07/07/2025
Adattarsi al lavoro e alla società.
Adattarsi non significa solo saper “funzionare” in un contesto. Per la psicoanalisi, e in particolare per Jacques Lacan, l’adattamento è il modo in cui il soggetto si rapporta al desiderio dell’Altro, ovvero all’insieme di leggi, ruoli e aspettative sociali che lo circondano.
Fin dall’infanzia, ognuno si costruisce dentro un mondo già parlato: è questo mondo che Lacan chiama l’Altro, un ordine simbolico che ci nomina prima ancora di sapere chi siamo. Quando entriamo nel lavoro o nelle relazioni sociali, ci troviamo a dover occupare un posto in questo ordine. Se troviamo un significato personale, possiamo farlo nostro. Altrimenti, può nascere disagio.
Un migrante con competenze e titoli, ad esempio, che in Italia trova solo lavori precari e mansioni esecutive, può sentirsi invisibile. Non è solo una questione pratica: il suo desiderio non è accolto dal discorso dell’Altro. Si adatta, ma non si riconosce.
Lacan parla di significante padrone (S1) per indicare le parole o i ruoli fondamentali con cui costruiamo la nostra identità: "insegnante", "madre", "uomo giusto", ecc. Se questo significante manca o è imposto, il soggetto può sentirsi smarrito o schiacciato.
C’è poi il rischio di essere visti solo per la propria funzione: diventare oggetto a, cioè oggetto del desiderio dell’Altro. Non più soggetti, ma strumenti. Questo accade spesso nei contesti lavorativi fragili o di assistenza: il lavoro c’è, ma non ha senso per chi lo fa.
L’obiettivo dell’intervento psicoanalitico non è solo “inserire” o “normalizzare”, ma sostenere il soggetto nel trovare una posizione propria, anche piccola, ma significativa. L’adattamento, allora, non è solo una risposta all’esterno, ma una forma di invenzione soggettiva.