Studio di Psicologia e Psicoterapia dott.ssa Nicoletta Sansone

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30/10/2025

NON È AMORE. È DIPENDENZA NEUROBIOLOGICA.

Negli ultimi giorni altre giovani donne sono state uccise barbaramente dai loro compagni.
E ancora una volta sentiamo dire: “Perché non se ne vanno?”

La risposta è dentro il cervello. Non nel cuore.

Quando una donna entra in una relazione tossica, soprattutto con un manipolatore o un soggetto narcisista patologico, il suo sistema nervoso viene progressivamente condizionato.
Il ciclo “idealizzazione – svalutazione – riaggancio” attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nella dipendenza da sostanze, in particolare nella dipendenza da eroina o cocaina.

Ecco gli ingredienti della chimica dell’inganno:

Dopamina: ogni messaggio affettuoso, ogni “ti amo” dopo giorni di gelo o umiliazioni, produce una scarica di dopamina. È il premio intermittente che rinforza la ricerca spasmodica di quell’approvazione.

Ossitocina: l’ormone del legame, che normalmente serve a costruire fiducia e intimità, viene “dirottato” e usato dal manipolatore per cementare un attaccamento disfunzionale.

Cortisolo e adrenalina: lo stress cronico tiene il corpo in costante allerta, creando una condizione di iper-vigilanza e sottomissione.

Riduzione funzioni della corteccia prefrontale: con il tempo, la capacità di analisi, di giudizio e di decisione si riduce. La donna non è più libera di scegliere: è prigioniera del proprio sistema neurobiologico, riscritto dal trauma.

Questo si chiama legame traumatico.

E finché continueremo a leggerlo come “debolezza”, “dipendenza affettiva” o “mancanza di autostima”, continueremo a perdere vite.

Perché chi è intrappolata in questa dinamica non può semplicemente “andarsene”, ha bisogno di un intervento mirato, che tenga conto dei processi neurobiologici e psicologici sottesi alla relazione violenta.

Capire questo significa costruire strumenti di prevenzione reali, efficaci, capaci di spezzare la catena della violenza prima che arrivi all’epilogo finale.

Solo così potremo davvero proteggere le donne e impedire che i loro figli imparino — e ripetano — lo stesso copione.

29/10/2025

Douglas Reis Pedroso, 41 anni, è stato arrestato martedì 28 ottobre per il femminicidio di Jessica Stapazzolo Custodio de Lima, la donna di 33 anni accoltellata e uccisa a Castelnuovo del Garda nel Veronese.
Era stato sottoposto al divieto di avvicinamento dal 23 aprile 2025. La misura di deterrenza del braccialetto elettronico, invece, era stata messa in campo solo il successivo 19 maggio.

La procura aveva aperto un procedimento ma «senza misure cautelari, era intervenuto il questore con l’ammonimento». Una prassi molto «caldeggiata dalle questure come “ottimo sistema di prevenzione” nei confronti delle donne per i casi di violenza».

Le donne vengono uccise nella maggior parte dei casi da un componente della famiglia; quasi sempre un compagno attuale o passato. Nel lavoro per il contrasto alla violenza è necessario il lavoro di rete. Per questo è importante attivarla anche quando vengono previste le misure di protezione. Bisogna consigliare alle donne di rivolgersi ai centri antiviolenza. Ma poco è stato fatto sul fronte della prevenzione, da parte delle istituzioni.

Aurora D’Agostino, legale del Centro veneto progetti donna di Padova:
«Alle donne non interessano gli ergastoli, ma che vengano messi soldi sulla prevenzione, sulla formazione degli operatori e sanzioni per chi non ha tutelato le persone offese. Bisogna esigere delle forme di prevenzione finanziate: siamo stufe delle leggi simbolo con le sanzioni punitive senza soldi stanziati, che agiscono sempre ex post facto ai femminicidi»

Leggi l'articolo integrale di Federica Pennelli sul nostro sito

29/10/2025
29/10/2025
29/10/2025

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona porta l’altra a mettere in dubbio le proprie percezioni, emozioni o ricordi.
È un processo relazionale graduale, che può manifestarsi in ambito affettivo, familiare, amicale o professionale.

Le principali conseguenze del gaslighting includono:
• confusione e perdita di fiducia in sé
• senso di colpa e vergogna immotivati
• dipendenza emotiva
• isolamento e difficoltà nel chiedere supporto

Comprendere queste dinamiche è fondamentale per riconoscere la portata psicologica del fenomeno e superare la visione riduttiva della manipolazione come semplice conflitto relazionale.
Interventi psicologici mirati, orientati alla consapevolezza e al rafforzamento dell’autonomia personale, sono efficaci per ristabilire fiducia e benessere.

29/10/2025
27/10/2025

«Una donna troppo libera per essere accettata». Questa frase della stampa argentina racchiude bene il senso di 27 notti, il nuovo film argentino su Netflix diretto da Santiago Mitre. Ci troviamo a Buenos Aires, dove la storia di Martha Hoffman, una donna di 83 anni, prende forma. Martha è sempre stata indipendente, appassionata d’arte e poco incline a seguire le regole degli altri. Rimasta vedova, vive secondo i propri desideri, ma le sue figlie, incapaci di accettare la sua libertà e preoccupate per la gestione del patrimonio, decidono di intervenire. La portano davanti a un giudice e la fanno ricoverare in una clinica psichiatrica privata.

A occuparsi di lei arriva Leandro Casares, un perito incaricato di stabilire se Martha sia affetta da demenza senile o semplicemente diversa. L’indagine diventa subito qualcosa di più di una valutazione medica: qui si parla di cosa significhi essere considerati “normali” e di quanto sia facile, in certi contesti, scambiare la voglia di vivere per follia. Il film si muove tra momenti di ironia e malinconia, mostrando la routine di Martha fatta di piccoli gesti e ostinazione, che diventano il simbolo di una lotta per non farsi mettere da parte.

La storia si ispira a fatti reali: la vicenda di Natalia Kohen, artista e mecenate di Buenos Aires, rinchiusa contro la sua volontà dopo che la famiglia l’aveva fatta dichiarare incapace di intendere e di volere. Il suo caso aveva aperto un dibattito acceso in Argentina su quanto sia sottile il confine tra protezione e abuso di potere. Natalia Zito ha raccontato questa esperienza nel romanzo Veintisiete noches, da cui il film prende spunto. Anche se i nomi e i dettagli sono cambiati per il cinema, resta centrale il tema della difficoltà, per una donna anziana, di farsi ascoltare e di mantenere il controllo sulla propria vita.

Il titolo 27 notti si riferisce al periodo passato da Martha in clinica, una parentesi che mette in pausa la sua quotidianità e la costringe a difendere tutto ciò che ancora le appartiene: la memoria, le abitudini, il senso di sé. Non si parla tanto di diagnosi, quanto del rischio di etichettare come “malata” una persona semplicemente perché non si adatta alle aspettative degli altri. La clinica diventa una piccola rappresentazione di una società che preferisce catalogare piuttosto che capire.

La fotografia calda di Javier Juliá e le musiche di Federico Jusid danno al racconto un tono intimo e reale, senza mai scadere nel pietismo. Il film punta lo sguardo sul modo in cui vengono trattati gli anziani, soprattutto le donne, quando la loro indipendenza mette a disagio chi li circonda. Attraverso Martha, si toccano le dinamiche di potere e le ingerenze familiari che finiscono per togliere voce e libertà a chi, invece, chiede solo di continuare a essere se stesso.

27 notti è la storia di una resistenza silenziosa, fatta di ostinazione e piccoli gesti quotidiani. Non c’è morale, solo la cronaca di come può essere difficile difendere la propria autonomia quando gli altri pensano di sapere cosa sia meglio per te.

27/10/2025

Le mani raccontano il pensiero dei bambini.

Nel 1950 la pedagogista Maria Montessori intuì un concetto fondamentale: le mani sono lo strumento principale dell'intelligenza umana. Lo osservò studiando i movimenti dei bambini, che prima di imparare a parlare o a ragionare in modo astratto, esploravano il mondo toccando, afferrando e manipolando oggetti.

Le sue classi erano organizzate con materiali concreti da manipolare, come incastri e oggetti da versare o costruire. Per Montessori, ogni gesto manuale rappresentava un "pensiero in movimento", un ponte tra idea e realtà che stimolava direttamente lo sviluppo cerebrale.

Oggi, la neuroscienza ha fornito conferme sorprendenti. Numerosi studi indicano che nei primi anni di vita le connessioni cerebrali si moltiplicano attraverso l'esperienza manuale. Le mani attivano non solo le aree dedicate al movimento, ma anche quelle responsabili della memoria, dell'attenzione, della creatività e persino delle abilità matematiche.

Ciò dimostra come il semplice gesto di prendere in mano, smontare o costruire non sia un gioco, ma una base concreta per la formazione dell'intelligenza futura.

Il metodo Montessori, nato da osservazioni oltre settant'anni fa, continua a influenzare le migliori pratiche educative moderne in tutto il mondo. Questa lunga continuità tra intuizione e ricerca scientifica ci invita a riflettere su quanto l'apprendimento sia profondamente legato all'esperienza diretta e tattile, più di quanto si pensasse una volta.

Comprendere questa relazione tra mani e mente apre nuove prospettive sul modo in cui pensiamo l'educazione oggi, confermando la visione di Montessori e suggerendo la centralità del contatto fisico nella crescita umana.

Indirizzo

Via Vittorio Veneto , 12
Torre Del Greco
80059

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