28/10/2025
Su ogni parola letta rivivo ogni momento del mio lavoro da palliativista, dedicato alle persone: al malato, alla famiglia, agli operatori.
Il privilegio di restare
Molti pensano che occuparsi di cure palliative sia un mestiere triste.
Ma chi lo vive sa che paradossalmente è un mestiere pieno di vita.
Le cure palliative non sono la fine del cammino, ma un modo diverso di percorrerlo: con lentezza, ascolto e rispetto.
Le cure palliative insegnano che la fragilità non è una resa, ma un incontro.
Ogni gesto, una mano che stringe, uno sguardo che accoglie, una parola che calma, diventa un modo per dire: “sono qui accanto a te”.
Stare accanto a chi soffre non toglie vita, ne restituisce senso.
Perché in quelle stanze dove il tempo rallenta, si impara che la vita non si misura in giorni, ma in intensità.
Ogni volta che un paziente trova sollievo, che un figlio riesce a dire addio, che un dolore trova finalmente voce, il palliativista sa che la sua scelta è stata giusta.
E che la dignità anche nel dolore è la forma più alta di cura.
Perché il suo compito non è allontanare la morte ma custodire la vita fino all’ultimo respiro.
Restare è un privilegio.
Un modo silenzioso di dire: la vita conta, sempre.