Carlo Rosso Psichiatra

Carlo Rosso Psichiatra Medico, specialista in psichiatria, psicoterapeuta, sessuologo.

Da anni studia e cura le problematiche legate all'umore, all'ansia, al panico, al desiderio e agli esiti del’ADHD nell’adulto.

04/11/2025

🌍 SISPSe al 50° Congresso Nazionale SIP – Bari 2025

📅 Venerdì 7 novembre | ore 9.00 – 10.30
📍 Sala Berlino – Fiera del Levante

🧩 Sessualità e Neurodivergenza: evidenze cliniche e prospettive terapeutiche
Un simposio promosso dalla Società Italiana di Psicopatologia Sessuale (SISPSe),sezione speciale della SIP, per esplorare i legami tra autismo, ADHD, sessualità e comportamenti a rischio.

🎙 Con i contributi di:
Roberto Keller – Autismo e sessualità
Stefano Sanzovo Stefano Sanzovo– ADHD e sessualità
Veronica Tatti Carlo Rosso Psichiatra – ADHD e comportamenti a rischio
Antonella Contarino Studio Cerchio 4– La valutazione dell’ADHD negli autori di reato violento e sessuale

🔹 Modera: Carlo Rosso e Enrico Zanalda
🔹 Evento nell’ambito di “Psichiatria Agenda 2030 – Complessità, cambiamento, sostenibilità”

04/11/2025
C’è una coppia: lui ha settant’anni, lei cinquantacinque. Si amano sinceramente, si desiderano, hanno una vita sessuale ...
31/10/2025

C’è una coppia: lui ha settant’anni, lei cinquantacinque. Si amano sinceramente, si desiderano, hanno una vita sessuale viva, fatta di curiosità, di gioco, di intesa profonda. Eppure, ogni tanto, qualcosa si incrina. Basta una parola, un accenno, un ricordo. Lei ha avuto una vita sessuale ricca e particolare prima di incontrarlo. Lui lo sa, e ne è turbato. Non perché lei lo tradisca, ma per ciò che lei ha vissuto in passato. La gelosia non è per il presente, ma per quello che è stato — per gli uomini che l’hanno desiderata, per il piacere che lei ha vissuto altrove.

È una forma di gelosia particolare, spesso sottovalutata, ma molto più comune di quanto si pensi: la gelosia retrospettiva, quella che non nasce da un tradimento reale, ma dal pensiero che l’altro abbia avuto una vita erotica prima di noi. È una gelosia che non riguarda l’altro, il rivale, che nei fatti non c’è mai stato, ma il geloso stesso e l’immagine che lui ha di sé nel rapporto con il tempo e con il desiderio…

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C’è una coppia: lui ha settant’anni, lei cinquantacinque. Si amano sinceramente, si desiderano, hanno una vita sessuale viva, fatta di curiosità, di gioco, di intesa profonda. Eppure, ogni tanto, qualcosa si incrina. Basta una parola, un accenno, un ricordo. Lei ha avuto una vita sessuale ricc...

21/10/2025

L’ansia, a volte, parla al posto del dolore.
È la voce di una separazione non ancora accolta, che chiede ascolto per poter essere finalmente elaborata.
Non sempre l’ansia nasce dalla paura di ciò che potrebbe accadere. Talvolta è la traccia di qualcosa che è già accaduto, ma che la mente non riesce ancora a riconoscere e a trasformare in pensiero. L’ansia può essere il modo con cui il soggetto si difende dal dolore della perdita, evitando di attraversarla. Invece di sentire il vuoto, il lutto o la mancanza, il corpo e la psiche reagiscono con una tensione anticipatoria, un movimento verso il futuro che serve a non sostare nel passato.
Dietro molte forme d’ansia c’è quindi un rifiuto (inconsapevole) di elaborare una separazione, un distacco, una fine. Ciò che non è stato simbolizzato ritorna nel corpo, che diventa il luogo del disagio. Riconoscere questo legame significa restituire all’ansia il suo senso: non un nemico da zittire, ma una voce che chiede ascolto. Solo quando si accetta di attraversare la perdita, l’ansia può cessare di essere una difesa e tornare ad essere una risorsa vitale, segnale di un movimento psichico che vuole riprendere a vivere.

Ci siamo abituati a pensare che di fronte a un disturbo d’ansia, di depressione, di panico o in presenza di ossessioni, ...
10/10/2025

Ci siamo abituati a pensare che di fronte a un disturbo d’ansia, di depressione, di panico o in presenza di ossessioni, la prima risposta debba essere la psicoterapia, e che solo dopo si possa eventualmente prendere in considerazione una cura farmacologica. Ma è davvero così? È davvero questa la strada giusta per tutti?
La domanda più corretta da porsi è: qual è l’intervento giusto, per quella persona, in quel momento, con quella sofferenza?

Ci siamo abituati a pensare che di fronte a un disturbo d'ansia, di panico, un disturbo depressivo o in presenza di ossessioni, la prima risposta debba esser...

29/09/2025

Ogni relazione amorosa si regge su un delicato equilibrio tra trasparenza e mistero. Non tutto di noi può essere offerto allo sguardo dell’altro, e non tutto deve esserlo. In questo senso, il segreto custodito da uno dei partner non è sempre una minaccia, ma può rappresentare una dimensione necessaria della soggettività.
Mantenere per sé un pensiero, un ricordo, un desiderio non condiviso può avere un valore positivo. Preserva lo spazio dell’Io dentro la coppia, evitando che l’amore si trasformi in fusione simbiotica. Consente di mantenere viva la differenza, che è condizione del desiderio: l’altro non è mai del tutto posseduto, rimane parzialmente enigmatico. Può proteggere il partner da una verità che in quel momento sarebbe più distruttiva che costruttiva.
In termini psicodinamici, il segreto diventa così una forma di custodia dell’intimità personale e un atto, paradossalmente, di cura nei confronti della relazione.
Al tempo stesso, il non detto porta con sé un’ambiguità. Se il segreto cresce e occupa troppo spazio, può diventare una barriera invisibile tra i due partner, incrinando la spontaneità del legame. Può alimentare ansia, senso di colpa, vissuti persecutori: ciò che viene taciuto comincia a pesare tanto su chi lo custodisce quanto sulla qualità della relazione. Quando il partner percepisce «che qualcosa non torna», il segreto rischia di generare sospetto e distanza, anche senza essere svelato. Il rischio, allora, è che il segreto diventi una frattura silenziosa, un varco che progressivamente indebolisce la fiducia reciproca.
Come spesso accade in psicoanalisi, la questione non si risolve con un «tutto o niente». Non ogni segreto è dannoso, e non ogni confessione è salutare. Ciò che conta è la funzione che quel segreto svolge: se serve a difendere uno spazio vitale dell’Io, può essere tollerato e persino utile. Donald Winnicott scriveva: «Non si può essere vivi senza qualche area segreta dentro di sé.» Il segreto, in questa prospettiva, non è una colpa da sradicare, ma un luogo interno necessario, che garantisce continuità e autenticità all’esperienza del Sé. Se invece il segreto si pone come barriera alla comunicazione e mina la fiducia, allora rischia di diventare distruttivo.
Come scriveva Rilke, «l’amore consiste nel custodire la solitudine dell’altro»: il segreto, in questa prospettiva, non è un tradimento, ma una forma di solitudine che l’altro deve accettare, se vuole davvero amare.

19/09/2025

Un recente studio clinico internazionale ha testato un farmaco innovativo, la liafensina, su pazienti con depressione resistente ai trattamenti. La particolarità? Non tutti i pazienti, ma solo quelli portatori di una variante genetica specifica, il gene ANK3. I risultati sono sorprendenti: nei pazienti “selezionati geneticamente” la liafensina ha ridotto i sintomi depressivi in modo significativo, con miglioramenti già dopo una sola settimana. E senza alcuni degli effetti collaterali gravi che conosciamo in altri trattamenti disponibili. Perché è importante? Perché questo è il primo studio in psichiatria guidato con successo da un biomarcatore genetico. Significa che, in futuro, la cura della depressione potrebbe diventare sempre più personalizzata, basata non solo sulla storia clinica ma anche sul profilo genetico del paziente. Un passo verso la cosiddetta medicina di precisione, che promette di trasformare la psichiatria come già sta accadendo in oncologia o in cardiologia. Non siamo ancora all’applicazione quotidiana – servono altri studi e conferme – ma la direzione è chiara: meno tentativi a vuoto, più trattamenti su misura.

04/09/2025

Il recente scandalo dei gruppi online “Mia Moglie” e “Phica” ci mette davanti a una verità scomoda: la sessualità, nell’era digitale, può facilmente trasformarsi in terreno di violenza, possesso e denigrazione.

Il gesto di esporre pubblicamente l’immagine intima di una donna – che sia una compagna, una moglie o una figura pubblica – non è soltanto una mancanza di rispetto individuale, ma un fenomeno culturale che affonda le radici in una visione patriarcale del corpo femminile come oggetto di cui potersi appropriare. Il digitale non crea questa logica, ma la amplifica, la moltiplica e la normalizza. In questi spazi, la comunità online diventa una comunità del consenso alla violenza: il numero dei partecipanti produce l’illusione di legittimità, trasformando il degrado in appartenenza.

Quando parliamo di questi comportamenti – la diffusione non consensuale di immagini intime, l’esposizione pubblica e degradante del corpo dell’altro – possiamo leggerli come un “acting out”. In psicoanalisi con questo termine indichiamo un agito che porta nel reale ciò che non riesce a trovare parola o simbolizzazione. L’angoscia, la pulsione o il bisogno di conferma narcisistica, invece di essere elaborati, vengono scaricati sul corpo dell’altro, che diventa contenitore e bersaglio di ciò che non può essere sostenuto dentro di sé.

In termini più semplici: la violenza digitale non è solo mancanza di rispetto o di empatia. È anche un modo patologico di regolare le proprie tensioni interne, spostandole all’esterno e riversandole sulla persona più vicina o più esposta. Qui la sessualità non è vissuta come incontro tra due soggetti desideranti, ma come esercizio di dominio. L’altro non viene riconosciuto come soggetto con un proprio desiderio, ma degradato a oggetto da esibire, da usare, da svilire. In questo senso, la sessualità diventa il luogo in cui non si costruisce un legame, ma lo si annulla: non c’è riconoscimento reciproco, ma solo il tentativo di colmare un vuoto interiore con un atto di possesso. Lacan ci ha insegnato che il godimento (jouissance) si distingue dal desiderio proprio perché ignora l’Altro come persona e lo riduce a objet petit, un frammento su cui scaricare la pulsione. È in questa logica che il fenomeno assume i tratti della perversione clinica: non come deviazione morale, ma come modalità strutturale in cui il soggetto, incapace di confrontarsi con la mancanza, trasforma l’altro in supporto del proprio narcisismo.

Così il digitale diventa non solo un mezzo, ma un amplificatore: crea spazi in cui l’anonimato e il numero dei partecipanti producono una legittimazione collettiva. Ciò che individualmente sarebbe vissuto come colpa o vergogna, nel gruppo diventa appartenenza, complicità, persino motivo di orgoglio.

08/08/2025

“E la libertà?”. “La libertà sta qui” disse l’uomo puntandosi un dito al centro della fronte.
(Leonardo Sciascia)

Negli ultimi decenni, la psichiatria si è man mano avvicinata a un concetto biologico più ampio e sistemico della mente....
25/07/2025

Negli ultimi decenni, la psichiatria si è man mano avvicinata a un concetto biologico più ampio e sistemico della mente.
È sempre più evidente che i disturbi psichici non nascono esclusivamente nel cervello, ma coinvolgono, e forse iniziano, in altre sedi corporee. Tra queste l’intestino si è guadagnato un ruolo di protagonista silenzioso.
Parlare oggi di microbiota intestinale significa entrare in un campo affascinante dove immunologia, neurobiologia, endocrinologia e psichiatria si intrecciano.
E se in passato questo interesse si concentrava soprattutto sulla depressione maggiore e sui disturbi d’ansia, oggi sappiamo che anche il disturbo bipolare potrebbe essere influenzato – e forse in parte modulato – dalla composizione del microbiota intestinale. Vediamo perché:

Negli ultimi decenni, la psichiatria si è lentamente (ma con decisione) avvicinata a un concetto biologico più ampio e sistemico della mente. È sempre più evidente che i disturbi psichici non nascono esclusivamente nel cervello, ma coinvolgono, e forse iniziano, in altre sedi corporee. Tra quest...

Siamo in estate, il tempo delle vacanze. E per molti, vacanza significa anche viaggio in aereo. Ma, per alcune persone, ...
14/07/2025

Siamo in estate, il tempo delle vacanze. E per molti, vacanza significa anche viaggio in aereo. Ma, per alcune persone, l’idea di salire su un aereo non evoca leggerezza o avventura, bensì ansia, tensione, a volte puro terrore. Parliamo della paura di volare, o «aviofobia», una delle fobie specifiche più comuni.
Dal punto di vista psicodinamico, la paura di volare può essere letta come una perdita del controllo, una resa simbolica al vuoto e all’ignoto. Volare implica affidarsi a un Altro, il pilota, la macchina, le leggi della fisica. Inconscio e simbolico si incontrano: l’aereo rappresenta la separazione, il distacco dalla terra-madre, il confine tra contenimento e abbandono.
In alcune persone, soprattutto con una struttura fobica o ansiosa, l’aereo diventa il teatro della riattivazione di antiche angosce: paura di morire, perdere il controllo, impazzire. Volare toglie punti d’appoggio e, per chi ha bisogno di tenere tutto sotto controllo, questo è intollerabile.
La paura di volare è un disagio serio, che ha radici profonde, ma che può essere affrontato. Le soluzioni esistono, dal lavoro sulla mente a quello sul corpo. E anche se l’aereo rimane un contenitore denso di simboli, imparare a volare – dentro e fuori – è possibile.

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Siamo in estate, il tempo delle vacanze. E per molti, vacanza significa anche viaggio in aereo. Ma, per alcune persone, l’idea di salire su un aereo non evoca leggerezza o avventura, bensì ansia, tensione, a volte puro terrore. Parliamo della paura di volare, o «aviofobia», una delle fobie spec...

Indirizzo

C. So Galileo Ferraris 109
Turin

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