28/11/2025
Come sempre puntuale, il Professor Puccetti scrive considerazioni di grande importanza; capisco che sia faticoso avere ancora sotto agli occhi l'argomento in questione ma ciò che è successo è di una tale gravità che non si può lasciar correre o dimenticare. Credo invece sia giusto approfondire e rendere noto quello che continua ad emergere.
Grazie dunque Professore e grazie a chiunque voglia condividere e leggere.
La storia ci può insegnare qualcosa solo se ce la ricordiamo ...
TANTO RUMORE PER NULLA: IL GRANDE EQUIVOCO DEL POSITIVO, DELL’INFETTO E DEL MALATO
C’è un articolo tedesco — serio, pieno di dati reali di laboratorio, non un blog complottaro — che ha avuto il cattivo gusto di fare una domanda tanto semplice quanto devastante:
i PCR-positivi erano davvero tutti “infetti”?
E se no: quanti lo erano? E quanti, tra questi, erano davvero “malati”?
Sembra roba da azzeccagarbugli, e invece è il cuore dell’intera gestione pandemica europea. Perché se confondi tracce virali nel naso con infezione sistemica, e questa con malattia clinica, hai già trasformato la realtà in una caricatura digitale.
E l’articolo tedesco mostra una verità semplicissima:
PCR-positivo ≠ infetto ≠ malato.
Tre cerchi che si sovrappongono molto meno di quanto ci è stato raccontato.
E ora veniamo al dunque, n**o e crudo.
LA SEQUENZA “STRAIGHTFORWARD”
1. Germania: prima dei vaccini (2020)
Secondo i dati ALM (che processavano il 90% dei PCR tedeschi):
Quando N% della popolazione risultava PCR-positiva in un certo periodo…
…solo circa X% = 10–14% era realmente infettato.
Che significa “realmente infettato”?
Avevano sviluppato IgG misurabili, cioè:
il virus non si era solo posato sulla mucosa nasale, ma era riuscito a superare le difese locali e avviare una vera risposta sistemica.
Niente IgG → niente infezione in senso immunologico pieno.
Quindi:
Su 100 PCR-positivi, solo 10–14 erano davvero infettati.
E tra questi infettati, la quota sintomatica verosimile (studi pre-vaccinali) era intorno al 10–20%.
Tradotto:
Per ogni 100 PCR positivi tedeschi prima dei vaccini, solo 1–3 erano verosimilmente malati.
E attenzione: questo non lo dice un tweet polemico. Lo dice un’analisi epidemiologica basata su 12.000–100.000 test IgG a settimana.
2. Belgio: quadro analogo
Il Belgio pubblicò dati di sieroprevalenza molto simili:
Ampie ondate di positivi PCR nel 2020,
Sieroprevalenza reale nell’ordine del 10–15% nelle stesse finestre,
Rapporto PCR positivo / infezione reale anch’esso nell’ordine di 1:6 – 1:10.
E anche lì, come ovunque:
Tra gli infettati veri, solo una frazione relativamente ridotta era sintomatica,
Il rapporto “positivo → infetto → malato” era estremamente basso.
L’unica variabile a cambiare tra i Paesi era l’intensità del testing, non la biologia del virus.
3. Ma allora… cosa stavamo contando?
Semplice.
In Europa, per quasi un anno abbiamo scambiato molecole virali nel rinofaringe per malattia.
Abbiamo contato presenze molecolari come se fossero infezioni, e “casi” come se fossero malati.
Il risultato?
alberi genealogici di positivi,
grafici drammatici,
“incidenze settimanali” usate come arma legislativa,
e una narrativa continua basata su uno strumento — il PCR — che misura esposizione, non infezione, e tantomeno malattia.
L’articolo tedesco lo dice senza giri di parole: la “7-days incidence” era uno specchio deformante guidato più dal numero di test che dall’epidemiologia reale.
Ed è qui che arriva il punto finale, quello politico-sanitario.
4. IL VERO IMPATTO DELLA VACCINAZIONE… IN MARGINE
Quando in Germania e Belgio si iniziò a vaccinare (fine 2020 – inizio 2021):
la popolazione era già largamente infettata (20–30% in media nelle stime sierologiche),
e a fine 2021 si arriverà a 85–95% di IgG+ (tra infezioni e vaccini).
Cosa significa?
Significa che, in termini immunologici, il grosso del lavoro — la costruzione dell’immunità di popolazione — lo aveva già fatto il virus stesso ben prima dell’avvento dei vaccini.
I vaccini hanno certamente ridotto forme severe e decessi durante la fase di transizione in cui il virus colpiva i più fragili prima che fosse completata l’immunità naturale — ma:
non hanno potuto impedire la diffusione, perché la diffusione era già avvenuta, non hanno potuto creare l’immunità di base, perché quella era già presente, e non hanno alterato il fatto che la stragrande maggioranza delle infezioni naturali 2020–2021 fossero asintomatiche o paucisintomatiche.
In altre parole:
Non è stato il vaccino a “fermare” il contagio: è stato il contagio a fermarsi da solo quando ormai aveva immunizzato quasi tutti.
Una dinamica endemica classica, raccontata però come epopea farmacologica.
5. MORALE (SHATTERINGLY SIMPLE): “MUCH ADO ABOUT NOTHING”
Se Shakespeare fosse vissuto nel 2020,
avrebbe dimenticato Otello e Macbeth,
e avrebbe scritto questo:
“Molto rumore per nulla: drammatizzazione europea di un virus che si è diffuso molto più di quanto contato, ha infettato molto meno di quanto temuto, e ha fatto ammalare una minuscola frazione di quelli che dichiaravamo ‘casi’.”
E noi, moderni spettatori del Globe Theatre pandemico, possiamo solo riconoscere la trama:
un test ipersensibile,
curve distorte,
decisioni prese su indicatori ingannevoli,
e un’intera popolazione convinta che “positivo” volesse dire “malato”.
Il punto dell’articolo [ https://www.frontiersin.org/.../fepid.2025.1592629/full ] è tutto qui:
siamo stati governati da un numeratore sbagliato.
Il virus era già dappertutto, ma la malattia molto meno.
La biologia era semplice, la politica no.
E quindi sì, Amici:
Tanto rumore per nulla.
Segnalatomi dal collega Giorgio Fanelli