Dottoressa Sara Larice

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< In conseguenza alla rilevanza statistica che vede la donna vittima di violenza agita dall’uomo, la letteratura vigente...
25/11/2025

< In conseguenza alla rilevanza statistica che vede la donna vittima di violenza agita dall’uomo, la letteratura vigente ha ipotizzato che alla base di questi drammatici fenomeni potesse esserci qualcosa di legato al genere: il genere femmina contrapposto al genere maschio.
Questa interpretazione viene solitamente intesa (purtroppo non solo dai profani..) come “il maschio che nasce con una sorta di innata tendenza alla dominanza e all’aggressività e la femmina che nasce, invece, con una sorta di innata tendenza alla sottomissione e alla dolcezza“.> (p. 4)
In occasione della ricorrenza del 25 novembre, condivido le parole della Dott.sa Baiocchi, tratte dal suo libro su un tema sempre attuale ma delicato da comprendere e interpretare, quello dei rapporti di potere e di violenza sul più debole.
< Sulla scia di queste riflessioni, diventa una coerente conseguenza intendere la Violenza e la Prevaricazione, un fenomeno che miete vittime tra gli Esseri Viventi che si trovano in una situazione di Debolezza, indipendentemente dal genere, dalla razza, dall’età, dalla natura: il comun denominatore di tutte le Vittime è quello di essersi trovate in un ruolo di Debolezza rispetto ai loro Interlocutori-Carnefici.> (pp. 18-19)
Quindi, subire violenza si lega alla posizione di fragilità e debolezza in cui ci si viene a trovare nel contesto di relazione, su base psicologica, ambientale, culturale, sociale e infine anche biologica.
< A causa dell’Analfabetismo Psicologico, chiunque, trovandosi nella posizione di poterlo fare (ruolo del più forte) tende a prevaricare l’Interlocutore Debole: notoriamente gli Uomini, ma anche le Donne, ogniqualvolta vengono a trovarsi in una qualche posizione di dominanza nei confronti delle altre donne, di uomini gentili, di bambini, anziani e animali.> (p. 19)
Sarebbe quindi “l’Analfabetismo Psicologico”, con cui si intende una “non sufficiente conoscenza della Psiche” umana (p.5), che va ben oltre il sesso e il genere, a produrre credenze e atteggiamenti violenti.
Un buon uso della psicologia consiste nella diffusione di conoscenze valide e chiare a servizio dell’essere umano, atte a prevenire ogni forma di violenza.

‘A mio avviso, questo “rischio” non esiste, perché l’odio legittimo che è stato vissuto e compreso si dissolve e lascia ...
17/11/2025



‘A mio avviso, questo “rischio” non esiste, perché l’odio legittimo che è stato vissuto e compreso si dissolve e lascia in noi lo spazio per altre emozioni, a meno che ci si costringa a coltivare relazioni non gradite. In tal caso si ricade in una dipendenza che riproduce l’impotenza del bambino maltrattato. E proprio questa impotenza è stata all’origine dell’odio.
(..) L’animo del bambino aveva bisogno dell’amore dei suoi genitori per sopravvivere e aveva anche necessità di illudersi di essere amato per non rendersi conto di crescere in un deserto emotivo. L’adulto però può vivere con la sua verità, e il suo corpo gliene è riconoscente. In realtà, non è solo possibile, ma in certi casi è assolutamente necessario perdere quest’ “amore” o rinunciarvi deliberatamente, perché una persona che alla fine è in grado di capire il bambino che era non può amare il suo aguzzino senza mentire a se stesso. L’idea di essere legati mani e piedi a quell’amore corrisponde a una visione infantile. L’adulto è libero di investire il suo amore là dove egli possa vivere ed esprimere i suoi veri sentimenti senza doverne soffrire.
(..) La compassione del bambino non cambierà nulla nella depressione della madre, finché quest’ultima negherà la sofferenza che ha provato nella propria infanzia. (..) ma un figlio che continua a dedicarsi ai propri genitori può distruggersi la vita. La premessa per una vera compassione verso l’altro è solo provare empatia verso il proprio destino, un sentimento che il bambino maltrattato non ha mai potuto sviluppare. Egli era invece costretto a non avvertire la propria sofferenza. Se un bambino deve imparare a reprimere le proprie emozioni perde ogni capacità di provare empatia verso se stesso e di conseguenza verso gli altri.’

(pp. 88-90)

“Lo scopo della terapia è raggiunto quando il paziente ha riacquistato la sua vitalità, grazie all’elaborazione sul pian...
27/10/2025

“Lo scopo della terapia è raggiunto quando il paziente ha riacquistato la sua vitalità, grazie all’elaborazione sul piano emotivo della sua storia infantile. Per quanto riguarda poi le decisioni del singolo (..) esse restano affar suo.
(..) Ma colui che abbia ripetutamente vissuto a livello cosciente le manipolazioni e i danni subiti da bambino e il desiderio di rivalsa che essi hanno lasciato in lui, sarà in grado di smascherare più rapidamente le manipolazioni e avrà egli stesso molto meno bisogno di manipolare a sua volta gli altri. (..)
Un simile individuo, cresciuto sulla base di esperienze vissute, non si lascerà più abbindolare da parole seducenti e incomprensibili. E infine chi ha sofferto consciamente il proprio destino in tutta la sua tragicità, sarà molto più attento e pronto a cogliere la sofferenza nell’altro, quand’anche questi sia ancora costretto a ignorarla. Chi è in grado di prendere sul serio i propri sentimenti, non potrà prendersi gioco di quelli altrui, quale che sia la loro natura. Spezzerà finalmente il circolo vizioso del disprezzo.
Le conseguenze di tale evoluzione non sono soltanto personali e familiari, ma anche politiche. Coloro che hanno riscoperto il loro passato, che hanno appreso nella terapia a chiarire i loro sentimenti e a cercarne le cause reali, non si trovano costretti a spostare la loro collera su persone innocenti, al fine di risparmiare quelli che tale collera hanno davvero meritato, ma sono in condizione di odiare ciò che è odioso e amare ciò che è degno di essere amato. Poiché osano conoscere chi ha meritato il loro odio, si possono trovare a proprio agio nella realtà, senza essere vittime della cecità del bambino maltrattato che deve risparmiare i suoi genitori e necessita perciò di capri espiatori.
(..) Vivere intensamente le emozioni è un’esperienza liberante non solo perché può “scaricare” il corpo che si presenta contratto sin dall’infanzia, bensì soprattutto perché ci apre gli occhi di fronte ai fatti reali, ci libera dalle illusioni, ci restituisce ricordi rimossi e spesso fa scomparire i nostri sintomi. Si tratta perciò di un’esperienza anche fortificante e di crescita.”
(pp.112-114)

“La questione riguarda la condizione della donna, come pure quelle dell’uomo e del loro rapporto con le ormai numerose i...
17/05/2025

“La questione riguarda la condizione della donna, come pure quelle dell’uomo e del loro rapporto con le ormai numerose identità e orientamenti di genere che si stanno delineando nei profili dell’umano. È verso il riconoscimento del diritto di essere se stessi e della libertà di procedere lungo un cammino che porta alla piena auto-realizzazione che si dirige questo nostro viaggio che mira alla definizione di un aspetto estremamente critico nei rapporti di genere: l’uso culturale che viene fatto delle dimensioni del “naturale” e dello “spirituale” e di come esse vengano assolutizzate, spacciandole per necessarie le connotazioni e le relazioni, quando invece si tratta solo di banali categorie retoriche funzionali al mero mantenimento dei vantaggi di una minoranza privilegiata, che se lasciata fare porta il mondo alla rovina con guerre e indifferenza verso gli equilibri del pianeta.”

(Ibi, p. 37)





“La psicoanalisi ha rinunciato alla pretesa di poter apprendere come la persona è “davvero”, anzi l’idea stessa di una v...
25/04/2025

“La psicoanalisi ha rinunciato alla pretesa di poter apprendere come la persona è “davvero”, anzi l’idea stessa di una verità da svelare, come un archeologo in cerca di una città sepolta, non appartiene più al nostro paradigma scientifico. Questa può apparire come una ferita non di poco conto per il nostro narcisismo, che si nutre della sensazione di essere competenti, ma per fortuna c’è dell’altro.
(…) quasi tutti siamo abituati a basare la nostra vita su certezze che ci guidino. (…) l’altra faccia della medaglia è che ci stiamo disabituando all’incertezza.
(…) che cosa ha a che fare tutto ciò con il sogno?
Prestare attenzione ai sogni è un primo passo verso il fidarsi di sé, ascoltare i messaggi che vengono dal proprio mondo interiore non come se fossero inutili fantasticherie, ma come rappresentazioni vive di noi e della vita che stiamo portando avanti. Proprio a causa dell’incertezza di ogni interpretazione, siamo costretti ad accettare di non comprendere subito, o fino in fondo, quel che si muove dentro di noi.”
(pp. 103-104)

“Uno dei paradossi della vita psichica degli esseri umani riguarda il fatto che, nonostante comprendersi sia così diffic...
30/12/2024

“Uno dei paradossi della vita psichica degli esseri umani riguarda il fatto che, nonostante comprendersi sia così difficile, dentro di noi esiste una motivazione, la motivazione intersoggettiva, a incontrare l’altro mentalmente, a raggiungere un’intimità psicologica. La motivazione intersoggettiva permette la creazione di stati di connessione mentale (wemode) che consentono di sperimentare una sensazione di comprensione e di sicurezza. La motivazione intersoggettiva, a differenza di altre motivazioni interpersonali come l’attaccamento, è però sempre presente - magari con gradienti differenti. Da ciò consegue che, anche nei momenti di rottura relazionale, quando la possibilità di comunicare e comprendersi è ridotta al minimo, ogni percezione diventa conscia al fine di poter essere comunicata e compresa da un’altra mente.
La motivazione intersoggettiva per poter attuarsi e raggiungere la sua meta, la vicinanza mentale con l’altro, ha però bisogno di una funzione psicologica, la mentalizzazione, che rappresenta la capacità mentale di interpretare il proprio e altrui comportamento in termini di stati mentali intenzionali.
La mentalizzazione si caratterizza tanto per una componente di tratto, come caratteristica stabile del funzionamento di un individuo, quanto per una componente di stato.
La mentalizzazione, infatti, dipende in parte anche dalla mentalizzazione dell’altro con il quale stiamo interagendo. Questa caratteristica dell’altro conduce a due conseguenze. La prima è che possiamo influenzare la mentalizzazione dell’altro con il quale stiamo interagendo, per esempio un paziente, incrementando la sua mentalizzazione. La seconda è che possiamo essere influenzati negativamente da una mentalizzazione deficitaria da parte dell’altro o viceversa noi stessi possiamo influenzare negativamente la sua capacità mentalizzante.”

(pp. 14-15)

19/11/2024

Sabato 5 ottobre 10:30-12:00Corso Sebastopoli 286, TorinoPresentazione del libro:“Menti che si svelano: caratteristiche ...
02/10/2024

Sabato 5 ottobre 10:30-12:00
Corso Sebastopoli 286, Torino

Presentazione del libro:

“Menti che si svelano: caratteristiche e funzioni della self-disclosure dell’analista” in videoconferenza con il Dott. Giuseppe Craparo, Psicologo e Psicoanalista, Docente Universitario.
Moderano l’incontro il Dott. Filippo Bellavia e la Dott.ssa Sara Larice

Ingresso gratuito, prenotazioni via mail info@istitutoforbas.it o telefonando al +393791013164

Menti che si svelano Autore Sara Larice on 01 October 24 "Menti che si svelano: Caratteristiche e funzioni della self-disclosure dell’analista" di Giuseppe Craparo, edito da Franco Angeli, è un libro diviso in due parti.Nella prima l’autore da spazio ad una rassegna approfondita sulla relazione...

08/09/2024
FINALMENTE SI DA CONTEZZA ALLE ORFANE BIANCHE- Voi cosa siete, madri o figlie?•…figlie.- E allora perché comandate?• non...
13/08/2024

FINALMENTE SI DA CONTEZZA ALLE ORFANE BIANCHE

- Voi cosa siete, madri o figlie?
•…figlie.
- E allora perché comandate?
• non comandiamo, suor Modestina. Noi guidiamo. Le nostre sono madri bambine.
- Madri bambine, bene. Da quando?
• In coro: “Da quando siamo nate noi!”
- Allora voi siete come orfane? Giusto?

(p. 225)

“Straziante è sentirci abbandonare da chi ci ha amati. Ogni giorno un pezzetto: dapprincipio è sbadataggine - non afferra la mano - assenza - sarà malinconica? - dimenticanza - il nome - confusione - una parentela scambiata, negata. Si chiama demenza senile. Adesso, assai frequentemente, Alzheimer - come volete, ci si è intesi. Ma, se quella distanza che aumenta non è mai stata una prossimità, allora non è lacerazione, strappo. Ma tragedia. Coesistenza di opposti. Ambivalenza. Poiché non c’è la separazione dalla fonte d’amore, ma dalla speranza di essere amati. Dalla possibilità di correggere, di riparare. Pazzia.
Le orfane sono eroine di una tragedia. Desiderare vendetta nei confronti di chi ci ha generati è un abominio. Uno stigma. Esse devono perdonare il loro aguzzino. Tenerlo in vita.
Non meritano il nostro scherno.”

(p. 237)

Come il lavoro psicoterapeuticomigliora l’adattamento modificando la morfologia cerebrale? Come esseri umani necessitiam...
10/02/2024

Come il lavoro psicoterapeutico
migliora l’adattamento modificando la morfologia cerebrale?

Come esseri umani necessitiamo di un un adattamento ad ambienti complessi e in continuo cambiamento, perciò abbiamo bisogno di fare delle scelte che comprendono un ampio range di opzioni.
Che si parli della selezione di cibo o di nutrimento affettivo, scegliamo dirigendo l’attenzione su differenti oggetti o situazioni, sia familiari o prevedibili che di maggiore novità o imprevedibili (e maggiormente sorprendenti).
Il nostro cervello necessita di costruire un repertorio di scenari di sopravvivenza, per bilanciare i probabili rischi con cui, come persone, dovremo confrontarci nel corso della nostra esistenza.
Di fronte alle novità abbiamo bisogno di fare delle previsioni di come andrà e di affinare la capacità di minimizzare l’errore di previsione, cosicché possiamo continuamente mettere in atto il riesame del rapporto tra gli “a priori” (ossia il significato attribuito all’esperienza sulla base dello stimolo in memoria), e gli “a posteriori” (ossia le rappresentazioni della realtà esterna e interna a seguito all’esperienza), e ciò incrementa l’adattamento.
Così l’energia mentale può essere legata in rappresentazioni stabili della realtà e quindi minimizzare l’errore delle nostre previsioni: questo processo è molto motivante e fonte di benessere.
Tuttavia quando siamo demotivati, oppure le nostre procedure di previsione sono compromesse da una scarsa capacità di rappresentabilità, gli stati affettivi negativi cronici possono predire la comparsa di una malattia psicologica.
La psicoterapia cerca di creare delle condizioni del tipo “duetto per uno” in cui anche la sorpresa, esperienza potenzialmente caotica e dolorosa in quanto contrapposta alla minimizzazione dell’errore, diventa ammissibile e piacevole:

“(..) se due persone in interazione suppongono reciprocamente che l’altro sia “simile” a sé, i confini energetici tra loro vengono temporaneamente smantellati. Essi costruiscono insieme un “cervello condiviso” (..) capace di inferenza attiva e di rivalutazione a priori e a posteriori.
(..) Mentre imparano l’uno dall’altro, l’architettura dei loro cervelli e i sistemi di memoria si modificano vicendevolmente.
La sincronia che ne consegue ricorda la nozione psicoanalitica di “terzo” (Ogden, 1994) ovvero un’idea, un sentimento, un’immagine che nascono da due partecipanti che si trovano in una condizione di intimità (..) e ai quali entrambi contribuiscono, ma che non appartengono a nessuno dei due. (..) Come hanno affermato Friston e Frith, (2015) questo produce un “duetto per uno” ovvero una narrazione collettiva che viene condivisa tra due agenti comunicativi (..).
(..) la presenza di un altro fidato il cui cervello possa essere temporaneamente “preso in prestito” libera colui che soffre dal proprio cronico errore di previsione. Nei casi in cui lo sviluppo procede agevolmente, questo altro sarà un genitore, un amico, un amante o un partner. Quando ciò non accade, questo ruolo viene svolto dallo psicoterapeuta.”

(Ibid., pp. 32-33)

«Distinguo tra dipendenze felici, che ci legano agli altri e ci permettono di prosperare, e dipendenze patologiche, che ...
18/01/2024

«Distinguo tra dipendenze felici, che ci legano agli altri e ci permettono di prosperare, e dipendenze patologiche, che ci isolano e ci avvelenano. L’obiettivo non è sradicare la dipendenza ma renderla meno tossica, evitando di cadere in insopportabili schiavitù. Dobbiamo pensare alle condizioni per una dipendenza felice e creativa che ci dia la sensazione di una vita intensa, perché connessa agli altri e all’ambiente. La dipendenza è un luogo di costruzione e realizzazione di sé ma anche di autodistruzione e alienazione. Prendiamo per esempio la dipendenza da amore. La dipendenza più forte e temuta non è quella da sostanze ma quella da qualcun altro. La dipendenza dall’amore è fonte di preoccupazione e dolore perché se perdo la persona amata mi sembra di perdere una parte di me stesso e di morire. Ma la dipendenza dalla persona amata può anche essere fonte di intensa gioia, mi arricchisce, mi accresce, mi espande».

Come incoraggiare quindi una dipendenza non patologica?

«Per favorirla, l’individuo deve imparare a elaborare esperienze come la mancanza, la separazione e la perdita. Il miglior baluardo contro le devastazioni della dipendenza e dell’assuefazione non è l’indipendenza, il distacco o l’indifferenza. Come se ne fossimo capaci, poi! Ma desiderare e amare veramente qualcuno o qualcosa, quasi sempre legata a qualcuno. Desiderare e amare davvero qualcuno ci espone all’incontro con un altro che non compensa le nostre mancanze. In questo modo, impariamo a sopportare la mancanza, a trasformare l’esperienza della mancanza in una fucina di creatività e sensibilità. La mancanza non è solo un’esperienza negativa».

https://www.avvenire.it/agora/pagine/viviamo-incapaci-di-dipendenze-felici?fbclid=IwAR3rU1oDve-iuatLQPJLLuIlsybRr-fvxlDRO-nHAZ7nQpIUzfVirLOfGC8_aem_AUjiWpSqjh5p8nVtWkRF0bx4sWxk5-nYeCBE0TP7i22a5fto2SbE_vMuJshrZS9SxzI

«È il dramma dell’Occidente capitalista. Siamo come adolescenti travolti da pulsioni consumiste autodistruttive e inestinguibili. Bisogna educare a vivere la perdita»

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