Psicologa Psicoterapeuta Dott.ssa Laricchia Maria Antonietta

Psicologa Psicoterapeuta Dott.ssa Laricchia Maria Antonietta Sono psicologa, psicoterapeuta, sessuologa. Mi occupo di psicoterapia individuale, di coppia, di psic

10/11/2025

L’INTERDIPENDENZA TRA EMOZIONE ❤️ E COGNIZIONE 🧠 DAL PUNTO DI VISTA DELLE NEUROSCIENZE.
A cura del Prof. 𝘼𝙡𝙗𝙚𝙧𝙩𝙤 𝙊𝙡𝙞𝙫𝙚𝙧𝙞𝙤, docente membro del comitato scientifico di Krómata.
“I risultati di diverse recenti ricerche -la più recente svolta nell’Università di Francoforte sul Meno- indicano che quando le strutture responsabili dell’emozione e delle funzioni cognitive si attivano in simultaneo, le capacità cognitive migliorano. Le neuroscienze ci mostrano che non esistono centri emotivi e cognitivi nettamente separati, ma piuttosto una complessa rete di regioni cerebrali che collaborano e comunicano incessantemente. In pratica, l’attivazione simultanea d strutture come l'amigdala, la corteccia prefrontale e indica che esiste un’unità funzionale tra pensiero ed emozione.
Riconoscere questa profonda integrazione ha implicazioni che vanno ben oltre i laboratori di ricerca. Se consideriamo la salute mentale, comprendiamo che molti disturbi, dall'ansia alla depressione, derivano da una disregolazione di questa interazione, e le terapie più efficaci spesso mirano a ristabilire un equilibrio più sano tra processi cognitivi ed emotivi. Nell'educazione, sappiamo che creare un clima emotivamente positivo è essenziale per favorire l'apprendimento, la motivazione e la curiosità. Nella vita quotidiana, una maggiore consapevolezza di come i nostri stati d'animo influenzano i nostri giudizi, e di come i nostri pensieri modellano le nostre emozioni, può portare a una migliore autocomprensione, a relazioni più armoniose e a decisioni più sagge ed equilibrate.
In conclusione, l'antica separazione tra ragione e passione, al centro di dispute filosofiche e del noto romanzo “Ragione e sentimento” (Sense and Sensibility) di Jane Austen, si dissolve di fronte all'evidenza di una mente intrinsecamente integrata. Emozione e cognizione sono due fili inseparabili, intrecciati nel tessuto della nostra esperienza. Le emozioni informano e guidano i nostri pensieri, mentre i pensieri danno forma e significato alle nostre emozioni”.
https://doi.org/10.1101/2023.03.17.533197

05/11/2025

“Quando siamo stati poco amati, noi cerchiamo una persona che ci faccia andare bene questa cosa. Spiego meglio: noi cerchiamo una persona che somigli un pochino al nostro genitore, e quindi che sia una persona poco affettiva in fondo, una persona un po’ fredda, una persona che si manifesti poco, che abbia magari pure lui paura di amare, oppure una persona un po’ dura. E quello va bene perché è come se rivivessimo la storia col genitore, ma questa volta deve andare a lieto fine. Per cui se lui o lei ci amano apertamente non rappresentano il genitore, contano meno, sono persone che appaiono addirittura deboli a volte. Se l’altro un po’ si nega, ci emoziona parecchio perché somiglia al genitore che si nega e riconquistare quel genitore che si nega è salvare il nostro passato.
Passato che non ricordiamo, eh, attenzione. Passato che non ricordiamo ma di cui abbiamo conservato le emozioni.

Quando siamo così protesi a conquistare l’amore dell’altro, l’altro non lo vediamo e quindi non lo amiamo, e quindi non sappiamo amare.

Quando siamo così preoccupati da come ci tratta l’altro, cioè se ci ha dato segni di amarci, se ci preferisce, se ci ha detto che siamo belli o belle, se ci ripete continuamente che ci ama, noi dell’altro poco ce ne curiamo.
Per noi lui è interessante per questo riconoscimento che ci può dare: un riconoscimento che è mancato da bambini. L’altro è quello che ci può dare l’estasi o la depressione profonda: diventa tutto per noi, ma l’altro sente che c'è una fregatura.
Ci preoccupiamo di essere amati, ma non amiamo.”
Gabriella Tupini
Opera Piia Lehti. L'opera è intitolata "Lovebirds"

26/10/2025

“Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.
Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano, presenti, futuri, eterni.
Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare.
E’ qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore incondizionato, senso per la propria esistenze nel partner, nei figli, nei colleghi, negli amici.
Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli per i capelli.
Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino, pagare le bollette o rifare i letti e le lavatrici.
Ma le responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità.
Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era frustrata e le puzzava il fiato.
Sembrano adulti ma non lo sono affatto.
Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi le mani le ha temute.
Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione.
Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa.
Un bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria.
L’odio potrebbe scoppiare ciclicamente o attendere a lungo per una sola e violenta detonazione, altri preferiscono implodere, mutilando anima e corpo, pur di non vedere.
Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza.
Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.
Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza.”
Emily Mignanelli

12/08/2025
12/08/2025
12/08/2025
12/08/2025

Un libro che ho trovato particolarmente interessante, soprattutto per come sviluppa il concetto di “paura della dipendenza”.

“La dipendenza è percepita come pericolosa perché implica la possibilità della privazione. Può allora emergere un desiderio irrealizzabile di autosufficienza individuale, e in certe condizioni si può indulgere nell’illusione di una libertà indipendente, solo per il piacere stesso dell’illusione.”

Questa paura della dipendenza è incarnata in modo esemplare dalla figura di Don Giovanni, che Melanie Klein descrive così:
“Ho scoperto che il tipico Don Giovanni, nelle profondità della sua psiche, è ossessionato dal terrore della morte delle persone amate. Questa paura esploderebbe violentemente, manifestandosi in sentimenti di depressione e in una grande sofferenza mentale, se egli non vi opponesse una particolare difesa: la sua infedeltà.”

La paura della dipendenza, così diffusa nella nostra epoca, spinge molti a rifugiarsi nell’illusione dell’autosufficienza emotiva, ma il vuoto di legami autentici viene spesso colmato con un consumo seriale di relazioni, che maschera il bisogno negato sotto la parvenza di libertà.

Temere la dipendenza è umano: significa temere la perdita, l’abbandono, il dolore del legarsi a ciò che non possiamo controllare. È una paura che merita ascolto, non giudizio. Ma restare imprigionati in questa difesa ci condanna a una solitudine travestita da libertà.
Solo attraversandola possiamo riscoprire che avere bisogno non è una fragilità, ma la via che rende possibile l’ incontro con l’altro.

16/07/2025

Il CRITICISMO GENITORIALE è caratterizzato da un ricorso ripetitivo e pervasivo al rimprovero.

L’amore manifestato dai genitori è condizionato alla performance del bambino e le approvazioni sono INCONSISTENTI;
il bambino non si sente mai soddisfatto perché il suo comportamento non è mai abbastanza corretto per guadagnare l’approvazione dei genitori e attua uno SFORZO continuo per ottenerla.

Il bambino sviluppa così credenze di base su se stesso che possono riguardare la convinzione di incapacità personale, bassa autostima, propensione ad attribuzioni di COLPA e disorientamento personale con attitudine a costruirsi un’identità e stima di sé sulla base dell’opinione ALTRUI.

Il soggetto si adegua ad un criterio di valutazione esterno, normativo, favorendo così la formazione della tendenza sistematica all’autocritica tipica delle persone timide e degli ansiosi sociali.

Questo tipo di comunicazione “inferiorizzante” è un potente strumento di CONTROLLO del comportamento dell’altro che lo fa sentire DIPENDENTE e quindi bisognoso di approvazione.
Questo atteggiamento aumenta dunque l’autostima del rimproveratore che recupera POTERE nella relazione.

Gli adolescenti che subiscono un parenting controllante hanno più probabilità di sviluppare un orientamento al PERFEZIONISMO MALADATTIVO (caratterizzato da autovalutazioni negative), che a sua volta li rende più vulnerabili ai sintomi depressivi.

L’autocritica può risultare come strategia impiegata per correggere continuamente se stessi e quindi evitare la possibilità di ricevere critiche da altri e dover far fronte al relativo dolore emotivo.

L’autocritica sembra essere una delle più considerevoli componenti PATOLOGICHE del perfezionismo.

La dipendenza dai criteri normativi con la continua preoccupazione che il proprio comportamento sia giusto o sbagliato è riscontrabile nel disturbo ossessivo-compulsivo.

In queste persone il senso di responsabilità e timore della colpa è talmente forte da non poter essere immaginato, affrontabile.

Sembra esserci una trasmissione intergenerazionale del criticismo (come una sorta di stato mentale appreso): nella pratica clinica si è potuto osservare che coloro che sono stati fortemente rimproverati fin da piccoli dai genitori, o da chi si è preso cura di loro, tendono a loro volta a diventare “grandi rimproveratori”.

Il criticismo genitoriale è un fattore predisponte anche nei disturbi del comportamento alimentare e nel disturbo bipolare.

[Articolo tratto dal sito "State of Mind"]

È a causa del criticismo genitoriale che si cresce inconsciamente convinti di dover essere perfetti per Vivere.
Risultato? Una depressione esistenziale con sintomi sempre più pervasivi e insidiosi, come base.

Indirizzo

Cortile S. Anna, 5 (Via Brescia) Erice/Casa Santa
Trapani
91016

Orario di apertura

Lunedì 08:30 - 21:00
Martedì 08:30 - 21:00
Mercoledì 08:30 - 21:00
Giovedì 08:30 - 21:00
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Telefono

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