14/09/2025
Il nuovo spettacolo dei social è il lettino. Lì sopra non c’è un paziente, c’è un corpo usato come scenografia.
Chi dovrebbe curare si arrampica, salta, schiaccia, si esibisce. Ogni “crack” diventa applauso, ogni manovra un contenuto virale. Non è clinica, è coreografia. Non è ascolto, è rumore.
I nostri Maestri ci hanno insegnato che le manipolazioni ad alta velocità dovevano essere gesti precisi, calibrati, ma soprattutto legati a diagnosi e prudenza.
Oggi sono diventate un format: più forte lo scrocchio, più alto il numero di visualizzazioni.
Il paziente non è più una persona da rispettare, ma una comparsa con una videocamera accanto e un microfono che amplifica un suono.
Nessun reel mostra l’anamnesi, nessun video accenna alle controindicazioni, nessuno parla dei rischi: dissezioni arteriose, complicanze neurologiche, cause legali. Sono rare, certo, ma reali. Solo che raccontarle non conviene perchè la prudenza non porta like, la cautela non si monetizza.
Intorno a questo circo si è costruito un mercato. Corsi da migliaia di euro venduti (fatturati?) come riti esclusivi, seminari che promettono potenza e appartenenza.
Non si insegna a fermarsi, si insegna a spingere.
Non si formano terapeuti: si allenano stuntman.
E chi li frequenta spesso cerca identità: sentirsi parte di un’arena, portare a casa un gesto da replicare, un video da imitare.
Il paradosso è che molti di questi docenti/paladini dello “scrocchio virale” un paziente sofferente non lo vedono mai.
Non lavorano in studio: lavorano in aula.
Non curano: mostrano... e per farlo chiedono una liberatoria che scarica ogni responsabilità sugli allievi. Se la manovra va bene, merito tuo. Se va male, colpa tua. Loro restano intoccabili.
È un modello formativo che predica la sicurezza ma si sottrae al rischio.
C’è persino chi usa la dissezione su ca****re come marchio identitario, non come strumento di studio. Il messaggio implicito è: “chi ha toccato un corpo morto è più autentico, più forte, più legittimato”.
Ma il corpo vivo non ha bisogno di prove di coraggio. Ha bisogno di attenzione, prudenza, responsabilità.
Nessun trofeo anatomico rende sicura una tecnica eseguita senza discernimento.
Il risultato è devastante in quanto l’osteopata non appare più come terapista che ascolta e guida, ma come acrobata... e a questo punto non serve un nemico esterno per screditare la disciplina perchè bastano i professionisti stessi, trasformati in influencer da scrocchio.
Fuori dai social, chi accetterebbe davvero di farsi trattare così? Quanti pazienti vogliono un “crack” virale e quanti invece cercano fiducia, spiegazioni, sicurezza?
Quando vi stendete su un lettino volete un terapista o un atleta da palcoscenico?
Perché ogni scrocchio da spettacolo non colpisce solo il corpo del paziente.
Colpisce e scredita un’intera professione.
☕ The Chatting Corner di Fabiola Marelli – non il solito scroll