Psicologa Psicoterapeuta Marzia Marra - Verona

Psicologa Psicoterapeuta Marzia Marra - Verona Riceve per appuntamento a Verona. Ordine degli psicologi del Veneto n. 8677

13/11/2025

I genitori respingenti adottano una serie di comportamenti che ci spingono a chiederci perchè mai abbiano deciso di creare una famiglia. La tendenza può essere più o meno accentuata, ma si tratta di persone che non amano l'intimità emotiva e non vogliono essere disturbate dai figli. Le loro interazioni consistono perlopiù nell'impartire ordini, fare sfuriate o isolarsi dalla vita familiare. Nei casi meno gravi possono partecipare ad attività di famiglia stereotipate, ma non mostrano grande impegno o coinvolgimento. In generale preferiscono essere lasciati in pace.
Questi genitori hanno eretto un muro intorno a sè. Non vogliono trascorrere del tempo con i figli e sembrano più felici quando li si lascia stare. I figli, da parte loro, sentono di essere insignificanti e imparano ben presto a girare al largo per evitare reazioni irritate.
I figli dei genitori respingenti si considerano un peso e un fastidio e si arrendono facilmente, mentre chi cresce sentendosi più sicuro sa avanzare richieste o lamentarsi per ottenere ciò che vuole. Questo può avere gravi ripercussioni più avanti nella vita, quando da adulti avranno difficoltà a chiedere ciò di cui hanno bisogno.

Figli adulti di genitori emotivamente immaturi- Lindsay Gibson

12/11/2025

Perchè la storia si ripete? Perchè il passato si ripresenta? Se la mancanza di una connessione emotiva con dei genitori immaturi è così dolorosa, perchè così tante persone finiscono per instaurare relazioni altrettanto frustranti nell'età adulta? Le parti più primitive del nostro cervello associano la sicurezza a ciò che è familiare: siamo attratti dalle situazioni che conosciamo perchè sappiamo come gestirle. Da piccoli non riconosciamo i limiti dei nostri genitori, perchè considerarli immaturi o ammettere che hanno dei difetti ci spaventa. Se neghiamo l'amara verità, però, non saremo in grado di riconoscere le persone nocive nelle relazioni future e rischieremo di trovarci in situazioni analoghe senza nemmeno accorgercene.

Lindsay C. Gibson

11/11/2025

I genitori emotivamente immaturi non cercano l'intimità emotiva, ma l'invischiamento: ricercano identità e completezza tramite una relazione intensa e dipendente. Questo consente loro di creare un senso di sicurezza, stabilità e prevedibilità. Se il figlio prova a uscire dai vincoli impliciti della relazione, l'altra proverà un'intensa sensazione di ansia che potrà essere alleviata solo dal ripristino dei ruoli prescritti.

Uno dei sintomi dell'invischiamento sono i FAVORITISMI.
E' doloroso notare che i nostri genitori dedicano più attenzioni a nostro fratello o nostra sorella rispetto a noi; ci spinge a chiederci perchè non abbiano mai dimostrato un simile interesse verso di noi. E' tuttavia bene ricordare che i favoritismi non sono un segno di intimità, bensì di invischiamento. E' probabile che i fratelli o le sorelle in questione abbiano un livello di maturità psicologica simile a quello dei genitori.
La base su cui questi genitori si relazionano sono i RUOLI, non l'individualità. Se da piccoli avevate una personalità autonoma e indipendente, non riuscivano a vedervi come una creatura bisognosa di un salvatore. Forse vi hanno addirittura etichettato come il "figlio senza bisogni", il "piccolo adulto". La maggiore attenzione dimostrata verso i vostri fratelli o sorelle non dipendeva da una vostra mancanza, ma il fatto che eravate troppo indipendenti per far scattare l'istinto di invischiamento. Nel frattempo questi bambini ad alto funzionamento provano il dolore dell'abbandono perchè il genitore investe le proprie energie nell'invischiamento emotivo con gli altri figli.

Figli adulti di genitori emotivamente immaturi

11/11/2025

Se c'è una cosa che le persone emotivamente immature amano nelle relazioni è il rispetto dei ruoli. I ruoli semplificano la vita e le decisioni: questo vale anche per i figli, il cui ruolo appropriato prevede di rispettare e assecondare i genitori. E' frequente che i genitori immaturi giustifichino l'autorità del proprio ruolo con dei luoghi comuni, un altro stratagemma per semplificare le situazioni complesse e renderle più facili da affrontare.

Considerare i ruoli come un diritto di acquisto significa richiedere di essere trattati in un certo modo a causa del posto che si occupa. Un esempio di questo atteggiamento sono i genitori che sentono di poter fare ciò che vogliono in virtù del proprio ruolo, come se ciò li esonerasse dal dover rispettare determinati limiti o mostrare considerazione.

Lindsay C. Gibson

11/11/2025

: PERCHÉ LA COERENZA EDUCATIVA È TANTO IMPORTANTE

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è una condizione neurobiologica che influisce sul comportamento, sull’attenzione e sull’autoregolazione emotiva di bambini e adulti. In ambito educativo, la gestione dell’ADHD richiede strategie mirate, pazienza e soprattutto coerenza. Ma perché la coerenza educativa è così cruciale?

La coerenza crea prevedibilità. I bambini con ADHD faticano a gestire l’imprevisto e a modulare le proprie reazioni. Quando le regole, le routine e le conseguenze sono chiare e costanti, il bambino si sente più sicuro e riesce a orientarsi meglio nel contesto. Questo riduce l’ansia e favorisce comportamenti più stabili.

Essere coerenti significa anche che gli adulti coinvolti — genitori, insegnanti, educatori — condividono un linguaggio comune e una visione educativa allineata. Se a casa una regola viene applicata e a scuola ignorata, il bambino riceve messaggi contrastanti che aumentano la confusione e i comportamenti oppositivi.

Inoltre, la coerenza rafforza il senso di giustizia. I bambini con ADHD sono spesso accusati di “non voler fare” o di “non ascoltare”, quando in realtà il loro comportamento è il risultato di difficoltà neurologiche. Un ambiente coerente aiuta a distinguere tra volontà e capacità, promuovendo un approccio più empatico e meno punitivo.

Infine, la coerenza educativa è uno strumento di empowerment. Quando il bambino sa cosa aspettarsi e quali sono le regole del gioco, può sviluppare strategie autonome per affrontare le sfide. Questo favorisce l’autostima e la motivazione.

In sintesi, la coerenza non è rigidità, ma una forma di cura strutturata. È il ponte tra comprensione e azione, tra difficoltà e possibilità. Per chi vive con l’ADHD, è una bussola indispensabile.

Simone Stabilini

10/11/2025

Molti figli di genitori con la fobia per le emozioni temono che, se inizieranno a piangere, non smetteranno più. Questa paura è dovuta al fatto che non hanno mai potuto scoprire che il pianto si arresta da sè se lo si lascia sfogare. Poichè i genitori sono sempre intervenuti per soffocare la loro sofferenza, non hanno mai avuto esperienza del ritmo naturale di un episodio di pianto e non sanno come si esaurisce.

Lindsay Gibson- Figli adulti di genitori emotivamente immaturi

Libro consigliatissimo❤️‍🩹
09/11/2025

Libro consigliatissimo❤️‍🩹

08/11/2025

I genitori emotivamente immaturi hanno paura delle emozioni sincere e mettono in atto strategie di adattamento per negare la realtà dei fatti anzichè affrontarla. Non amano riflettere su se stessi, quindi di rado riconoscono di avere torto o chiedono scusa. Sono emotivamente discontinui e inaffidabili. Quando entrano in gioco i loro interessi personali sono ciechi davanti ai bisogni dei figli, che avranno sempre la peggio.
Crescere in una famiglia emotivamente immatura è una faccenda solitaria. Forse tutto è normale all'apparenza, i genitori si occupano del benessere fisico dei figli, forniscono loro cibo e riparo. Tuttavia, se non stabiliscono una solida connessione emotiva, i figli avvertiranno un vuoto incolmabile al posto della vera sicurezza.
La solitudine che deriva da questa invisibilità è tanto vera quanto il dolore che si prova per una ferita fisica, anche se dall'esterno non si vede. E' un'esperienza privata e indistinta, difficile da notare e descrivere. C'è chi parla di una sensazione di vuoto, di essere solo al mondo. Qualcuno l'ha chiamata "solitudine esistenziale", ma non c'è niente di "esistenziale" al riguardo: è qualcosa che sentiamo e che viene dalla nostra famiglia.
I bambini non sono in grado di identificare la mancanza di intimità emotiva nel rapporto con un genitore, non è un concetto di loro possesso. E 'ancora meno probabile che capiscano di trovarsi davanti a un genitore emotivamente immaturo. Tutto quello che comprendono è la sensazione di vuoto: è il modo in cui sperimentano la solitudine.

L. Gibson- Figli adulti di genitori emotivamente immaturi

07/11/2025

Ci sono silenzi che non hanno nulla di pacifico, non calmano, non aiutano a riflettere. Sono silenzi che gelano, che tagliano la relazione e che dicono “tu non esisti” senza usare una parola.
Il silenzio punitivo è proprio questo, un modo di esercitare potere, di far sentire l’altro in colpa e di controllare la distanza. Ma soprattutto, è una forma di dolore mascherata da forza.

Molte persone l’hanno imparato presto, osservando chi gli stava accanto. C’erano genitori che non urlavano mai, ma che sparivano dentro un silenzio carico di significato. “Non mi rivolgere la parola finché non capisci”, “Mi hai deluso”… E poi quella chiusura. Niente voce, niente sguardi e niente contatto. Indifferenza allo stato puro.
Un bambino che cresce così impara presto una cosa, che l’amore non è stabile ma si può togliere e che basta un errore per non essere più degni di presenza. E così, diventando grande, ripete ciò che ha subìto e vissuto. Quando soffre, si chiude. Quando si sente ferito, sparisce. Non per cattiveria (salvo rari casi) ma per sopravvivenza. È l’unico modo che conosce per proteggersi.

Dentro chi sceglie il silenzio punitivo c’è una confusione interiore enorme che spesso non si vede. C’è la paura di perdere il controllo, la paura di mostrare la propria vulnerabilità, c’è l’idea che parlare equivalga a perdere terreno, che il silenzio sia una forma di potere. “Se taccio, capirà.”, “Se sparisco, sentirà la mia mancanza.”
Ma in realtà questo non è controllo, ma disconnessione. È un tentativo disperato e maldestro di farsi sentire senza esporsi. È dire “sto male” nel modo più distante possibile.

Chi lo subisce, invece, lo sente addosso come un freddo profondo perché non è solo mancanza di parole, è proprio assenza. È la sensazione di essere stati tagliati fuori, messi da parte e dentro si attiva una catena di pensieri che logora: “Cosa ho fatto?” “Come posso sistemare le cose?”, “Cosa devo cambiare per meritare che torni a parlarmi?”
Ci si piega, ci si riduce, si cerca di non sbagliare più, si impara a misurare ogni gesto per non provocare di nuovo quella chiusura.

E quando questo meccanismo si attiva con un bambino, le conseguenze sono ancora più profonde. Perché un bambino non sa autoregolarsi, non ha ancora strumenti per calmarsi da solo né per sentirsi “al sicuro dentro di sè”. Quando l’adulto che rappresenta il suo mondo e il suo punto fermo lo punisce con il silenzio, quel bambino non pensa “mi stanno educando”, pensa “non esisto più”.
È un colpo diretto al cuore della sua identità. È come dire: “ti amo solo quando sei come voglio io.”

Allora lui per sopravvivenza si adatta. Osserva, capisce e anticipa. Diventa bravissimo a leggere gli altri, sa quando il genitore è stanco, quando è irritato, quando sta per chiudersi. E, pur di non perdere quel legame, fa di tutto per rientrare nelle regole. Non per rispetto, ma per grande paura.

E qui nasce la radice della manipolazione perché il bambino che impara che l’amore si ottiene adattandosi, da adulto tenderà a fare lo stesso. Si piegherà, compiacerà, o, al contrario, userà il silenzio per avere il controllo sull’altro. È lo stesso schema, solo invertito.
Molti adulti che oggi puniscono con il silenzio, in realtà, stanno solo ripetendo una ferita che conoscono bene. Non vogliono ferire, vogliono evitare di sentirsi impotenti come un tempo. Ma nel farlo, finiscono per far provare all’altro quella stessa impotenza. È un ciclo che si tramanda senza accorgersene.

Quando un bambino vive quel tipo di assenza emotiva, non impara a gestire le emozioni, impara a trattenerle, non impara a chiedere, ma a tacere. Cresce con l’idea che esprimere un bisogno sia pericoloso, perché potrebbe costargli l’amore.
E allora da adulto diventa quello che non dice mai quando sta male, o quello che punisce l’altro sparendo. Ma dietro a quel silenzio c’è sempre lo stesso grido antico: “vedimi, anche se ho sbagliato.”

Per questo è assolutamente fondamentale spezzare quel modello.
Un adulto può scegliere di non sparire, anche quando è arrabbiato. Può dire: “Ho bisogno di un momento, ma ci sono.” Può restare, anche nel disagio. E in quel restare insegna qualcosa di enorme, che la relazione non crolla davanti a un errore e che l’amore non si toglie per punire, ma resta mentre si cerca di capire.

È così che si costruisce la sicurezza emotiva di un bambino, nella presenza e non nel silenzio. Perché un bambino che sente “ci sono, esisto” anche nei momenti difficili, impara che può sbagliare senza perdersi. Impara che può esistere anche quando non è perfetto. E quella certezza diventa la sua base sicura per tutta la vita.

Ricordiamoci sempre che il silenzio punitivo non educa e non fa crescere. Congela. Congela la parola, la fiducia e la possibilità di incontro.

Il silenzio che cura, invece, è un’altra cosa, è quello che serve a ritrovarsi, a calmarsi, a dare il tempo alle parole di tornare, è un silenzio che accoglie, non che punisce. Che tiene il posto, invece di cancellarlo. E quando le parole tornano, perché tornano sempre, se c’è davvero il desiderio di capirsi, fanno bene. Portano chiarezza e verità. E la verità, anche quando fa un po’ male, è l’unica cosa che cura, guarisce e riesce davvero a ricucire ogni legame.

Valentina Scoppio- Psicologa Psicoterapeuta

18/10/2025

Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna. L'avevo imparato nell'infanzia. Stai lì e assorbi tutto. Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora più stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: "Ma cos'hai? Se malata?". Risposi solo: "Ho visto gente". E allora compresi che era ora di finirla.
Per un pò mi chiusi a riccio: non volevo più vedere nessuno.
Poi, dopo anni in India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d'amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana. Posso ancora ascoltare, ma solo finchè c'è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lì a disposizione, chi vuole ci va a bere e lei non assorbe, scorre. Il cuore non è spugna, è fontana.

Chandra Candiani

17/10/2025

E quando sentiamo di fare parte, di essere "pietrina del mosaico", ci calmiamo, senza più ambire: stiamo bene al nostro posto.

Chandra Candiani

16/10/2025

Non si può mimare la gentilezza, sarebbe cortesia. Non si può non conoscere l'odio e pensare di poter conoscere l'amorevolezza. Non si può pensare di inoltrarsi nella gentilezza amorevole senza essere stanchi dell'attaccamento feroce.

Chandra Candiani

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San Giovanni Lupatoto
37057

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