Psicologa - Dott.ssa Martina Fabrizi

25/11/2021

Nella giornata mondiale contro la violeza sulle donne voglio condividere con voi un pensiero della scrittrice Susanna Casciani.

Sono parole semplici ma dirette.
Sono parole che non dovremmo MAI dimenticarci, tutti noi, donne e uomini.
👠💄♥️

08/08/2021

06/08/2021

🙋‍♀️Nel mio lavoro mi scontro costantemente con un compito davvero difficile, in primis per me stessa, vale a dire quello di chiedere. Chi è stato sempre autonomo, anche da bambino, magari perché sentiva di non poter appesantire i propri genitori con le proprie richieste o magari perché c’erano necessità e problemi ben più ingombranti dei desideri espressi da un bimbo, può crescere non solo con poca abitudine a chiedere ma proprio con la convinzione che sia sbagliato.

🚼Ed ecco che spiccano bambini che non fanno capricci, non chiedono mai un giocattolo o non esprimono mai una propria preferenza, adattandosi autonomamente a tutte le situazioni in cui si trovano, giocando spesso da una parte da soli così da essere un vero sollievo per i genitori provati da mille cose a cui pensare o posti in cui andare. Una volta grandi può succedere di rendersi conto che l’attenzione per i bisogni dell’altro ci ha reso poco capaci di individuare i nostri, l’evitare di esprimere ciò che vogliamo ci ha reso molto faticoso anche solo individuare qual è il nostro desiderio e laddove riusciamo, il pensiero di disturbare l’altro facendo una richiesta per noi è impensabile o fa paura. 🚫

Potremmo avere paura di essere un peso, paura di un rifiuto o paura di apparire agli occhi dell’altro non più in grado di farcela da solo. ✅Come psicologa ed ex bambina assolutamente autonoma ho dovuto re imparare sulla mia pelle quanto sia importante saper chiedere, scegliendo una formazione che fa del saper chiedere una vera e propria risorsa.

Dott.ssa Martina Fabrizi
Psicologa e Psicoterapeuta
Primo colloquio Gratuito
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20/07/2021

🎞️Pensi anche tu a me come ti penso io? 🎞️

Quante volte ci è capitato di chiedercelo? Magari pensando ad un amore troppo lontano o finito, ad un’amicizia di quelle che si spengono lentamente senza mai pretendere una degna conclusione, a qualcuno che si è incontrato nel nostro cammino ma che ha poi preso una strada troppo lontana dalla nostra, o perché no? Pensando a qualcuno che non c’è più…

👎 La maggior parte delle volte ci troviamo anche a fare i conti con una risposta che non avremo mai. E spesso in questi casi immaginare di essere in qualche modo nella mente dell’altro ci è di conforto, un po’ come accadeva al personaggio della serie “This is us” dalla quale ho estratto la frase: un padre che scrive lettere al figlio abbandonato e che lo immagina mentre vive una vita, magari più semplice della sua, chiedendosi se lui è tra i suoi pensieri.

💌Sapere di essere nella mente di qualcuno può essere come sapere di esistere, una conferma del proprio valore, una conferma del fatto che si è meritevoli di amore. Questo può essere particolarmente vero per chi ha vissuto esperienze di abbandono o lutti traumatici, soprattutto in età infantile o adolescenziale, o i cui bisogni di conferma e riconoscimento sono passati sempre attraverso ciò che si fa per l’altro.

💡Quante delle cose che facciamo o diciamo hanno l’obiettivo di tenerci nella mente dell’altro, così da appagare le nostre insicurezze o la nostra paura di essere dimenticati o dimenticabili?

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13/07/2021

Questo è stato un anno decisamente difficile per certe professioni, primi fra tutti gli operatori sanitari, i quali, già normalmente, ma ancora di più durante un’emergenza come quella che stiamo ancora combattendo, sono a forte rischio di sviluppare la sindrome di burnout. 🤯

Il termine ❤️‍🔥burnout❤️‍🔥 (“bruciarsi”) proviene dal mondo dello sport, nel quale veniva usato per indicare l’atleta che, nonostante mantenesse la perfetta forma fisica, dopo un periodo di successi, non riusciva più ad ottenere gli stessi risultati.

Le professioni di aiuto sono quelle maggiormente a rischio di sviluppare questa sindrome, la quale colpisce persone sottoposte per lunghi periodi a situazioni particolarmente stressanti, portando ❌esaurimento emotivo (sensazione di vuoto emotivo connesso al proprio lavoro), ❌depersonalizzazione (reazioni di allontanamento e rifiuto verso il proprio mestiere e verso chi richiede l’aiuto) e ❌ridotta realizzazione personale (inadeguatezza, mancanza di autostima e insuccesso sul lavoro).

Lavorare in luoghi o con persone che ci mettono inevitabilmente a contatto con la sofferenza altrui può essere molto faticoso in termini di energia e benessere personale e professionale del lavoratore; è quindi fondamentale un’attenzione da questo punto di vista volta soprattutto a ✅prevenire questo tipo di vissuti.

⚜️Vi siete mai sentiti così? Cosa vi ha aiutati? Quali aspetti organizzativi del vostro lavoro sentite essere preventivi in questo senso per voi?

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