15/10/2025
“𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘁𝗶𝗿𝗼𝗶𝗱𝗲 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗮: 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼 𝘂𝗻𝗮 𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗲𝗴𝗶𝗮 𝗻𝘂𝘁𝗿𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝘂𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗶 𝗹𝗮 𝗴𝘂𝗮𝗿𝗶𝗴𝗶𝗼𝗻𝗲 (𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮 𝗼𝗿𝗺𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲)”
𝟏. 𝑬𝒑𝒊𝒅𝒆𝒎𝒊𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂 𝒆 𝒊𝒏𝒄𝒊𝒅𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒊𝒏 𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂 (𝒆 𝒏𝒆𝒍 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐)
Le disfunzioni tiroidee (ipotiroidismo, ipertiroidismo, tiroiditi, malattie autoimmuni) sono molto più frequenti di quanto molti pensino.
Una meta-analisi europea ha stimato che, nel complesso, circa il 3,82 % della popolazione presenta una disfunzione tiroidea nota o non nota (3,05 % ipotiroidismo, 0,75 % ipertiroidismo).
In Italia, studi regionali mostrano prevalenze variabili: in una coorte sarda è emersa una prevalenza di ipotiroidismo conclamato dello 0,7 % e di forme subcliniche del 4,7 %.
Le tiroiditi autoimmuni (es. Hashimoto) hanno una prevalenza stimata globale tra 5 % e 10 % della popolazione, con valori più alti in aree con maggior screening.
Il rapporto femmine : maschi è nettamente sbilanciato. Nelle tiroiditi autoimmuni la probabilità per la donna è circa 3-4 volte quella per l’uomo.
In Italia, i noduli tiroidei sono molto frequenti: noduli palpabili si riscontrano circa nel 5 % delle donne e 1 % degli uomini, mentre con ecografia possono essere rilevati fino al 70 % delle persone “random” (più frequentemente nelle donne e negli anziani).
Solo una piccola percentuale di noduli è maligna (≈ 5 %).
Da un punto di vista dell’andamento temporale, in uno studio su ipertiroidismo in una grande popolazione si osserva una riduzione nel tempo dell’incidenza, con tassi maggiori nelle donne (IR femminile circa 76,75 per 100.000 vs maschile 31,13)
In sintesi: la malattia tiroidea è relativamente comune, molto più nelle donne che negli uomini, e spesso rimane “silente” o subclinica fino a che non si fanno test specifici. Per chi lavora nel benessere, nella nutrizione o nella medicina preventiva, è un ambito cruciale da conoscere.
𝟐. 𝑻𝒊𝒑𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒆 𝒅𝒊 𝒑𝒂𝒕𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂 𝒕𝒊𝒓𝒐𝒊𝒅𝒆𝒂: 𝒂𝒖𝒕𝒐𝒊𝒎𝒎𝒖𝒏𝒊 𝒗𝒔 𝒏𝒐𝒏 𝒂𝒖𝒕𝒐𝒊𝒎𝒎𝒖𝒏𝒊
Per orientarsi, è utile distinguere varie forme:
🔰 Tiroidite autoimmune (Hashimoto, tiroidite linfocitica)
Attacchi immunitari alla tiroide, con produzione di auto-anticorpi (anti-TPO, anti-Tg)
Graduale distruzione del parenchima, riduzione della produzione ormonale, evoluzione verso ipotiroidismo
🔰 Tiroidite post-virali / subacuta / silente
Fase infiammatoria acuta, dolore (nelle forme subacuta), transitori aumenti ormonali
Spesso forma transitoria; con il tempo può restare cronica o guarire
Tiroiditi “fibrotiche” rare (es. tiroidite di Riedel)
Tessuto fibrotico, infiltrazione, rigidità tiroidea
Spesso compressione locale, raramente tiroide attiva; può portare a ipotiroidismo
🔰Ipertiroidismo / malattia di Graves (Basedow)
Autoimmunità stimolante verso il recettore TSH (TRAb), Iperproduzione di ormoni
Sintomatologia da eccesso ormonale, oftalmopatia possibili
🔰 Ipertiroidismo nodulare / gozzo tossico / adenomi tiroidei Noduli autonomi che producono ormoni, indipendenti da TSH Possibile progressione verso ipertiroidismo clinico, necessità di terapia specifica
🔰 Ipotiroidismo non autoimmune
Danno iatrogeno (chirurgia, radioterapia), carenza iodica grave)
Richiede monitoraggio e terapia sostitutiva se diventa clinico
🔰 Ipotiroidismo centrale / secondario
Etiologia ipofisaria o ipotalamica
Diagnosi più complessa, terapia diversa (spesso con coinvolgimento endocrinologico)
Questa distinzione è importante perché l’approccio nutrizionale — sebbene non sostitutivo della terapia — può modulare l’infiammazione, il drainage immunitario, il microambiente tiroideo e, potenzialmente, la progressione nodulare.
𝟑. 𝑹𝒖𝒐𝒍𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒕𝒆𝒓𝒂𝒑𝒊𝒂 𝒐𝒓𝒎𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒐𝒔𝒕𝒊𝒕𝒖𝒕𝒊𝒗𝒂
Nelle forme di ipotiroidismo conclamato, la levotiroxina (T4) è il trattamento standard, con lo scopo di riportare i valori di TSH, fT4 e fT3 in range normali.
In alcune situazioni particolari può essere considerata la combinazione T4 + T3 nei pazienti che non si sentono bene con monoterapia, ma ciò va valutato con cautela e sotto supervisione specialistica.
L’obiettivo è eutiroideo: né troppo, né troppo poco, perché l’eccesso ormonale è altrettanto dannoso.
In ipertiroidismo, si usano farmaci antitiroidei (tirosinasi, carbimazolo, metimazolo), terapie ablative (radioiodio) o surgery, a seconda del quadro clinico.
La terapia ormonale non “cura” l’autoimmunità o la forma nodulare, ma stabilizza la funzione tiroidea mentre altre strategie (nutrizione, stile di vita) possono supportare il controllo dell’aggressione immunitaria o dell’ulteriore progressione nodulare.
𝟒. 𝑰𝒍 𝒓𝒖𝒐𝒍𝒐 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒏𝒛𝒊𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒖𝒕𝒓𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
Modulazione dell’infiammazione: molti fattori dietetici (eccesso glucidico, grassi proinfiammatori, disbiosi intestinale) mantengono uno stato pro-infiammatorio che può aggravare l’attivazione immunitaria tiroidea.
Riduzione dello stress ossidativo: fornire antiossidanti, micronutrienti tiroidei (selenio, zinco, ferro, vitamine del gruppo B) e ridurre elementi “pro-ossidanti” può preservare il parenchima tiroideo.
Effetto sul microambiente nodulare: una dieta favorevole può ostacolare la crescita nodulare, agendo su fattori di crescita, insulinoresistenza, IGF, mTOR, ecc.
Ottimizzazione metabolica: peso corporeo, sensibilità insulinica, composizione corporea influenzano il metabolismo tiroideo periferico (conversione T4 → T3) e il carico metabolico sull’asse tiroideo.
Miglior assorbimento: una nutrizione corretta supporta un intestino sano, migliora la biodisponibilità dei farmaci e dei nutrienti tiroidei, evita interferenze alimentari con la levotiroxina.
Alcune evidenze suggeriscono che ridurre i carboidrati o intervenire su carico glicemico possa ridurre l’infiammazione tiroidea (es. studio su pazienti con Hashimoto: dopo 6 mesi di dieta low-carboidrati si è registrata riduzione del contenuto d’acqua tiroideo (segno di edema/infiammazione) e riduzione dei titoli anticorpali (TPO-Ab, Tg-Ab).
In modelli sperimentali, la dieta che limita i carboidrati può influenzare il metabolismo immunitario, la segnalazione mTOR/AMPK, l’attivazione di vie antinfiammatorie tramite corpi chetonici (es. β-idrossibutirrato) che modulano NF-κB, NLRP3 ecc.
Uno studio pilota controllato su soggetti sani ha evidenziato che una dieta chetogenica isocalorica ha prodotto incremento di T4 e diminuzione di T3 (pur mantenendo i livelli nel range) rispetto a una dieta ad alto carboidrato, suggerendo un effetto sul metabolismo tiroideo indipendente dal dimagrimento.
Tuttavia, alcuni studi mostrano che diete a basso contenuto di carboidrati o di tipo Atkins possono comportare riduzioni significative di T3/fT3 (13,4 % e 10,6 %) e aumento di fT4 (12,1 %) su 12 settimane.
In generale, il bilanciamento è delicato: restrizioni troppo estreme o digiuni prolungati possono ridurre la conversione periferica T4 → T3 (fenomeno simile alla “sindrome da malato”).
Perciò, la nutrizione deve essere calibrata: non “esterna alla tiroide”, ma integrata, personalizzata, monitorata.
𝐋𝐢𝐧𝐞𝐞 𝐠𝐮𝐢𝐝𝐚 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐞 𝐬𝐮𝐠𝐠𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐧𝐮𝐭𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢𝐬𝐭𝐚
✅Screening iniziale: prima di avviare protocolli “forti”, assicurarsi che il paziente abbia un esame completo (TSH, fT4, fT3, anticorpi (TPOAb, TgAb, TRAb se sospetto), ioduria, ferro, vitamina D, selenio, zinco, B12, folati, microbiota intestinale, glicemia/insulina).
✅Stabilizzazione metabolica / perdita peso: in pazienti con sovrappeso o insulinoresistenza, una fase a moderata restrizione glucidica può dare benefici metabolici che secondariamente aiutano la tiroide.
✅Introduzione graduale di chetosi se indicata: non partire da una chetosi estrema, ma costruire un “fase 0” di low-carb moderata, testare la tolleranza tiroidea, valutare l’adattamento.
✅Monitoraggio seriale: ripetere TSH / fT4 / fT3 / anticorpi (ogni 3-6 mesi), valutare anche CRP o marker infiammatori.
✅Attenzione alle integrazioni: iodio, selenio, zinco, ferro, vitamina D, omega-3 ad alta efficienza.
Mai somministrare iodio indiscriminatamente in fase acuta autoimmunitaria senza valutazione specialistica.
✅Ciclicità / flessibilità dietetica: nei soggetti che non tollerano chetosi prolungate, possono essere utili cicli o “refeed glucidici controllati” per evitare cali e reazioni compensatorie.
✅Attenzione alla compatibilità con la terapia: la levotiroxina (o altri farmaci tiroidei) ha interferenze con pasti, fibre, calcio, ferro — gestire con indicazioni precise ai pasti.
✅Supporto allo stile di vita: sonno, gestione dello stress (cortisolemia), attività fisica appropriata (inclusa attività di recupero, non solo “allenamento intenso”) — tutti fattori che influenzano l’asse HPT (ipotalamo-ipofisi-tiroide).
✅Valutazione qualitativa del miglioramento: non solo TSH/fT4/fT3, ma sintomi (affaticamento, intolleranza al freddo, capelli, pelle, peso, umore) e qualità di vita.
✅Adattamento individuale: non è una gara a chi riduce più carboidrati, ma trovare il protocollo che il paziente possa sostenere, che dia benefici, e che non generi “effetti collaterali metabolici”.
“𝑰𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒄𝒐𝒓𝒑𝒐 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂 — 𝒊𝒎𝒑𝒂𝒓𝒂 𝒂 𝒕𝒓𝒂𝒅𝒖𝒓𝒍𝒐.
𝑺𝒄𝒐𝒑𝒓𝒊 𝒐𝒈𝒈𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒖𝒏𝒂 𝒈𝒖𝒊𝒅𝒂 𝒏𝒖𝒕𝒓𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖 𝒎𝒊𝒔𝒖𝒓𝒂 𝒑𝒖ò 𝒇𝒂𝒓 𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒏 𝒆𝒒𝒖𝒊𝒍𝒊𝒃𝒓𝒊𝒐 𝒍𝒂 𝒕𝒖𝒂 𝒕𝒊𝒓𝒐𝒊𝒅𝒆.
𝑷𝒓𝒆𝒏𝒐𝒕𝒂 𝒖𝒏𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒍𝒆𝒏𝒛𝒂: 𝒊𝒏𝒔𝒊𝒆𝒎𝒆 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒕𝒓𝒂𝒔𝒇𝒐𝒓𝒎𝒂𝒓𝒆 𝒊 𝒔𝒊𝒏𝒕𝒐𝒎𝒊 𝒊𝒏 𝒂𝒓𝒎𝒐𝒏𝒊𝒂.”
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𝗗𝗼𝘁𝘁 𝗚𝗲𝗻𝗻𝗮𝗿𝗼 𝗜𝗽𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗼
𝘊𝘰𝘯𝘴𝘶𝘭𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘕𝘶𝘵𝘳𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 𝘦 𝘧𝘢𝘳𝘮𝘢𝘤𝘦𝘶𝘵𝘪𝘤𝘢
𝗜𝗻𝗳𝗼 & 𝗮𝗽𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶
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