11/11/2025
𝐋𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐚𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐬𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢𝐨: 𝐮𝐧 𝐛𝐨𝐥𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐫𝐨𝐠𝐚 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐞𝐭𝐚̀. 𝐂𝐡𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐜𝐡𝐢 𝐜𝐮𝐫𝐚? 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨𝐜𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐠𝐚 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐭𝐫𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐫𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐨𝐯𝐚𝐧𝐢 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐬𝐚 𝐝𝐚 𝐮𝐧 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐬𝐨 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐩𝐚𝐭𝐢𝐜𝐨 𝐞 𝐫𝐢𝐟𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐟𝐞𝐧𝐨𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐝𝐚𝐭𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐧𝐨. 𝐂𝐡𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐭𝐞? 𝐂𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐞?
Quando pensiamo agli ospedali, immaginiamo luoghi di cura e speranza, ma i dati che emergono dal 2024 dipingono un quadro drammaticamente diverso: quello di ambienti sempre più pericolosi per chi ci lavora.
I numeri sono allarmanti e raccontano una storia che dovrebbe far riflettere tutti noi, non solo gli addetti ai lavori. Nel 2024 sono stati registrati 25.940 episodi di contro il , con un aumento del 33% rispetto all'anno precedente. Ma la situazione sta peggiorando ulteriormente: nei primi tre mesi del 2025 si è registrato un ulteriore balzo del 37%, con quasi 6.500 casi di fisica e verbale. Stiamo parlando di una media di 2.161 aggressioni al mese, numeri che sembrano usciti da un bollettino di guerra piuttosto che dalle statistiche di un sistema sanitario civile.
La distribuzione geografica di questo fenomeno mostra come il Nord Italia sia l'area più colpita, con il 63% degli episodi, mentre il Sud registra il 26% e il Centro l'11%. Le regioni che guidano questa triste classifica sono Lombardia (+25%), Campania (+22%), Puglia (+20%), seguite da Lazio (+19%) e Sicilia (+18%). Ma non si tratta di un problema confinato a poche realtà: Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Abruzzo, Toscana e Calabria mostrano incrementi che vanno dal 13% al 17%, dimostrando come l'emergenza sia ormai nazionale.
Chi sono le di questa escalation violenta? I dati ci dicono che il 60% delle aggressioni riguarda gli , con le donne particolarmente esposte: le infermiere subiscono ben il 76% degli attacchi. I di famiglia rappresentano il 15% delle vittime, i chirurghi il 12%, mentre il resto coinvolge altre figure professionali del settore sanitario. I luoghi più a rischio sono i pronti soccorsi, dove si concentra il 23% degli episodi, seguiti dagli ambulatori territoriali (17%) e dai reparti psichiatrici.
Il 69% delle aggressioni è commesso da , mentre nel resto dei casi si tratta di parenti o accompagnatori. Particolarmente significativo è il dato che emerge da un'indagine Fnomceo-Censis: il 98% dei medici di pronto soccorso ha subito almeno un'aggressione durante la carriera, e oltre la metà (54%) ha sperimentato violenza fisica. Numeri che fotografano una inaccettabile normalizzazione della violenza.
Le misure legislative finora adottate, come il decreto anti-violenza che prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per chi aggredisce il personale sanitario cercano di contrastare il fenomeno. Gli esperti sottolineano come però servano anche interventi strutturali: potenziamento della territoriale, posti di polizia presso i pronti soccorsi, campagne di comunicazione per rafforzare l'immagine dei professionisti sanitari etc.
Il fenomeno non riguarda solo l'Italia: in Europa le aggressioni sono aumentate del 32% e a livello mondiale del 39%, con picchi particolari nei paesi economicamente più deboli e nelle zone di conflitto. Ma questo non deve diventare un alibi per accettare l'inaccettabile. Come società, siamo chiamati a un esame di coscienza collettivo: possiamo davvero permettere che chi dedica la propria vita a salvare quella degli altri sia costretto a lavorare nella paura? La risposta, ovviamente, è no. E il momento di agire è adesso, prima che l'emergenza diventi irreversibile.
Qui sotto un interessantissimo articolo internazionale che analizza il fenomeno in profondità con lucidità e scientificità.
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O'Brien CJ, van Zundert AAJ, Barach PR. The growing burden of workplace violence against healthcare workers: trends in prevalence, risk factors, consequences, and prevention - a narrative review. EClinicalMedicine. 2024;72:102641.