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La speranza non nasce dal pensiero positivo ma da un’esperienza emotiva: quella di essere stati tenuti, contenuti, compr...
12/11/2025

La speranza non nasce dal pensiero positivo ma da un’esperienza emotiva: quella di essere stati tenuti, contenuti, compresi almeno una volta.

Winnicott lo chiamava holding: la possibilità per il bambino di sentirsi accolto da una mente che lo pensa e lo sostiene, anche quando dentro è caos.
Quando questa esperienza viene interiorizzata, diventa una traccia viva: un luogo interno in cui il mondo non è più solo minaccia, ma possibilità.

Anche da adulti, è quella memoria inconscia di essere stati tenuti — anche solo per un po’ — a mantenere accesa la speranza che qualcosa di buono possa ancora accadere.

Senza quella impronta, il futuro non si immagina: si teme.
Con essa, invece, si può ricominciare a respirare.

Ti è mai capitato di sentire che qualcuno, in un momento difficile, ti ha “tenuto” davvero?

P.S.: manca un apostrofo al "po" finale...
Mi scuso per l'errore







Spesso non ci ammaliamo per ciò che viviamo ma per ciò che non possiamo permetterci di essere.Quando l’ambiente non acco...
11/11/2025

Spesso non ci ammaliamo per ciò che viviamo ma per ciò che non possiamo permetterci di essere.

Quando l’ambiente non accoglie la spontaneità del bambino, la mente costruisce un falso Sé per sopravvivere: educato, compiacente, capace di adattarsi a tutto — tranne alla propria verità.
Così cresciamo credendo di essere “funzionanti” ma dentro sentiamo una fatica sottile, una stanchezza dell’anima. È il peso delle aspettative introiettate: quel copione invisibile che ci fa dire sì quando vorremmo dire no.

La crescita psicologica comincia quando il Sé autentico, anche spezzato, inizia a chiedere spazio. Non per ribellarsi ma per tornare a vivere.

Ti è mai capitato di sentirti esausto non per ciò che fai, ma per il dover essere ciò che gli altri vogliono da te?







stessi

Non sempre desideriamo "soltanto" guarire.A volte desideriamo soltanto essere capiti, accolti, riconosciuti nel nostro d...
09/11/2025

Non sempre desideriamo "soltanto" guarire.
A volte desideriamo soltanto essere capiti, accolti, riconosciuti nel nostro dolore.

Kohut parlava del bisogno di rispecchiamento: quella fame antica di uno sguardo che non corregge, ma contiene.
È in quell’incontro che il dolore comincia, silenziosamente, a trasformarsi.

Come scriveva Bion, l’esperienza emotiva diventa pensabile solo quando qualcuno la può tenere insieme con noi.

In fondo, non cerchiamo solo la guarigione: cerchiamo un luogo psichico in cui il nostro sentire possa finalmente esistere.

💭 Ti è mai capitato di sentirti davvero accolto, senza bisogno di spiegarti?







C’è un momento, dopo la colpa, in cui non si può più tornare indietro.L’Io smette di difendersi e il Sé tenta di ricostr...
07/11/2025

C’è un momento, dopo la colpa, in cui non si può più tornare indietro.
L’Io smette di difendersi e il Sé tenta di ricostruire ciò che ha distrutto.
È la fase più fragile della vita psichica: quella in cui la mente deve accettare che la distruzione non si cancella ma si ripara.

Come scriveva Melanie Klein, il bisogno di riparare è l’atto più vitale del Sé: nasce dal dolore per aver ferito l’oggetto amato, e diventa la condizione stessa per tornare a vivere.

Winnicott aggiungeva che la riparazione non è "redenzione morale" ma ritrovamento dell’essere: poter esistere di nuovo dopo aver riconosciuto la propria distruttività.

Persino nelle rovine dell’Io — dice Bion — si accende la funzione del pensiero: il tentativo di trasformare il dolore in forma, l’odio in simbolo, la perdita in significato.

Anche le rovine hanno diritto alla luce.
Perché è proprio lì, dove la psiche accetta la propria ombra, che può finalmente cominciare a respirare di nuovo.

A volte pensiamo troppo non perché siamo particolarmente razionali ma perché stiamo cercando di non sentire.La ruminazio...
06/11/2025

A volte pensiamo troppo non perché siamo particolarmente razionali ma perché stiamo cercando di non sentire.

La ruminazione è una difesa: una forma di pensiero che gira a vuoto per tenere lontane emozioni troppo dense da contenere.

Come scriveva Bion, quando la mente non riesce a “digerire” l’esperienza emotiva, la trasforma in un flusso mentale continuo: parole al posto dei sentimenti, controllo al posto del contatto.

Solo quando possiamo smettere di capire e iniziare a sentire, il pensiero torna a respirare.

Il sogno non è solo un racconto notturno: ma un processo di trasformazione.Freud lo definiva “la via regia verso l’incon...
05/11/2025

Il sogno non è solo un racconto notturno: ma un processo di trasformazione.
Freud lo definiva “la via regia verso l’inconscio” ma già Bion ci invitava ad andare oltre: il sogno non serve a svelare un contenuto nascosto, serve a pensare ciò che la veglia non riesce a contenere.

Quando sogniamo, la mente tenta di metabolizzare l’esperienza emotiva grezza — ciò che Bion chiamava “elementi beta” — trasformandola in immagini, simboli, narrazioni: qualcosa di digeribile per il Sé.
È il modo in cui la psiche si prende cura di sé, come una madre che trasforma il pianto del neonato in significato.

Per Meltzer, il sogno apre uno spazio estetico: un luogo interno dove dolore e bellezza si fondono, e la mente può finalmente abitare il proprio mondo emotivo.

Ogden aggiunge che nel sogno “pensiamo noi stessi”, attraverso forme di pensiero primarie che anticipano la coscienza.
Così, ogni sogno — anche il più assurdo — ha una funzione vitale: mantenere in contatto parti della mente che la realtà, di giorno, tiene separate.
È la nostra attività psichica più intima, la soglia dove la perdita diventa simbolo e il caos torna forma.

Il sogno non ci parla in enigmi, ma in emozioni condensate.
E in quell’apparente confusione, la mente si cura da sola.

Il silenzio che segue la perdita non è semplice assenza di parole: è il luogo psichico in cui l’oggetto perduto continua...
04/11/2025

Il silenzio che segue la perdita non è semplice assenza di parole: è il luogo psichico in cui l’oggetto perduto continua a vivere dentro di noi.

Freud parlava del lavoro del lutto come di un processo che permette al soggetto di “sciogliere l’investimento” dall’oggetto amato. Ma, come ricordava M. Klein, non c’è mai un vero distacco: ogni separazione riattiva la posizione depressiva, quella zona interna in cui dolore e amore coesistono.

Nel silenzio, la mente smette di difendersi e inizia a sentire la mancanza. È ciò che Winnicott chiamava capacità di stare soli in presenza dell’altro: il momento in cui il Sé può respirare senza appoggiarsi, contenendo dentro di sé sia la perdita che la continuità dell’essere.

Come direbbe Bion, è solo attraversando il “non sapere” che si può pensare davvero.
Il silenzio, allora, diventa uno spazio di rêverie: un "grembo mentale" che trasforma il dolore in pensiero, e la mancanza in memoria viva.

Nella mente umana, la rabbia non è solo un’emozione “negativa”: è un grido che chiede di essere pensato.Quando l’Io non ...
03/11/2025

Nella mente umana, la rabbia non è solo un’emozione “negativa”: è un grido che chiede di essere pensato.
Quando l’Io non riesce a contenere l’intensità del vissuto, la rabbia viene espulsa — proiettata all’esterno come frammento non pensabile, come ciò che Bion chiamava elemento β: grezzo, inassimilabile, senza forma.

Solo attraverso un incontro trasformativo — una mente capace di reverie — quegli elementi possono essere “digeriti” e trasformati in elementi α, ovvero in pensieri che il soggetto può finalmente riconoscere e integrare.

In questo processo, la rabbia cessa di essere pura distruzione: diventa movimento, energia psichica ri-significata, materia viva del pensiero.
Come scrive Meltzer, “ciò che era espulso come tossico può tornare a circolare come affetto pensabile”.

Il lavoro terapeutico, allora, non consiste nel reprimere la rabbia, ma nel pensarla insieme, affinché possa smettere di agire nel corpo e cominciare a parlare nella mente.
Perché ogni emozione distruttiva, se pensata, porta in sé un seme di trasformazione.







Ci possono essere momenti, nella vita psichica, in cui il mondo esterno diventa troppo freddo o doloroso per essere sent...
31/10/2025

Ci possono essere momenti, nella vita psichica, in cui il mondo esterno diventa troppo freddo o doloroso per essere sentito e vissuto appieno.
È lì che nasce la fuga — non quella reale ma quella mentale: la ricerca di un “altrove” in cui tornare a sentirsi vivi.

Freud descriveva questo movimento come un ritiro narcisistico dell’energia libidica: l’Io, ferito o svuotato, si ritrae dal mondo per rifugiarsi in un ideale di sé più integro, più caldo, più accogliente.

Winnicott aggiungeva che, quando l’ambiente non è più “sufficientemente buono”, la mente costruisce un luogo interno dove continuare a esistere senza spegnersi del tutto — un rifugio che però, col tempo, può diventare una prigione.

È il paradosso del sogno di fuga:
più cerchiamo di scappare da ciò che ci anestetizza, più rischiamo di smarrire la possibilità di sentirci reali.

La “California” che inseguiamo (come recita la famosa canzone...) allora non è un posto ma una funzione psichica perduta: la capacità di stare in contatto con la propria vitalità, anche nell’"inverno emotivo".
Solo attraversando quel gelo, come ricorda Bion, si può tornare a pensare il dolore — e trasformarlo.

Perché spesso non serve fuggire via dal proprio Sé ma ricominciare ad abitarlo, con tenerezza e pazienza, fino a farne di nuovo casa...

Ci si può distruggere sorridendo, quando il dolore diventa l’unico modo che l’anima conosce per sentirsi vivaCi sono sor...
30/10/2025

Ci si può distruggere sorridendo, quando il dolore diventa l’unico modo che l’anima conosce per sentirsi viva
Ci sono sorrisi che non nascono dalla gioia ma dalla sopravvivenza.
Dietro alcune forme di apparente serenità si nasconde una verità psichica antica: il dolore può diventare l’unico modo per sentirsi ancora vivi
È la logica paradossale del masochismo morale descritta da Freud e approfondita da Reich, Fenichel e McWilliams: una modalità in cui la mente, incapace di ribellarsi apertamente all’aggressione interiorizzata, sceglie di allearsi con essa.

Il soggetto non cerca la sofferenza per piacere ma per mantenere un fragile senso di controllo sul proprio destino psichico.
Quando il Super-Io si fa crudele, l’unico modo per non soccombere completamente è diventare complici della propria punizione.
Così, la persona si infligge il dolore che teme — sorridendo — perché almeno in quel gesto la sofferenza non è più imposta dall’esterno ma “gestita” internamente.

In terapia, il compito non è negare la funzione del masochismo ma riconoscere il suo valore difensivo originario: è stato un modo creativo, anche se estremo, per restare vivi in contesti dove l’amore era inseparabile dalla sofferenza.
Solo comprendendo questa logica inconscia, il paziente può trasformare la punizione in consapevolezza e la colpa in libertà emotiva.

Perché, come scriveva Freud, “laddove era l’Es, deve subentrare l’Io” —
e a volte, per ricostruirsi, bisogna prima smettere di sorridere al proprio carnefice interno.








In psicodinamica, la paura più profonda non è quella della morte in sé ma quella del collasso interno delle strutture ch...
29/10/2025

In psicodinamica, la paura più profonda non è quella della morte in sé ma quella del collasso interno delle strutture che ci proteggevano dalla consapevolezza della nostra fragilità.

Come scrive Freud, l’Io costruisce difese per negare la caducità; Klein mostra come l’onnipotenza e il diniego ci salvino dal dolore della perdita; Bion ricorda che, quando la mente non riesce più a pensare l’angoscia, essa diventa un “terrore senza nome”.

In quei momenti — quando la maschera dell’invulnerabilità si incrina — emerge una verità più "nuda": la paura di crollare dentro, di non avere più un contenimento interno.

Ma è proprio da quel crollo che può nascere qualcosa di nuovo: la possibilità di vivere con pienezza e autenticità, senza difendersi più dalla finitezza, ma accettandola come parte essenziale dell’essere vivi.

Indirizzo

Via Le Chiuse 57
Turin
10144

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:30
Martedì 09:00 - 19:30
Mercoledì 09:00 - 19:30
Giovedì 09:00 - 19:30
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