06/08/2025
Nel primo episodio di Un raggio di sole al giorno viene raccontato, attraverso gli occhi della protagonista, infermiera in un reparto psichiatrico, il rapporto tra Oh Ri-na (affetta da disturbo bipolare e ricoverata a seguito di un episodio maniacale) e sua madre.
Ci viene presentata una madre spaventata maggiormente dallo stigma della malattia mentale piuttosto che dallo stato emotivo della figlia, e dall’altra parte una donna di quarant’anni non in grado di capire chi sia, cosa desideri realmente.
Nel racconto Oh Ri-na è invischiata in un rapporto di dipendenza dalla madre che ha sempre scelto per lei, plasmandone desideri e bisogni con l’intento di indirizzarla verso ciò che riteneva più giusto: una buona formazione, una buona immagine esteriore, un buon matrimonio.
In questa tessitura ideale, però, Oh Ri-na ha perso di vista se stessa, soffocata dalle cure non richieste, da aspettative silenziose, da amore che si traduce in controllo.
Eppure la madre non riesce a starci antipatica, poiché ci sembra agire nelle migliori intenzioni, nella legittima preoccupazione materna che la figlia abbia la miglior vita possibile.
Dove sta, quindi, il bug? L’errore del sistema?
Khalil Gibran ci dice che i genitori sono l’arco che scaglia i figli verso il domani.
Mi sembra, quindi, l’illusione stia nel credere di poter controllare il tragitto della freccia.
Oh Ri-na compie il suo scatto evolutivo quando riesce a dar voce ai propri desideri andando contro le aspettative materne, generando una crisi del sistema ed un suo naturale aggiustamento quando la madre accoglie, contiene e riformula.
Una situazione ideale, insomma, ma non sempre è così. Cosa fare, dunque, quando l’affermazione del Sè genera un conflitto insanabile?
Elaborare il senso di colpa capendo che diventare adulti, spesso se non sempre, vuole dire potersi concedere di deludere l’altro.
Sopravvivendo tutti.