire quale modo può trovare per migliorare i suoi fastidi ed abituarsi a quei cambiamenti che ora le sembrano inaccettabili…per ritornare ad essere alleata del suo corpo, giocare nella stessa squadra e non viverlo come un nemico, un avversario da odiare. Prendersi cura di lui ancora più di prima, perché è un corpo che ha bisogno di lei e delle sue attenzioni. Perché non la vuole tradire. Ma ha bisogno di essere ascoltato.

E’ difficile, perché in fondo ha ragione XYZ, ad essere arrabbiata, stanca, spaventata (Oh, quanta paura che ha!! Non lo dice spesso, ma ha il terrore ogni santo giorno, che qualcuno le dica presto o tardi che “Ops, ci era sfuggita una macchiolina anche da un’altra parte…”).
Ha ragione, ma io so che passerà, prima o poi passerà, come sempre.

Difficile viversi questo tempo-a-resa-ridotta con serenità, perché d’altro canto lei ha una gran paura di sprecarlo, il tempo, visto che ha capito che non si può mai sapere, quanto ne abbiamo. Vorrebbe ottimizzarlo, viverselo, goderselo al massimo. Ma quando si ritrova stesa senza forze per alzarsi dal letto, così all’improvviso…è difficile sapere cosa dirle e come consolarla.

Che fregature, ‘ste malattie. Che prima ti danno una mazzata per il fatto di essere arrivate. E poi ti lasciano uno strascico di fatiche, che nessuno considera, nessuno sembra comprendere e anzi, “cosa ti lamenti, sei guarita!”.

Ma va beh, vaglielo a spiegare come ne stai uscendo, da quella tempesta. Non si può spiegare, non si può davvero capire.

Faccio un lavoro che mi porta a confrontarmi costantemente con tante fatiche diverse. A volte, ingenua, penso che alcune le posso capire “bene” perché le ho vissute in maniera simile al paziente che ho davanti. Penso di potermi mettere nei suoi panni più facilmente che in altri casi.
Ma…no, non è vero. C’è sempre quel pezzo di vita propria che mi manca, quella tessera del mosaico che è sua e solo sua. E va rispettata con la più grande cura e delicatezza che ho.

Devo ancora trovare il punto di svolta con XYZ, la chiave per aiutarla ad accettare. Siamo su un’altalena molto movimentata, che giornalmente ci sorprende con un’oscillazione inaspettata.
Al momento, credo di dover solo saperle stare accanto. Esserci. Ascoltare. Accogliere le sue frustrazioni, le sue lacrime, le sue paure. Spiegarle che può sentirsi esattamente come si sente, senza per questo sentirsi sbagliata o rotta.
Va bene così, XYZ. Sei dentro un uragano.
Non è una battaglia, non ci sono nemici.
C’è un’evoluzione in corso. Ti porterà un passo più avanti.
Asseconda, accetta, piangi, urla.
Va bene così…

Ci sono momenti in cui si sente il bisogno di “cambiare pelle”, un po’ come i rettili.Sarebbe comodo potersela sfilare d...
25/10/2025

Ci sono momenti in cui si sente il bisogno di “cambiare pelle”, un po’ come i rettili.

Sarebbe comodo potersela sfilare di dosso come fanno loro, con qualche movimento del corpo, due o tre torsioni e via…fatto!

Invece per noi umani il processo è più lento, più lungo, molto faticoso a volte. Si deve passare da uno stato di irrequietezza, di fastidio anche verso sé stessi.
Non ci si sente nei propri panni nella versione “prima”, non si capisce quale sia la versione “dopo”…e nel mezzo, disagio, estraneità verso di sé. Verso un’identità che non si sa più quale sia.

La cosa paradossale è che spesso questo succede “DOPO”.

Non “DURANTE” un momento difficile.

Ma DOPO, quando tutto sembra andare finalmente in discesa, quando ti aspetteresti di avercela fatta, ad oltrepassare l’ostacolo.
Invece è lì che a volte ci si specchia e non ci si riconosce più.
Consapevoli, intimamente, che era lì che comunque si voleva arrivare.
Ma anziché trovare il traguardo subito dopo l’ostacolo, si scopre che manca ancora un pezzetto di strada. Quello in cui camminiamo nella direzione che sappiamo essere giusta per noi, ma senza capire esattamente come siamo ora. Siamo nella fase delle torsioni, per riprendere l’esempio dei rettili. Siamo attorcigliati su noi stessi, un movimento di qua e uno di là, per sfilarci di dosso, toglierci il peso di quella pelle che non ci sta più bene addosso….ma ancora non è del tutto pronta la pelle nuova. E spesso, si aggiunge anche la delusione di non sentirsi subito “WOW!” come ci saremmo aspettati, ma anzi per certi versi più in difficoltà di prima.

Non è facile “stare”. Stare fermi in quel momento sospeso di stranezza, di amarezza, di stallo.
Ma se continuiamo a “stare”, scopriremo che, magari, mancava solo un passo, un’ultima torsione, per sentirsi di nuovo “a casa”…

13/08/2025
In Danimarca hanno avuto un'idea geniale. Per quanto possa sembrare semplice e banale, per quanto, invece, sia geniale.I...
24/07/2025

In Danimarca hanno avuto un'idea geniale.
Per quanto possa sembrare semplice e banale, per quanto, invece, sia geniale.
In giro per il Paese sono stati affissi manifesti come questi, con uno specchio al centro e una serie di emozioni disegnate accanto.
Lo scopo è fermarsi, osservarsi, interpretarsi, ascoltarsi e definire quale emozione stiamo provando e qual è la nostra espressione del viso che la rappresenta, confrontandola con quelle disegnate.
Sembra banale, ma non lo è.
Perché non lo facciamo quasi più, di chiederci come stiamo, che faccia abbiamo, che nome ha per noi e come può essere riconosciuta dagli altri.
Non lo facciamo più, di parlare di emozioni, né con noi stessi, né con gli altri.
E come possiamo pretendere di costruire relazioni sensate, se siamo i primi che non ci interessiamo all'altro?
Ci lamentiamo di una società sempre più vuota, sempre più superficiale, piena di ragazzini senza valori, senza progetti, senza scopi. Diamo la colpa a Social, AI, scuola...quando siamo a volte i primi a scegliere di stare in superficie, nel vuoto.
E' tutto molto più semplice.
Ci fermiamo davanti allo specchio per controllare trucco e capelli. Ma lo guardiamo mai, il nostro sguardo...davvero?

Non sono mai stata Sinner che si gioca 3 match point in una finale dello Slam, non sono mai stata Baggio che deve ti**re...
16/07/2025

Non sono mai stata Sinner che si gioca 3 match point in una finale dello Slam, non sono mai stata Baggio che deve ti**re un rigore alla finale dei Mondiali, né una Pellegrini che si contende per un decimo di secondo una medaglia d’oro. Ho sempre guardato questi sportivi, che si giocano tutto in un attimo, con una grande ammirazione, chiedendomi quanto lavoro mentale deve esserci dietro, quanta forza, quanto controllo, quanto equilibrio fra pensieri e paure.

Ma oggi ho anche capito che le varie XYZ, le Alfa, le Omega, e tutte le lettere dell’alfabeto che esistono sulla Terra, tutte, nella loro vita, hanno mille situazioni che somigliano alla finale di uno Slam…con la differenza che non si giocano una Coppa, ma magari si giocano la vita.

Ho capito che la forza mentale che serve per affrontare quell’ultimo secondo, quell’ultimo rigore, quell’ultimo game della loro partita non è né più né meno di quella che vedo in grandi Campioni e ammiro con tanta stima. Con la differenza che alcuni hanno il privilegio di finire sui giornali attirando milioni di fans e di consensi. Tutti gli altri ritornano alla loro vita quotidiana nel silenzio del loro successo o nel dolore della loro sconfitta.

XYZ oggi ha corso i primi 8,439 Km della sua personalissima Maratona. Che non si corre su una strada, non dura qualche ora…ma dura molto di più e si corre nel tempo. Ha tagliato però il suo primo traguardo, rendendosi conto, ieri sera e stamattina, di quanta forza mentale ci stesse mettendo, quante lotte fra il “Mollo” e il “Ce la faccio”, quanta paura, quanta stanchezza, quanta delusione, quante lacrime le siano costate quei benedetti 8,439 Km.

Se n’è accorta ieri sera, se n’è accorta stamattina.

Ma soprattutto se n’è accorta alle 12.30, quando ha tagliato quel parziale traguardo e dopo un primo veloce sorriso le si sono riempiti gli occhi di lacrime e non ha smesso di piangere per 3 ore, coi singhiozzi, col magone, con il nodo attorcigliato dello stomaco, Per la gioia, per la soddisfazione, per la fatica, per la tensione che, almeno per un attimo, può finalmente mollare.
Per essersi resa conto dei Km percorsi, di quante salite ci sono state (che non ha visto mentre correva, ma che vede solo ora), di quante piccole discese ha anche incontrato. Di chi era a tifare sempre accanto a lei, di chi compariva nelle tappe principali a darle un bicchiere d’acqua, di chi si è allontanato perché aveva di meglio da fare, forse.

Ora è stanca morta, XYZ, come Alfa, Omega e tutte le lettere dell’alfabeto che oggi hanno giocato i loro 3 match point, o la loro ultima bracciata, o il loro rigore, o il loro pezzo di Maratona.

Riposatevi, godetevi le vostre lacrime, le scarpe consumate, le vesciche nei piedi e nelle mani. Godetevi la fatica che ci avete messo, ma soprattutto godetevi la forza mentale che avete dimostrato di avere. Non guardate più Sinner come se fosse un alieno. Perché lui lo è di certo.

Ma anche voi, non siete da meno. E ve ne dovete accorgere.

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Russi
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