01/11/2025
NE ABBIAMO DAVVERO BISOGNO
Sto parlando degli acidi grassi omega 3. Insieme agli omega 6, sono una classe di nutrienti essenziali per il benessere dell'organismo.
Sono essenziali perchè il corpo non è in grado di sintetizzarli in modo autonomo, quindi devono essere introdotti regolarmente attraverso l’alimentazione.
Una volta assimilati, questi grassi vengono integrati nelle membrane cellulari, contribuendo a regolarne la struttura, la fluidità e la capacità di comunicazione tra cellule.
Tra gli omega-3, particolare attenzione meritano EPA e DHA, due molecole a catena lunga abbondanti nei pesci di acque fredde.
Il loro ruolo nella salute cerebrale è fondamentale: migliorano la fluidità delle membrane neuronali, facilitano il rilascio dei neurotrasmettitori e proteggono le cellule nervose dallo stress ossidativo e dai processi di morte cellulare programmata (fanno vivere più a lungo le cellule nervose).
Non meno rilevante è la loro azione antinfiammatoria: gli omega-3 riducono la sintesi di mediatori infiammatori derivati dagli omega-6, contribuendo a mantenere l’equilibrio del sistema immunitario.
Il metabolismo degli omega-3 e degli omega-6 è una storia di competizione biochimica.
Questi due gruppi di acidi grassi condividono le stesse vie enzimatiche, significa che possono essere convertiti utilizzando proteine specializzate. In pratica confluiscono nello stesso percorso biochimico. Se la dieta è dominata dalla presenza di omega-6, gli omega-3 restano indietro, e la loro trasformazione in EPA e DHA diventa limitata.
Il risultato è uno sbilanciamento fisiologico: da un lato la via degli omega-6 produce molecole che attivano l’infiammazione, la coagulazione e la risposta allo stress;
dall’altro, quella degli omega-3 genera grassi che proteggono il cervello, il cuore e facilitano la risoluzione naturale dei processi infiammatori.
EPA e DHA svolgono ruoli complementari. L’EPA è il custode dell’equilibrio immunitario e vascolare: modula l’infiammazione, fluidifica il sangue, sostiene l’endotelio e si è dimostrato utile persino in alcuni casi di depressione resistente al trattamento farmacologico. Il DHA, invece, è la sostanza strutturale del cervello: costruisce e protegge le membrane neuronali, la retina e le sinapsi, supportando memoria, percezione e stabilità emotiva.
Da queste molecole derivano composti straordinari come le resolvine, le protectine e le maresine, i “mediatori a favore della risoluzione”: non bloccano l’infiammazione ma la guidano verso la guarigione, sostenendo la rigenerazione dei tessuti e modulando la microglia cerebrale.
Noi donne ne abbiamo più bisogno
La fisiologia femminile rende l’apporto di omega-3 ancora più cruciale.
Gli omega-3 EPA e DHA esercitano un ruolo particolarmente rilevante nella fisiologia femminile perché interagiscono con i sistemi ormonali e neuroinfiammatori regolati dagli estrogeni.
Nelle donne in età fertile, gli estrogeni aumentano l’attività degli enzimi che convertono l'acido alfa-linolenico (ALA) in EPA e DHA. -->Questo significa che, a parità di dieta, le donne tendono inizialmente a produrre una quota maggiore di omega-3 attivi rispetto agli uomini.
Gli estrogeni favoriscono anche l’incorporazione del DHA nelle membrane delle cellule nervose, processo fondamentale per la plasticità sinaptica, la funzione cognitiva e la stabilità dell’umore.
Per questo motivo il cervello femminile può essere più sensibile a periodi di carenza di omega-3, soprattutto quando ci sono brusche variazioni ormonali: sindrome premestruale, gravidanza, post-partum e transizione menopausale.
Un adeguato apporto di EPA può supportare la gestione dell’infiammazione e modulare il sistema serotoninergico, risultando utile nella prevenzione e nel supporto alla depressione post-partum e alle alterazioni dell’umore legate ai cambi ormonali.
Il DHA, invece, rimane cruciale per la struttura e la funzione delle membrane neuronali, con un ruolo di protezione cerebrale a lungo termine.
In età fertile, grazie all’azione degli estrogeni sugli enzimi desaturasi ed elongasi, la donna è fisiologicamente più efficiente nella conversione dell’ALA (l’omega-3 vegetale presente in semi di lino, chia, noci e canapa) nelle forme biologicamente attive EPA e DHA. In altre parole, quando i livelli ormonali sono adeguati, una parte degli omega-3 assunti da fonti vegetali viene trasformata nei composti che sostengono cervello, sistema cardiovascolare, infiammazione e integrità cellulare.
Con la riduzione degli estrogeni, che può avvenire nel post-partum, quando i cicli irregolari sono irregolari, in perimenopausa e, in modo più netto, in menopausa, la conversione da ALA a EPA e DHA diventa meno efficiente. In queste fasi la donna non perde solo la protezione ormonale dal punto di vista vascolare e neurologico, ma anche la capacità di ricavare sufficienti omega-3 attivi da fonti vegetali. Il risultato può essere una maggiore predisposizione a infiammazione, alterazioni dell’umore, variazioni del profilo lipidico e maggiore sensibilità al carico infiammatorio intestinale. Questo è uno dei motivi principali per cui possono comparire i disturbi intestinali.
Dal punto di vista nutrizionale questo ha implicazioni pratiche. Nelle donne in età fertile una dieta ricca di fonti vegetali di omega-3 può essere sufficiente, soprattutto se accompagnata da un buon rapporto omega-6/omega-3 e da alimenti che sostengono l'attività enzimatica, come verdure a foglia verde, zinco, magnesio e vitamine del gruppo B.
Con il calo estrogenico, diventa opportuno incrementare l’introduzione di EPA e DHA direttamente dalla dieta, privilegiando pesce azzurro e per chi segue un’alimentazione vegetale, olio microalgale naturalmente ricco di DHA. In questa fase è consigliabile anche prestare attenzione alla riduzione degli omega-6 industriali (oli raffinati di mais, soia, girasole), perché un eccesso di omega-6 complica ulteriormente la capacità dell’organismo di utilizzare efficacemente gli omega-3.
L’obiettivo, in sintesi, è fornire direttamente al corpo ciò che non riesce più a produrre con la stessa efficienza, adattando l'alimentazione alla fisiologia ormonale. Questo approccio permette di mantenere l’equilibrio infiammatorio, proteggere il cervello nelle transizioni ormonali e sostenere la salute intestinale in modo continuo e coerente con le esigenze biologiche della donna nelle diverse fasi della vita.
Omega-3 e benessere della barriera intestinale
Gli omega-3 partecipano direttamente al mantenimento della barriera intestinale, un elemento essenziale per la salute metabolica, immunitaria e neurologica. EPA e DHA vengono incorporati nelle membrane delle cellule epiteliali intestinali e contribuiscono alla stabilità delle proteine che tengono unite queste cellule, come occludina e claudina.
In questo modo, riducono la permeabilità intestinale e limitano il passaggio nel sangue di endotossine batteriche come il lipopolisaccaride (LPS), molecola in grado di attivare una risposta infiammatoria sistemica e di raggiungere il cervello attraverso l’asse intestino-cervello.
Dal punto di vista immunitario, gli omega-3 regolano la produzione di mediatori infiammatori all’interno dell’intestino e promuovono la formazione di resolvine, protectine e maresine, molecole specializzate nella risoluzione dell’infiammazione. Questo è particolarmente rilevante in condizioni di infiammazione intestinale lieve e persistente, comune in stress cronico, dieta occidentale e alterazioni del microbiota.
Infine, EPA e DHA favoriscono un microbiota più diversificato e orientato verso specie benefiche, comprese quelle che producono acidi grassi a corta catena utili per nutrire le cellule intestinali e rinforzare ulteriormente la barriera mucosale. Il risultato è una minore attivazione del sistema immunitario, una riduzione del rischio di infiammazione sistemica e un supporto indiretto alla regolazione dell’umore e delle funzioni cognitive attraverso il miglioramento della comunicazione tra intestino e sistema nervoso centrale.
Se ritieni che questo post possa essere utile ai tuoi contatti, condividi pure:-)
Fonte immagine e spunto per la realizzazione del post: Panoramica del metabolismo degli acidi grassi omega-3 e omega-6 (Carnegie et al., 2024)