08/08/2022
Immaginiamo che in terapia possano esserci due tipi di momenti che la rendono una buona psicoterapia. Uno di questi è il momento in cui si giunge ad una scoperta, una rivelazione che apre la mente, che permette di vedere tutto da una nuova prospettiva e che dà la spinta decisiva necessaria a prendere in mano la propria vita. L’altro momento, è quello in cui ci si trova ad avere a che fare con qualcosa di doloroso, che una volta venuta fuori non può più essere ignorata; qualcosa che farà stare probabilmente più male di quanto si stava prima di iniziare questo percoso, ma che fronteggiandola ne usciremo arricchiti o arricchite.
Si pensa che questi momenti siano quasi necessari, passaggi obbligatori da fare affinché si riesca a risolvere la problematica che ci ha portato ad iniziare una psicoterapia.
Sicuramente questi momenti possono verificarsi e sono molto utili, ma ci sono anche tanti altri momenti, spesso ignorati, a cui si dà meno importanza e che potremmo definire momenti ‘noiosi’.
I momenti “noiosi” possono essere quelli in cui sembra non si arrivi da nessuna parte, sembra che in seduta si ripetano sempre le stesse dinamiche. Oppure si tratta di quei momenti in cui si sta lavorando su qualcosa che non sembra utile (non nel breve termine) qualcosa che addirittura può dare l’impressione di star perdendo tempo o che ci sta allontanando dagli obiettivi concordati con il nostro o la nostra terapeuta.
Non esistono momenti-obiettivo, quelli da caricare di aspettative e per cui frustrarsi se non si sono presentati ancora. Anche i momenti “noiosi” costituiscono una buona terapia, che ci piacciano oppure no.