01/11/2025
Era la vigilia di Halloween e nella città di Lunaria accadde una cosa mai vista: i gatti neri si misero in sciopero. E quando i gatti neri scioperano, le ombre smettono di comportarsi come dovrebbero.
Tutto cominciò quando Nerofumo, un gatto nero con un ciuffo bianco sulla punta della coda, convocò una riunione straordinaria nel vicolo dietro la pizzeria "Da Gennaro".
L'ora: mezzanotte e tredici minuti. Il numero tredici era intenzionale.
Nerofumo aveva un certo senso dello spettacolo.
La luna era così piena che sembrava sul punto di scoppiare. I lampioni tremavano come se avessero freddo.
"Compagni felini!" miagolò dal tetto del cassonetto dell'umido, e la sua voce echeggiò in un modo che i vicoli normalmente non permettono. "Trecentosessantaquattro giorni all'anno la maggior parte degli umani ci evita accuratamente, cambia marciapiede, fa scongiuri, ci lancia il sale! E poi arriva Halloween e improvvisamente siamo INDISPENSABILI! Vogliono farci indossare cappellini! Vogliono SELFIE con noi! L'anno scorso," e qui la sua voce si fece cupa, "l'anno scorso ho visto Zampanera costretto a indossare un TUTÙ."
Un ululato di orrore si levò dall'assemblea.
"Un tutù VIOLA" precisò Nerofumo, e diversi gatti svennero.
"E a me," intervenne Mezzanotte (una gatta così nera che quando chiudeva gli occhi al buio spariva letteralmente, lasciando solo il vuoto e un vago profumo di sardina), "a me hanno spruzzato del GLITTER. GLITTER! Ci ho messo tre settimane a leccarmi via tutto. Brillavo al buio come una discoteca ambulante. Gli altri gatti mi evitavano. I topi ridevano di me. I TOPI!"
"Io," disse Ombra con voce tremante, "ho subito l'umiliazione definitiva. Mi hanno messo le ORECCHIE DA CONIGLIO. Da coniglio! I miei antenati hanno cacciato bestie attraverso le foreste della Transilvania! Mio nonno ha spaventato un vampiro! UN VAMPIRO! E io finisco con orecchie rosa."
Carbonella si alzò sulle zampe posteriori. "E sapete qual è la cosa peggiore? Dopo Halloween, PUFF, torniamo invisibili. Gente che ti coccola il 31 ottobre il primo novembre attraversa la strada terrorizzata. Ho tenuto un registro: la signora Bettini mi ha fotografato 47 volte il 31 ottobre. Il primo novembre mi ha tirato una ciabatta."
Un silenzio tombale calò sul vicolo. Anche i ratti nei tombini smisero di rosicchiare. Un corvo sul tetto gracchiò qualcosa che suonava sospettosamente come "Scioperare! Scioperare!".
Nerofumo batté la coda sul cassonetto. Il metallo risuonò con un CLANG che fece tremare le finestre. Tre televisori nelle case vicine si spensero simultaneamente senza motivo.
"Quest'anno," disse con voce che non ammetteva repliche, "spariremo. Ma non in modo normale. Spariremo in un modo che gli umani NON dimenticheranno. Voglio che ogni umano di Lunaria si chieda: 'Ma dove sono finiti?' E soprattutto," e qui i suoi occhi brillarono di un verde malizioso, "voglio che si PREOCCUPINO."
"Tipo film horror?" chiese Carbonella, entusiasta.
"Tipo film horror diretto da un gatto con senso dell'umorismo" confermò Nerofumo.
Il 31 ottobre, alle cinque del pomeriggio, in tutta Lunaria non si trovava un solo gatto nero.
Ma c'erano i SEGNI.
Impronte di zampa sulla parte INTERNA delle finestre chiuse. Ciotole del latte che si svuotavano da sole nei giardini. Ombre feline che scivolavano sui muri anche quando il sole era tramontato e non c'era più niente da proiettare.
La signora Rossi giurava di aver visto occhi gialli nel fondo del suo pozzo.
Al parco giochi, tutte le altalene dondolavano sincronizzate anche senza vento, come se gatti invisibili ci stessero giocando. Nella biblioteca, i libri su gatti dell'antico Egitto erano tutti aperti alla stessa pagina, quella che parlava di "Bastet, la dea vendicativa". Il bibliotecario era convinto di non averli toccati. Anzi, era SICURO di non averli toccati perché quella mattina la biblioteca era chiusa e lui aveva le chiavi.
Le uniche chiavi.
I bambini travestiti da maghetti tenevano in braccio peluche di gatti neri che avevano comprato in fretta e furia, ma i peluche sembravano giudicarli con i loro occhi di plastica. Una bambina di nome Gioia buttò il suo in un cespuglio perché "mi guardava strano" e "non mi piaceva come era curvato l'angolo della bocca, sembrava che sapesse qualcosa che io non so."
I gatti NON neri di Lunaria erano terrorizzati. Si erano barricati in casa, sotto i letti, dentro gli armadi. Un gatto tigrato di nome Tigro si era infilato in una scatola di scarpe da bambino e si rifiutava di uscire. "Quando spariscono COSÌ," miagolava con voce strozzata, "significa che stanno ORGANIZZANDO qualcosa. So come funziona. L'ultima volta che i gatti neri di Lunaria si sono organizzati, l'epidemia di topi del '96 finì in tre giorni. TRE GIORNI. E i topi non sono MAI più tornati in centro. MAI."
Alle nove di sera, il sindaco Gerolamo Pasticci convocò una riunione d'emergenza. Proprio mentre entrava nella sala consiliare, tutte le luci si spensero per esattamente sette secondi. Sette. Non otto, non sei. Sette. Quando si riaccesero, sulla lavagna dietro di lui c'era disegnata un'enorme zampa felina con artigli estesi. Il disegno era fatto con il gesso rosso.
L'unico gesso rosso era nell'armadio chiuso a chiave dell'ufficio del sindaco. Al terzo piano.
"Dov-dove sono i gatti?" balbettò l'assessore Bianchi, che era diventato effettivamente bianco.
Come in risposta, dalla strada arrivò un coro di miagolii feroci. Ma quando tutti corsero alla finestra, la strada era vuota. Solo nebbia.
E impronte. Impronte che apparivano sul marciapiede bagnato, una dopo l'altra, come se qualcosa di invisibile stesse camminando.
"DOBBIAMO TROVARLI!" urlò il sindaco, e la sua voce si incrinò. "Prima che... prima che..."
Un graffio. Sulla porta della sala consiliare. Dall'esterno.
Tutti si girarono.
La porta si aprì lentamente. Cigolando.
Non c'era nessuno.
Solo una corrente d'aria fredda che sapeva vagamente di pesce.
Nel frattempo, nel Palazzo Abbandonato sulla collina, i gatti neri stavano organizzando la festa più spettacolare della storia felina.
Avevano trovato candele nere in cantina e le avevano disposte ovunque, creando ombre danzanti che sembravano avere vita propria. Alcuni gatti più anziani raccontavano storie dell'epoca in cui i gatti erano adorati come divinità, e le loro voci echeggiavano nelle stanze vuote con un'autorità soprannaturale.
"Sapete cosa facciamo?" propose Ombra, con gli occhi che brillavano come fari verdi. "Mentre aspettiamo che gli umani capiscano, ci vestiamo da LORO. Così vedono quanto fanno ridere."
E così i gatti iniziarono la parodia più terrificante mai vista. Si misero a camminare sulle zampe posteriori in modo goffo e ridicolo, a dire cose come "Guarda il mio nuovo iPhone ha una fotocamera in più!" e "Devo assolutamente postare questo!" e "I gatti? No, non li capisco proprio, sono così MISTERIOSI."
Carbonella fece un'imitazione della signora Bettini che era così accurata e straziante che anche i fantasmi che abitavano il palazzo (ce n'erano tre: un cavaliere del 1400, una suora del 1600, e un commerciante del 1800) applaudirono. Poi si ritirarono in soffitta perché "questi gatti fanno più paura di noi."
Un pipistrello entrò dalla finestra, vide la scena, disse "Ok, questo è disturbante anche per me" e volò via confuso.
Alle dieci di sera, mentre la nebbia saliva dalla valle come dita gelide, Gennaro il pizzaiolo decise di agire. Era l'unico umano di Lunaria che:
1. Non aveva mai cambiato marciapiede vedendo un gatto nero
2. Lasciava sempre una ciotola d'acqua fuori dalla pizzeria
3. E, cosa più importante, una volta aveva visto Nerofumo salvare un gattino caduto in un canale, e sapeva che sotto tutta quella teatralità c'era... beh, ancora più teatralità, ma anche un cuore.
Preparò dodici pizze margherita (ancora fumanti, con il basilico fresco) e prese il vecchio megafono arrugginito che suo nonno aveva usato durante gli scioperi operai del '68.
Salì verso il Palazzo Abbandonato.
La strada era avvolta nella nebbia. Sentiva passi dietro di sé - passi morbidi, ovattati, come di zampe - ma ogni volta che si girava non c'era nessuno. Solo impronte bagnate che apparivano sul sentiero dopo che lui era passato.
Arrivò davanti al palazzo.
Le finestre brillavano di una luce verdastra, pulsante, come un cuore alieno. Da dentro veniva una versione miagolata di "Thriller" che era simultaneamente comica e profondamente inquietante.
Gennaro alzò il megafono. "GATTI! HO UNA PROPOSTA!"
Silenzio.
Poi, lentamente, le luci si spensero una dopo l'altra.
Poi si riaccesero tutte insieme.
Cento paia di occhi gialli apparvero alle finestre.
La porta principale si aprì da sola con un cigolio che durò, ancora una volta, esattamente sette secondi.
Nerofumo apparve sulla soglia. Indossava un mantello nero (trovato in soffitta, probabilmente appartenuto al cavaliere fantasma) e si era messo una candela sopra la testa in equilibrio. La candela non cadeva. Non si sa come.
"Umano Gennaro," disse con voce profonda e rimbombante che sicuramente aveva provato davanti allo specchio, "sei coraggioso o stupido?".
"Un po' tutti e due" ammise Gennaro. "Ma ho dodici pizze e una proposta. Possiamo parlare?"
Nerofumo annusò l'aria. "Origano fresco?"
"Freschissimo."
"Mozzarella di bufala?"
"Di Caserta."
La candela sulla testa di Nerofumo tremolò. "Entra. Ma lentamente. E non pestare Zampanera, gli piace sdraiarsi nell'ombra del corridoio ed è praticamente invisibile."
E così, in quella notte di Halloween, sul tetto del Palazzo Abbandonato illuminato da cento candele nere che puzzavano di zolfo (ma in senso buono, quasi festoso), umani e gatti si sedettero a un tavolo per trattare.
Gli umani: sindaco Pasticci (che continuava a controllare dietro le spalle ogni trenta secondi), Gennaro il pizzaiolo, la maestra Rossella (che insegnava lettere e aveva letto abbastanza Poe da sapere come andavano queste cose), e il dottor Bislacchi (veterinario, presente in qualità di "esperto di gatti" anche se i gatti presenti erano MOLTO più esperti di lui).
I gatti: Nerofumo (mantello, candela sulla testa, espressione da negoziatore sindacale dell'800), Mezzanotte (che ogni tanto spariva lasciando solo gli occhi), Carbonella, Ombra, e dietro di loro l'intero Sindicato dei Gatti Neri - circa cinquanta gatti le cui ombre sulla parete erano grandi il doppio di loro.
Il vento ululava nelle crepe del palazzo pronunciando parole che sembravano "diritti" e "tonno" e una volta, distintamente, "vendetta".
"Bene," disse Nerofumo, aprendo la trattativa. "Noi vogliamo rispetto. Tutto l'anno. Non solo quando fa comodo".
"Definisci rispetto" disse il sindaco, cercando di sembrare professionale nonostante una candela dietro di lui si fosse appena spenta soffiando fumo verde.
"Niente più attraversamenti di strada. Niente più sale tirato. Niente più 'ohhh un gatto nero che sfortuna'. E SOPRATTUTTO," e qui Nerofumo batté una zampa sul tavolo facendo tremare tutte le candele, "divieto ASSOLUTO di vestiti, cappellini, tutù, ali, orecchie da coniglio, e qualsiasi altra cosa che umili la nostra dignità felina".
"Ci sta" disse Gennaro. "E in cambio?"
"In cambio?" Mezzanotte rise. Era una risata strana, quasi umana. "In cambio non faremo altre cose inquietanti. Le impronte nei posti impossibili? I miagolii dalle stanze vuote? Le ombre che si muovono da sole? Indovina."
Il sindaco impallidì. "State... state minacciando la cittadinanza?"
"Noi?" Nerofumo finse innocenza. "Noi siamo solo gatti. Piccoli, morbidi, dolci gattini." Quando pronunciò "gattini" la sua ombra sulla parete divenne grande come quella di una tigre. "Ma sai com'è. A volte, quando non si è rispettati, si diventa CREATIVI."
Un lungo silenzio.
Poi la maestra Rossella, che aveva capito il gioco, disse: "Ok, ma voi dovete smetterla di rovesciare i vasi alle tre di notte."
Carbonella fischiò. "Quello è GENETICO. Non possiamo."
"Almeno dopo mezzanotte" contrattò la maestra.
I gatti si consultarono in un angolo, formando un cerchio perfetto. I loro sussurri erano infrasuoni, quasi impercettibili. Le candele tremarono. Una finestra si aprì da sola. Un corvo entrò, ascoltò per dieci secondi, annuì, e volò via.
Nerofumo tornò al tavolo. "D'accordo. Niente vasi dopo mezzanotte. Ma vogliamo:
- Crocchette premium
- Salmone norvegese ogni venerdì
- Accesso a tutti i vicoli
- Quattordici cuscini strategici in città
- Pensione di anzianità in tonno rosso
- E protezione totale: chiunque maltratti un gatto nero, avrà conseguenze."
"Che tipo di conseguenze?" chiese nervoso il dottor Bislacchi.
Tutti i gatti sorrisero simultaneamente. I gatti non dovrebbero poter sorridere, ma loro lo stavano facendo.
"Diglielo tu, Ombra" disse Nerofumo.
Ombra si alzò sulle zampe posteriori (cosa che i gatti non dovrebbero poter fare stabilmente, ma lui lo stava facendo) e disse: "Piccole cose. La sveglia che suona un'ora prima. Le chiavi che spariscono. Il latte nel frigo che sa sempre un po' strano. Quel rumore sotto il letto. Quella sensazione di essere osservati. Per sempre."
"È... è legale?" balbettò il sindaco.
"È molto grigio" ammise Nerofumo. "Come noi."
Dopo due ore di negoziazione, quattro pizze, dodici candele consumate, e un momento in cui TUTTI giurarono di aver visto un sesto gatto al tavolo anche se i rappresentanti erano solo cinque (e quando lo fecero notare, il sesto gatto sbatté le palpebre e svanì), l'accordo fu scritto su un rotolo di pergamena che Mezzanotte aveva trovato in cantina (datato 1587, ma ancora utilizzabile).
IL TRATTATO DI LUNARIA
(tra umani e gatti neri, valido in perpetuo, pena maledizioni varie)
Articolo 1: I gatti neri vanno rispettati 365 giorni l'anno. Niente superstizioni, niente sale, niente idiozie.
Articolo 2: Divieto di vestirli senza consenso scritto a zampa. Violazione = sfortuna pesante.
Articolo 3: Ad Halloween, partecipano solo i gatti che vogliono. Solo foto dignitose. Niente tutù, MAI.
Articolo 4: Gatti non rovesciano vasi tra mezzanotte e sei (tranne luna piena, forza maggiore).
Articolo 5: Menu: crocchette premium quotidiane, salmone norvegese il venerdì, pensione di tonno rosso.
Articolo 6: Quattordici cuscini morbidi distribuiti strategicamente in città. Posizioni scelte dai gatti.
Articolo 7 (aggiunto da Nerofumo con artiglio intinto nell'inchiostro): I gatti neri non portano sfortuna. Portano quello che uno si merita. Meditate, umani.
Tutti firmarono. I gatti con impronte di zampa che sembravano sigilli arcani. Gli umani con penna tremante.
Quando l'orologio della piazza batté mezzanotte, i gatti neri di Lunaria riapparvero.
Non gradualmente. Tutti insieme. Simultaneamente.
Materializzandosi dalle ombre come se fossero sempre stati lì, solo invisibili.
Sfilarono per le strade avvolte nella nebbia con una dignità che fece ve**re i brividi. Alcuni si fermarono a posare per foto, ma solo nelle posizioni che sceglievano loro: su lapidi (finte), davanti a zucche illuminate, seduti su scope con aria da giudici supremi.
Un bambino vestito da mago chiese a Nerofumo: "Ma tu... tu sei un vero gatto magico?"
Nerofumo lo guardò con quegli occhi verdi che sembravano vedere oltre. "Che ne pensi?"
"Penso... penso di sì."
"Bravo. Sei intelligente. I gatti magici apprezzano l'intelligenza." E gli lasciò accarezzare la testa. Una volta. Non di più.
Gennaro, dalla sua pizzeria, osservava la scena. Nerofumo era tornato al suo cuscino di velluto rosso (posizione d'onore conquistata), mangiava salmone norvegese, e ogni tanto chiudeva gli occhi soddisfatto.
"Allora?" chiese Mezzanotte, accoccolata accanto. "Valeva la pena tutto questo teatro?"
"Teatro?" Nerofumo finse offesa. "Quello era STRATEGIA. Azione sindacale. Consapevolezza di classe."
"Ammettilo, ti sei divertito con le ombre, le impronte, le candele..."
"Ok, forse un po'. Ma la sostanza resta: abbiamo ottenuto rispetto. Questo è quello che conta."
"E il mantello? Te lo tieni?"
Nerofumo guardò lontano, pensieroso. "Forse per le occasioni speciali".
In quel momento, un piccione passò camminando davanti alla pizzeria. Nerofumo lo fissò intensamente. Il piccione, invece di volare, accelerò il passo sempre più velocemente, in preda al panico, finché sbatté contro un palo della luce, rimbalzò indietro, si rialzò confuso, e scappò zampettando ancora più veloce.
"Visto?" disse Nerofumo. "Quello è rispetto. Paura e rispetto. La combinazione perfetta."
"O forse è solo un piccione particolarmente stupido."
"Lasciami avere il mio momento."
E tutti i gatti neri di Lunaria fecero le fusa all'unisono, creando un ronzio così profondo che fece vibrare le finestre, spaventò i fantasmi (che decisero di prendersi una settimana di vacanza), e fece tremare leggermente il terreno come se la città stessa stesse ronzando di approvazione.
Nel frattempo, in una cantina buia poco lontana, un vecchio libro di superstizioni si chiuse da solo. Dalla copertina in cuoio emerse fumo nero.
- C. Paradosso -
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P.S.
Buon halloween a tutti 👻