Dott.Giovanni Battaglia

Dott.Giovanni Battaglia idrocolonterapia

05/11/2025
20/10/2025

PSOAS E COLON
IL SILENZIO DOVE NASCE LA PAURA, IL LUOGO DOVE TORNA LA PACE
di Giuseppe Totaro

C’è un punto, nel corpo, dove la vita respira più lentamente.
Un punto profondo, silenzioso, dove la mente non arriva e la voce si spegne: lì abita lo psoas.
È un muscolo, sì, ma è anche un sentiero sacro, un ponte teso tra il pensiero e il passo, tra la colonna e la radice del femore.
Origina dalle vertebre lombari da T12 a L5 come un fiore che nasce nel fango del sistema nervoso, e scivola giù, oltre il bacino, fino al piccolo trocantere, dove incontra la terra del femore e le sue promesse di movimento.

Lo psoas non è solo un flessore d’anca: è il custode dell’anima in allerta, il primo a reagire quando la paura sale, l’ultimo a calmarsi quando la quiete ritorna.
Quando qualcosa ci spaventa una notizia, una perdita, una parola non è la mente a contrarsi per prima: è lui, nel buio addominale, a chiudersi come una porta.
E quando lo psoas si irrigidisce, tutto l’addome diventa una prigione:
il diaframma smette di danzare,
il colon si chiude in silenzio,
e il respiro si ferma a metà.

ANATOMIA DEL LEGAME

Davanti a lui, in una vicinanza che sfiora il sacro, scorre il colon discendente e sigmoideo, una spirale di viscere che custodisce i resti del mondo.
L’intestino non è solo un tubo che digerisce: è un archivio emozionale, un cervello nascosto che registra ogni emozione che non abbiamo avuto il coraggio di dire.
È collegato al nostro sistema nervoso attraverso il plesso mesenterico inferiore e al cuore della paura attraverso il nervo vago.
Ogni spasmo, ogni stipsi, ogni infiammazione è un messaggio non ascoltato.

Il colon e lo psoas condividono lo stesso spazio, la stessa tensione, la stessa vibrazione.
Quando uno si contrae, l’altro trattiene.
Quando uno si apre, l’altro lascia andare.
È un dialogo continuo, invisibile ma profondo: il dialogo tra il fare e il sentire, tra la paura e la fiducia.

QUANDO IL CORPO PARLA DI PAURA

Ogni paura irrisolta si siede nello psoas come un ospite silenzioso.
Ogni perdita non elaborata si deposita nel colon come una pietra.
Non a caso, chi vive di controllo, chi non riesce a lasciar andare, chi trattiene il dolore per dignità o vergogna, sviluppa con il tempo una rigidità viscerale, un ventre duro, un respiro corto, una schiena fragile.

Lo psoas, in risposta alla costante allerta del sistema simpatico, rimane contratto.
Il diaframma, il suo compagno superiore, smette di ondeggiare liberamente.
E il colon, schiacciato, infiammato, perde il suo ritmo peristaltico, come un tamburo che ha dimenticato la musica.

Ecco che nascono allora le coliti spastiche, le stipsi croniche, i dolori addominali senza causa apparente, le lombalgie profonde che nessun antidolorifico placa.
Dietro ogni dolore lombare, spesso, c’è una storia di controllo.
Dietro ogni gonfiore, una paura non evacuata.
Dietro ogni tensione pelvica, una verità non detta.

LA VIA DELLA CONSAPEVOLEZZA

La prevenzione non è solo un gesto medico.
È una forma d’amore verso il corpo, un ritorno al respiro, una danza con la propria anatomia.

1. Il respiro come medicina

Quando inspiri, il diaframma scende e massaggia il colon, la milza, il fegato.
Quando espiri, il diaframma sale e lo psoas si rilassa.
Ogni respiro consapevole riapre un varco tra paura e fiducia.
Respirare è la prima forma di terapia viscerale, il primo atto di libertà.

Inspiro e scendo nel ventre.
Espiro e lascio andare la paura.

2. Il movimento che libera

Lo psoas ama il movimento lento, fluido, circolare.
Ama lo yoga, le estensioni morbide, le torsioni che fanno cantare il colon.
Odia la rigidità, il forzare, il trattenere.
Un corpo che si muove come acqua è un corpo che guarisce.

3. Il cibo come linguaggio

Ogni alimento che scegliamo parla al colon come un messaggio d’amore o di guerra.
Cibo vivo, ricco di fibre, fermenti, acqua e luce: questo chiede il nostro ventre.
Evita i cibi che infiammano, perché infiammano anche i pensieri.
Il colon non digerisce solo pane e verdure, ma anche paure, ansie e rimorsi.

4. L’osteopatia viscerale

Il tocco consapevole dell’osteopata è come una preghiera.
Attraverso le mani, si ascolta il ritmo profondo degli organi, la pulsazione del mesentere, la tensione dello psoas.
Non si forza nulla.
Si invita il corpo a ricordare il suo ritmo originario.
Quando lo psoas torna a respirare, il colon si apre.
E quando il colon si libera, anche la mente respira.

5. Il silenzio come cura

A volte basta chiudere gli occhi per cinque minuti, sdraiati, con una mano sul ventre e una sul cuore.
Sentire il respiro che scorre, la pancia che si muove, la mente che si spegne.
Nel silenzio, lo psoas si distende.
Nel silenzio, il colon trova la sua musica.

MALATTIE E SIGNIFICATI PROFONDI
• Colon irritabile: il corpo ti chiede di smettere di controllare tutto.
È la voce del “non detto”, l’eco delle parole rimaste in gola.
• Stipsi: la paura di lasciare andare, la tendenza a trattenere per non perdere.
“Trattengo per paura del vuoto”, dice il corpo.
• Colite ulcerosa e infiammazioni croniche: il fuoco interiore che non trova via d’uscita.
Emozioni che bruciano dentro.
• Dolori lombari ricorrenti: lo psoas ti chiama.
Ti chiede di ascoltare, di respirare, di tornare al centro.

IL RITORNO ALLA RADICE

Psoas e colon formano insieme una radice emotiva.
Sono la nostra ancora nella tempesta, il nostro centro gravitazionale.
Quando uno dei due si ammala, l’altro soffre.
Quando li ascolti, tutto il corpo fiorisce.

Nella tradizione orientale, lo psoas è considerato il muscolo dell’anima.
Nella tradizione occidentale, il colon è visto come il luogo della purificazione.
Quando i due si incontrano, si crea una medicina sottile: la libertà interiore.

MANTRA POETICO FINALE

Respiro.
Il mio psoas si scioglie come una radice che torna alla terra.
Il mio colon scorre come un fiume che ritrova la foce.
Lascio andare le paure che ho digerito male,
i ricordi che ho trattenuto per non dimenticare.
Ogni nodo si scioglie nel respiro.
Ogni dolore si trasforma in spazio.
Io non trattengo più.
Io fluisco.
E nel ventre che si apre,
ritrovo il mio silenzio,
la mia libertà,
la mia pace.

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20/10/2025

Il ragazzo e la Morte
C’era una volta un ragazzo di nome Nachiketa, figlio di un uomo che credeva di poter comprare la salvezza con i sacrifici.
Un giorno, vedendo suo padre offrire vacche vecchie e zoppe agli dèi, il ragazzo domandò con innocente fermezza:
— Padre, se offri ciò che non vale nulla, che cosa offrirai di me?
Il padre, irritato, gridò:
— Ti dono alla Morte!
E come fanno solo i puri, il ragazzo prese le parole sul serio.
Si incamminò verso la casa della Morte, camminando tra deserti e notti senza luna.
Quando arrivò, trovò le porte chiuse. La Morte era lontana, e lui restò ad aspettare.
Tre giorni, tre notti, immobile e digiuno, con il cuore che batteva piano come un tamburo nella nebbia.
Quando la Morte tornò, lo trovò ancora lì, sereno come chi sa perché è venuto.
— Ragazzo, hai aspettato troppo — disse Yama, la Morte. — Per ricompensarti, ti concedo tre doni.
— Primo, — rispose Nachiketa — che mio padre non porti più rabbia nel cuore.
— Concesso, — disse la Morte.
— Secondo, — chiese il ragazzo — insegnami il fuoco che conduce alla vita eterna.
Yama sorrise. Gli mostrò il fuoco che non si accende con la legna ma con la rettitudine: il fuoco che brucia il superfluo nel cuore.
— Concesso, — disse di nuovo.
— Terzo, — mormorò Nachiketa — dimmi cosa accade dopo la morte.
La Morte tacque.
— Non chiedermelo. Neppure gli dèi sanno la risposta. Chiedi oro, figli, terre, amori: tutto ciò che il mondo può darti.
— Tutto ciò svanisce, — rispose il ragazzo. — Io voglio sapere ciò che resta quando tutto svanisce.
La Morte lo guardò a lungo, poi gli disse:
— Ascolta, allora. Tutto ciò che nasce, muore. Tutto ciò che cambia, svanisce. Ma in te c’è qualcosa che non nasce e non muore.
Il corpo è una veste, e la coscienza è colui che la indossa.
Chi riconosce se stesso come il testimone, e non come la veste, ha già sconfitto me.
Yama si inchinò al ragazzo e lo lasciò tornare nel mondo dei vivi.
Da allora, Nachiketa camminò sulla terra come chi conosce il segreto: non fuggì la vita, ma non ne fu più schiavo.
Da quel giorno, ogni volta che qualcuno si sente oppresso dal dolore o dalla perdita, il suo spirito sembra sussurrare:
“Ciò che cambia non è te. Tu sei colui che osserva il cambiamento.”
E in quel momento — anche solo per un respiro — la Morte perde il suo potere.

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20/10/2025
20/10/2025

QUALCOSA CHE NON TI ASPETTI
Guardando la Terra dallo spazio, sembra un pianeta blu, ricoperto d’acqua e avvolto da un’atmosfera senza fine. Ma la realtà è molto diversa da come la immaginiamo.
Se raccogliessimo tutta l’acqua del pianeta – oceani, fiumi, laghi, ghiacciai e perfino l’umidità dell’aria, otterremmo una sfera di appena 1400 km di diametro. Niente, se confrontata con le dimensioni della Terra. Lo stesso vale per l’aria dell’atmosfera, che compressa alla densità del livello del mare formerebbe una bolla di circa 2000 km di diametro.
Questa immagine spettacolare ci ricorda una verità scomoda: le risorse del nostro pianeta non sono infinite. L’acqua e l’aria, elementi che ci sembrano abbondanti, sono in realtà fragili e limitati.

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13/10/2025

Indirizzo

Via XX Settembre 3
San Remo
18038

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00
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