Centro Salute Torino

Centro Salute Torino IL CENTRO SALUTE nasce per la risoluzione delle problematiche muscolo scheletriche e non solo.

09/11/2025

♦️Genetica e performance: perché un maratoneta non diventerà mai un atleta di Potenza e perché un body builder non potrà mai vincere una gara di fondo

Chiariamo un concetto “con l’allenamento giusto puoi fare qualsiasi cosa” e questa è una bellissima frase motivazionale ma dal punto di vista scientifico è fondamentalmente sbagliata, nel senso che possiamo ottimizzare quello che abbiamo ma non possiamo riscrivere il nostro codice genetico di partenza e questo è un concetto che molti fanno fatica ad accettare ma che è supportato da decenni di ricerca sulla fisiologia muscolare.

📍Partiamo dalle basi, il muscolo scheletrico è composto da fibre muscolari che non sono tutte uguali, abbiamo principalmente tre tipologie che sono le fibre di tipo uno che sono quelle lente rosse ossidative ricche di mitocondri e mioglobina che lavorano in aerobico e sono resistentissime alla fatica, poi abbiamo le fibre di tipo due A che sono intermedie con caratteristiche miste e una certa capacità di adattamento, e infine le fibre di tipo due X che sono quelle veloci bianche glicolitiche che si contraggono rapidamente generano molta potenza ma si affaticano velocemente perché lavorano in anaerobico.

📍Ora il punto fondamentale che cambia tutto è questo, la distribuzione percentuale di queste fibre nel vostro corpo è geneticamente determinata per l’80-90% cioè voi nascete con una certa percentuale di fibre lente e una certa percentuale di fibre veloci e questa è la vostra carta d’identità muscolare che vi porterete dietro per tutta la vita, per cui un maratoneta d’élite avrà tipicamente il 70-80% di fibre di tipo uno nei muscoli posturali e questo gli permette di correre per ore senza collassare, mentre uno sprinter o un powerlifter avrà il 60-70% di fibre di tipo due X e questo gli permette di esprimere potenza esplosiva ma per tempi brevissimi.

📍Adesso qualcuno dirà ma l’allenamento non può modificare queste percentuali, sì certo l’allenamento induce delle modifiche fenotipiche delle fibre ed è vero che possiamo avere delle conversioni soprattutto tra i sottotipi quindi le fibre due X possono diventare due A abbastanza facilmente con l’allenamento misto, le fibre due A possono diventare più simili al tipo uno con anni di allenamento aerobico intenso, ma qui arriva il grande però, una conversione completa da un estremo all’altro è fisiologicamente impossibile o comunque così marginale da essere irrilevante dal punto di vista della performance.

📍Pensateci un attimo, se voi avete il 60% di fibre di tipo uno come un fondista anche se vi mettete a fare powerlifting per dieci anni potrete migliorare la vostra forza massimale certo perché ci sono adattamenti neurali c’è ipertrofia c’è miglioramento della tecnica ma non diventerete mai competitivi con chi è nato con il 60% di fibre veloci perché il vostro destino biologico è scritto nel DNA e viceversa un powerlifter con prevalenza di fibre veloci può fare tutti i chilometri che vuole ma non correrà mai una maratona in due ore e dieci perché il suo sistema muscolare metabolico e cardiovascolare non è costruito per quello.

📍E questo spiega perfettamente perché un bodybuilder non può diventare un maratoneta, primo perché ha una massa muscolare che è incompatibile con l’economia di corsa cioè ogni chilo di muscolo in più è un peso morto da trasportare per 40km secondo perché le sue fibre sono prevalentemente di tipo due ottimizzate per contrazioni brevi e intense non per sforzi prolungati, terzo perché tutto il suo sistema energetico è tarato sul metabolismo anaerobico e i suoi adattamenti cardiovascolari sono completamente insufficienti per sostenere una performance di endurance di livello.

📍E dall’altra parte abbiamo il maratoneta che non potrà mai fare una panca da 200 kg perché ha un deficit strutturale nel reclutamento delle unità motorie ad alta soglia, le sue poche fibre veloci sono praticamente dormienti dopo anni di allenamento aerobico, i suoi adattamenti tendinei e neurali sono specifici per movimenti ciclici ripetitivi non per espressioni di forza massimale, e l’architettura stessa del suo muscolo con fascicoli lunghi e pennazione ridotta è inadatta alla produzione di forza esplosiva.

Quindi il messaggio che dobbiamo portare a casa soprattutto quando parliamo con atleti allenatori preparatori è questo, la specificità genetica del vostro fenotipo muscolare rappresenta il limite biologico invalicabile della vostra performance, l’allenamento è fondamentale per ottimizzare ed esprimere al massimo il potenziale che avete ma non può riscrivere il codice di partenza, e questo non è demotivante anzi è liberatorio perché significa che dobbiamo identificare precocemente la predisposizione dell’atleta orientare la carriera sportiva verso discipline compatibili con il genotipo muscolare e smettere di inseguire obiettivi che sono fisiologicamente fuori dalla nostra portata, rispettate la vostra genetica allenate il vostro potenziale massimo ma fatelo nella direzione giusta non contro la vostra biologia.​​​​​​​​​​​​​​​​
Affidarsi ad un PROFESSIONISTA da piccoli per interpretare la propria genetica potrebbe fare la differenza tra un buon atleta ed atleta d’élite !!!

03/11/2025

♦️Il nemico silenzioso: come la sarcopenia consuma la vita e perché l’allenamento è l’unica vera arma

Esiste un processo biologico che inizia a manifestarsi silenziosamente intorno ai trent’anni, quando siamo ancora nel pieno della vitalità, senza che ce ne rendiamo minimamente conto, senza dolore, senza sintomi evidenti, il nostro corpo inizia a perdere qualcosa di prezioso: il tessuto muscolare. Questo processo si chiama sarcopenia, ed è forse il singolo fattore più determinante nel declino della qualità della vita che accompagna l’invecchiamento. Non è una malattia nel senso tradizionale, è piuttosto un’erosione lenta, costante, inesorabile che procede anno dopo anno, decennio dopo decennio, consumando letteralmente la nostra capacità di muoverci, di vivere autonomamente, di restare funzionali e indipendenti fino all’ultimo giorno.
Tra i venti e gli ottant’anni una persona sedentaria perde in media dal 30 al 40% della sua massa muscolare totale, una perdita devastante che compromette ogni aspetto della funzionalità fisica.

📍La sarcopenia non è solo una questione estetica è una cascata di conseguenze funzionali che erodono progressivamente l’autonomia e la qualità della vita. I muscoli non sono semplicemente tessuti che ci permettono di muoverci, sono organi metabolici attivi che influenzano praticamente ogni sistema del corpo. Quando perdiamo massa muscolare, perdiamo anche la capacità di regolare efficacemente la glicemia perché il muscolo è il principale sito di deposito e utilizzo del glucosio. Perdiamo densità ossea perché il carico meccanico esercitato dai muscoli sulle ossa stimola il rimodellamento osseo e mantiene la mineralizzazione. Perdiamo equilibrio e coordinazione perché le fibre muscolari, sono fondamentali per le reazioni rapide che ci impediscono di cadere. Perdiamo indipendenza perché compiti quotidiani semplici come alzarsi da una sedia, salire le scale, portare le borse della spesa diventano progressivamente più difficili fino a diventare impossibili.

📍Due persone della stessa età possono avere livelli di autonomia completamente diversi in base alla loro massa muscolare. Chi ha preservato il muscolo attraverso l’attività fisica vive gli ultimi decenni della vita in uno stato di vitalità e indipendenza, chi lo ha perso attraverso la sedentarietà vive in uno stato di fragilità e dipendenza.

📍Dopo i trent’anni, in assenza di stimoli adeguati, si perde mediamente dall’1 al 2% di massa muscolare all’anno fino ai 60-65 anni. A quel punto, il processo accelera drammaticamente, con perdite che possono raggiungere il 3% o più. Questa accelerazione è legata al declino ancora più marcato dei livelli ormonali, specialmente negli uomini dove il testosterone continua a calare e nelle donne dove la menopausa elimina l’effetto protettivo degli estrogeni sul tessuto muscolare.

📍La sarcopenia non è inevitabile, non è una sentenza inappellabile contro cui non possiamo fare nulla. È vero che non possiamo fermarla completamente, che il processo di invecchiamento comporta comunque una perdita graduale di alcune capacità rigenerative, ma possiamo rallentarla così drammaticamente che la differenza tra chi interviene e chi non lo fa è letteralmente la differenza tra autonomia e dipendenza, tra vitalità e fragilità, tra una vecchiaia attiva e una passiva. E l’arma più potente, l’unica veramente efficace che abbiamo contro la sarcopenia è l’allenamento di resistenza, il lavoro con i pesi, l’esercizio che sfida i muscoli contro un carico progressivo.

📍Quando solleviamo un peso che sfida il muscolo, creiamo microlesioni nelle fibre muscolari, attiviamo le cellule satellite, quelle cellule staminali muscolari che possono fondersi con le fibre esistenti per ripararle e ingrandirle, e stimoliamo la sintesi proteica muscolare, l’allenamento di resistenza può aumentare la sintesi proteica muscolare nelle ore successive all’allenamento, anche in individui anziani. Questo significa che un settantenne che si allena correttamente può stimolare la crescita muscolare con la stessa efficacia di un trentenne, a patto che lo stimolo sia adeguato e che la nutrizione supporti il processo.

📍E qui arriviamo a un aspetto cruciale che non può essere separato dall’allenamento: l’alimentazione. Il muscolo è fatto di proteine, e per costruire o anche solo mantenere il tessuto muscolare abbiamo bisogno di un apporto adeguato di aminoacidi, i mattoni che compongono le proteine. La ricerca ha dimostrato che l’apporto proteico diventa ancora più critico con l’avanzare dell’età, non meno.

📍Ma c’è un altro strumento nutrizionale che negli ultimi anni ha dimostrato effetti straordinari sul mantenimento della salute muscolare e sul rallentamento dell’invecchiamento in generale: il digiuno intermittente controllato. Quando digiuniamo per periodi limitati, attiviamo l’autofagia, letteralmente “auto-mangiamento”, dove le cellule degradano e riciclano componenti danneggiati o disfunzionali. Questo processo di pulizia cellulare è fondamentale per mantenere la qualità del tessuto muscolare nel tempo. Gli studi hanno evidenziato che il digiuno intermittente attiva l’autofagia nel tessuto muscolare, rimuovendo proteine danneggiate e organelli disfunzionali che altrimenti si accumulerebbero contribuendo alla degenerazione sarcopenica. È come fare una manutenzione periodica della macchina cellulare, eliminando le parti usurate prima che causino guasti maggiori.

📍Il tessuto muscolare è anche straordinariamente legato ai cicli ormonali, e questo spiega perché la sarcopenia accelera così drammaticamente in corrispondenza dei grandi cambiamenti endocrini della vita. Negli uomini, il testosterone declina progressivamente dall’età di trent’anni in poi, con una riduzione media dell’uno percento annuo. Questo calo ormonale non solo riduce direttamente la capacità di costruire e mantenere muscolo, ma diminuisce anche la motivazione ad allenarsi, la capacità di recupero, la qualità del sonno. Nelle donne, la menopausa rappresenta un punto di svolta ancora più drammatico. La perdita degli estrogeni non solo accelera la perdita ossea portando all’osteoporosi, ma rimuove anche l’effetto protettivo che questi ormoni hanno sul tessuto muscolare.

📍Ma ancora una volta, l’esercizio fisico emerge come il grande equalizzatore. Gli studi hanno dimostrato che l’allenamento di resistenza può parzialmente compensare il declino ormonale… anche se non possiamo fermare il calo di testosterone o estrogeni, possiamo comunque costruire e mantenere muscolo se forniamo gli stimoli giusti.

In definitiva, la sarcopenia rappresenta forse la sfida più importante che tutti noi dovremo affrontare se viviamo abbastanza a lungo.
Investiamo nel nostro tessuto muscolare, il motore della vita stessa.

02/11/2025

♦️Oltre il muscolo: perché allenarsi e’ vita per il nostro organismo

Viviamo nell’epoca in cui abbiamo eliminato quasi completamente la necessità fisica di muoverci per sopravvivere, eppure il nostro corpo continua a reclamare disperatamente quel movimento che per milioni di anni di evoluzione è stato la sua ragione d’essere. I nostri antenati percorrevano mediamente 15-20 km al giorno per procurarsi cibo, sfuggire ai predatori, costruire rifugi. Oggi possiamo ordinare cibo con un dito sullo schermo, lavorare seduti per 8 ore consecutive e spostarci in auto anche solo per attraversare la strada. Il risultato di questa disconnessione tra la nostra e la realtà moderna è un’epidemia silenziosa di malattie metaboliche, cardiovascolari, mentali e degenerative che sta letteralmente consumando la qualità della vita di intere generazioni.

📍L’attività fisica regolare riduce del 30% il rischio di malattie cardiovascolari, del 25% il rischio di diabete di tipo due, del 20% il rischio di alcuni tumori e del 30% il rischio di morte prematura per qualsiasi causa. Il corpo umano funziona secondo un principio biologico implacabile che si chiama “use it or lose it”, usalo o lo perdi. Ogni tessuto, ogni organo, ogni sistema del nostro organismo si adatta agli stimoli che riceve. I muscoli non utilizzati vanno incontro a un processo chiamato atrofia, letteralmente si restringono e perdono le loro capacità funzionali.

📍Dopo sole 2 settimane di inattività completa si perde fino al 20% della massa muscolare, e questo processo accelera drammaticamente con l’età. Ma non sono solo i muscoli a soffrire. Le ossa, sollecitate dal carico meccanico dell’esercizio, mantengono la loro densità minerale e la loro struttura attraverso un processo chiamato rimodellamento osseo.
Ma c’è qualcosa di ancora più insidioso che accade nella sedentarietà: la perdita delle fibre muscolari di tipo due, quelle veloci e potenti che ci permettono di reagire rapidamente, di sollevare carichi, di mantenere l’equilibrio quando stiamo per cadere. Queste fibre sono le prime a scomparire con l’inattività e con l’invecchiamento, e la loro perdita è direttamente correlata con la fragilità negli anziani, con le cadute, con la perdita di autonomia. Già nel 1988 gli studi hanno dimostrato che tra i 20 e gli 80 anni, una persona sedentaria perde fino al 40% delle sue fibre muscolari, mentre chi si allena con i pesi può mantenere questo patrimonio quasi intatto. Non stiamo parlando solo di estetica o di prestazione sportiva, stiamo parlando della differenza tra poter vivere autonomamente a ottant’anni o dipendere da qualcun altro per alzarsi da una sedia.

📍Il sistema cardiovascolare segue la stessa logica spietata. Il cuore è un muscolo, e come ogni muscolo si adatta al carico di lavoro. Una vita sedentaria produce un cuore meno efficiente, che pompa meno sangue ad ogni battito e deve quindi battere più velocemente per soddisfare le richieste metaboliche anche minime. I vasi sanguigni perdono elasticità, si irrigidiscono, diventano meno reattivi. La pressione arteriosa tende ad aumentare, il profilo lipidico si deteriora, la sensibilità insulinica diminuisce. È un circolo vizioso perfetto: la sedentarietà rende più faticoso muoversi, e questa fatica scoraggia ulteriormente il movimento; l’attività fisica protegge dal rischio cardiovascolare.

Ma se ci fermassimo qui, avremmo colto solo la superficie del perché allenarsi è fondamentale. La dimensione psichica dell’allenamento rappresenta forse l’aspetto più rivoluzionario e meno compreso dell’esercizio fisico. L’allenamento inneschi quello che i ricercatori chiamano “effetto a catena dell’autoregolazione”. Quando impari a superare la resistenza di alzare quel bilanciere pesante per l’ultima ripetizione, quando impari a presentarti in palestra anche nei giorni in cui preferiresti restare a letto, stai allenando qualcosa di molto più profondo dei bicipiti o dei quadricipiti. Stai allenando la volontà, la capacità di mantenere l’impegno, la resilienza psicologica.

📍E poi c’è la biochimica della felicità, quella cascata di neurotrasmettitori e ormoni che viene rilasciata durante e dopo l’esercizio fisico. Le endorfine, quei peptidi oppioidi endogeni che danno quella sensazione di euforia e benessere dopo un allenamento intenso, sono solo l’inizio della storia.
L’esercizio regolare aumenta la densità dei recettori dopaminergici nel cervello, rendendo l’intero sistema motivazionale più reattivo. In pratica, allenarsi regolarmente rende più facile trovare motivazione e piacere anche in altre attività della vita. È l’antidoto perfetto all’apatia e alla mancanza di direzione che affligge così tante persone nella società contemporanea.

E’ importante dire che ballare in discoteca con un bicchiere di vodka in mano non è cardio, anche se ti fa sudare e ti fa sentire euforico sul momento. Il movimento casuale, per quanto piacevole, non crea gli adattamenti fisiologici che derivano da un esercizio strutturato e progressivo. Il cardio ragionato, quello fatto con un’intensità e una durata appropriate, quello che porta la frequenza cardiaca in zone specifiche e la mantiene lì per periodi sufficienti, è quello che stimola l’angiogenesi, la formazione di nuovi capillari che migliorano l’ossigenazione dei tessuti. È quello che aumenta la densità mitocondriale nelle cellule muscolari, e’ quello che migliora la funzione endoteliale, la capacità dei vasi sanguigni di dilatarsi e contrarsi in risposta alle richieste metaboliche.

📍L’allenamento con i pesi in particolare offre una metafora perfetta per la vita. Ogni volta che aggiungi un chilo al bilanciere, stai applicando il principio del sovraccarico progressivo, l’idea che per crescere devi continuamente uscire dalla zona di comfort. Ogni volta che completi una serie difficile, stai imparando che il disagio temporaneo porta a capacità permanenti. Ogni volta che rispetti il programma anche quando non ne hai voglia, stai rinforzando il circuito neurale dell’autodisciplina.

Ricorda: ogni ora passata in posizione sedentaria è un’ora in cui i muscoli si disabituano a contrarsi, le articolazioni si irrigidiscono, il metabolismo rallenta, la mente si intorpidisce.

01/11/2025

♦️Il potere drenante delle verdure: tra calorie negative e gestione della ritenzione idrica

Nel panorama alimentare le verdure rappresentano molto più di un semplice contorno salutista: sono veri e propri alleati metabolici con proprietà che vanno ben oltre il loro contenuto calorico apparente. Due concetti in particolare meritano un’analisi approfondita per comprendere il loro ruolo nella fisiologia umana: l’effetto drenante e il fenomeno delle cosiddette calorie negative.

📍Quando parliamo di verdure a calorie negative, ci riferiamo a quegli alimenti il cui processo digestivo richiede un dispendio energetico potenzialmente superiore o equivalente al contenuto calorico dell’alimento stesso. Il sedano, i cetrioli, gli asparagi e le verdure a foglia verde come spinaci e lattuga rappresentano esempi classici di questa categoria. Il meccanismo è ben chiaro nella sua semplicità: la masticazione prolungata attiva il metabolismo basale, la scissione delle fibre vegetali impegna significativamente l’apparato digerente, e il processo di termogenesi indotta dalla dieta consuma energia. Gli studi di Clegg e Cooper pubblicati nel Journal of Nutrition nel 2012 hanno dimostrato che l’effetto termico di questi alimenti può raggiungere il 20-30% del loro contenuto calorico, un valore significativamente superiore rispetto ad altri macronutrienti.

📍Ma è forse l’effetto drenante a rappresentare la proprietà più sottovalutata rilevante delle verdure. Questo fenomeno si basa su un equilibrio elettrolitico fondamentale per l’omeostasi corporea: il rapporto sodio-potassio. Le verdure, particolarmente quelle a foglia verde, i finocchi m, i cetrioli e gli asparagi, sono naturalmente ricche di potassio e povere di sodio. Questa composizione minerale crea un ambiente biochimico che favorisce l’eliminazione dei liquidi in eccesso attraverso un meccanismo renale ben documentato. Come evidenziato negli studi di He e MacGregor sulla rivista Hypertension nel 2008, un adeguato apporto di potassio non solo contrasta l’azione ipertensiva del sodio, ma stimola la diuresi attraverso una modulazione della pompa sodio-potassio a livello tubulare renale.

📍La ritenzione idrica, quella condizione che affligge milioni di persone creando gonfiore e disagio, trova nelle verdure drenanti un rimedio naturale e fisiologico. È fondamentale però sottolineare un aspetto spesso trascurato: questo effetto benefico si manifesta pienamente soltanto in soggetti con un apparato gastrointestinale funzionante correttamente. La presenza di costipazione cronica, intolleranze alimentari, sindrome dell’intestino irritabile, flatulenza eccessiva o patologie infiammatorie intestinali può compromettere significativamente l’assorbimento dei minerali alcalini e l’efficacia drenante. In questi casi, paradossalmente, un consumo eccessivo di verdure crude o ad alto contenuto di fibre insolubili potrebbe addirittura esacerbare la sintomatologia, creando fermentazione e distensione addominale.

📍Un aspetto strategico nell’utilizzo delle verdure riguarda il timing della loro assunzione. Consumare verdure all’inizio del pasto, o addirittura come aperitivo naturale, sfrutta un meccanismo fisiologico elegante: il riempimento gastrico. Le verdure, ricche di acqua e fibre ma povere di calorie dense, occupano volume nella cavità gastrica attivando i meccanocettori di distensione presenti nella parete dello stomaco. Questi recettori inviano segnali di sazietà al nucleo del tratto solitario nel tronco encefalico, riducendo l’appetito prima ancora che i nutrienti vengano assorbiti. Iniziare il pasto con un’insalata a bassa densità energetica può ridurre l’apporto calorico complessivo del pasto fino al dodici percento, senza che i partecipanti avvertissero una diminuzione della sazietà.

📍Questo effetto di precarico gastrico non è semplicemente una questione meccanica. Le verdure contengono anche composti bioattivi come i polifenoli e i glucosinolati che modulano la secrezione di ormoni gastrointestinali coinvolti nella regolazione dell’appetito. La ricerca moderna sta sempre più evidenziando come il microbiota intestinale, quella complessa comunità microbica che colonizza il nostro tratto digestivo, sia influenzato positivamente dalle fibre vegetali, producendo acidi grassi a catena corta che hanno effetti sistemici sul metabolismo e sul senso di sazietà.

📍Dal punto di vista pratico un aumentato consumo di verdure drenanti rappresenta un intervento dietetico a basso rischio e alta efficacia nella gestione della ritenzione idrica di origine alimentare, particolarmente in soggetti con elevato apporto di sodio o scarso consumo di potassio. Tuttavia, va’ sempre valutare la funzionalità renale del soggetto, poiché in presenza di insufficienza renale l’eccesso di potassio potrebbe rappresentare un rischio per iperkaliemia.

📍Per il consumatore comune, il messaggio è chiaro ma necessita di personalizzazione: le verdure sono alleate preziose per il controllo del peso e la gestione dei liquidi corporei, ma la loro efficacia dipende dalla salute intestinale individuale. Ascoltare il proprio corpo, introdurre gradualmente le verdure nell’alimentazione quotidiana per permettere all’intestino di adattarsi, variare le tipologie per massimizzare l’apporto di nutrienti diversi, e consultare un professionista sanitario in presenza di disturbi gastrointestinali persistenti rappresentano strategie fondamentali per ottimizzare i benefici di questi straordinari alimenti.

📍In definitiva, le verdure con effetto drenante e a basse calorie rappresentano un esempio perfetto di come la natura offra soluzioni capaci di agire su molteplici livelli fisiologici simultaneamente. La loro capacità di modulare l’equilibrio idrico, stimolare il metabolismo, fornire sazietà e nutrire il microbiota intestinale le rende strumenti insostituibili in qualsiasi strategia orientata alla salute e al benessere.

19/10/2025

Diaframma e Postura: Un Legame Indissolubile per il Benessere del Corpo
Il diaframma è spesso conosciuto principalmente come il muscolo primario della respirazione, ma il suo ruolo nel corpo umano va ben oltre la semplice funzione polmonare. Questo muscolo a forma di cupola, che separa la cavità toracica da quella addominale, è un pilastro fondamentale per la stabilità del tronco e ha una correlazione profonda e spesso sottovalutata con la postura.
Il Diaframma: Non Solo Respirazione
Quando il diaframma si contrae, si abbassa, aumentando il volume della gabbia toracica e permettendo ai polmoni di espandersi (inspirazione). Quando si rilassa, risale, spingendo l'aria fuori (espirazione). Questo movimento costante e ritmico è essenziale per la vita. Tuttavia, il diaframma agisce anche come:
• Stabilizzatore del tronco: Insieme ai muscoli addominali, ai muscoli del pavimento pelvico e ai multifidi (muscoli profondi della schiena), il diaframma fa parte del "core". La sua contrazione aumenta la pressione intra-addominale, creando una sorta di "corsetto naturale" che stabilizza la colonna vertebrale lombare.
• Motore del sistema linfatico e della circolazione: Il suo movimento funge da "pompa" per il sistema linfatico e il ritorno venoso, contribuendo alla detossificazione e alla corretta circolazione.
• Connettore di catene muscolari: È collegato a muscoli importanti del collo, della schiena e degli arti inferiori attraverso fasce e tessuti connettivi.
La Correlazione con la Postura
Una corretta funzione diaframmatica è cruciale per mantenere una postura equilibrata e prevenire numerosi disturbi. Ecco come sono interconnessi:
1. Stabilità del Core: Una respirazione diaframmatica efficiente rafforza il core. Un core forte è la base per una postura eretta e allineata. Se il diaframma è debole o disfunzionale, altri muscoli (come gli accessori della respirazione nel collo e nelle spalle) tendono a compensare, portando a tensioni e squilibri posturali.
2. Allineamento della Colonna Vertebrale: La sua azione di stabilizzazione aiuta a mantenere la curvatura naturale della colonna vertebrale. Un diaframma che non lavora correttamente può portare a un'eccessiva cifosi toracica (dorso curvo) o a una iperlordosi lombare (curva eccessiva nella parte bassa della schiena), poiché la colonna cerca altre forme di stabilità.
3. Posizione delle Spalle e del Collo: Se la respirazione è prevalentemente toracica (superficiale), i muscoli del collo e delle spalle sono costantemente attivi per sollevare la gabbia toracica. Questo porta a spalle elevate e anteposte, tensione al collo e alla testa, e può contribuire a mal di testa e dolore cervicale. La respirazione diaframmatica, invece, permette a questi muscoli di rilassarsi, favorendo un allineamento più naturale.
4. Mobilità della Gabbia Toracica: Un diaframma flessibile e mobile contribuisce alla mobilità della gabbia toracica. Una gabbia toracica rigida può limitare il movimento delle scapole e influire negativamente sulla postura delle spalle e della parte superiore della schiena.
5. Influenza sulle Catene Muscolari: Il diaframma si connette al muscolo Psoas, un importante flessore dell'anca. Disfunzioni del diaframma possono influenzare la tensione dello Psoas, contribuendo a problemi posturali come l'anteriorità del bacino o dolori lombari.
Segni di un Diaframma Disfunzionale e Impatto Posturale
Una respirazione diaframmatica inefficiente può manifestarsi con:
• Respirazione superficiale e veloce.
• Tensione nel collo e nelle spalle.
• Dolore lombare cronico.
• Problemi digestivi (gonfiore, reflusso).
• Ansia e stress.
A livello posturale, questo può tradursi in:
• Spalle incurvate in avanti.
• Testa in avanti.
• Dorso curvo (cifosi).
• Addome prominente (anche in persone magre, a causa di una debolezza del core).
• Difficoltà a mantenere una postura eretta senza sforzo.
Migliorare la Postura attraverso il Diaframma
Per migliorare la postura, è fondamentale re-educare il diaframma. Esercizi di respirazione diaframmatica profonda e consapevole possono:
• Rafforzare il core.
• Migliorare la stabilità della colonna.
• Rilasciare le tensioni muscolari nel collo e nelle spalle.
• Favorire un allineamento più naturale del corpo.
In conclusione, il diaframma non è solo un muscolo respiratorio, ma un direttore d'orchestra per la stabilità e l'allineamento del corpo. Prendersi cura della sua funzionalità è un passo essenziale per raggiungere e mantenere una postura sana e, di conseguenza, un maggiore benessere fisico e mentale.

18/10/2025

♦️L’orario ottimale di allenamento e la durata ideale: cosa dice la scienza .

La questione e’ estremamente rilevante e purtroppo circondata da tantissimi miti e informazioni contraddittorie che confondono chi si allena naturalmente. Partiamo da un presupposto fondamentale: l’atleta ha limiti fisiologici precisi dettati dalla capacità di recupero, dalla produzione ormonale endogena e dalla disponibilità energetica che non possono essere bypassati. Questo significa che allenarsi troppo a lungo, troppo intensamente o in orari sfavorevoli può rapidamente portare a risultati controproducenti invece che a progressi.

📍Cominciamo dall’orario migliore per allenarsi. La scienza della cronobiologia ha dimostrato chiaramente che il nostro corpo non funziona allo stesso modo nelle 24 ore, ma segue ritmi circadiani precisi che influenzano temperatura corporea, produzione ormonale, forza muscolare, tempo di reazione e capacità di recupero. La temperatura corporea raggiunge il suo picco nel tardo pomeriggio, generalmente tra le 16 e le 19 ed è in questa finestra temporale che si registrano le migliori performance in termini di forza massimale, potenza esplosiva e resistenza muscolare. Quando la temperatura corporea è più alta, i muscoli sono più elastici, il sistema nervoso è più reattivo, la conduzione nervosa è ottimale e il rischio di infortuni è minore. Numerosi studi hanno confermato che la forza isometrica, la potenza anaerobica e persino la velocità di sprint migliorano significativamente nelle ore pomeridiane rispetto al mattino presto.

📍Ma c’è un altro aspetto cruciale legato agli ormoni. Il testosterone, fondamentale per la sintesi proteica e l’ipertrofia muscolare, ha un picco mattutino che decresce durante la giornata. Al mattino i livelli possono essere anche del 30% più alti rispetto alla sera. Il cortisolo, l’ormone catabolico per eccellenza, segue un andamento simile con picco al risveglio e diminuzione progressiva verso sera. Questo crea un dilemma interessante: al mattino hai ormoni anabolici più alti ma temperatura e prestazioni inferiori, al pomeriggio hai prestazioni ottimali ma profilo ormonale meno favorevole. La ricerca suggerisce che il compromesso migliore per un natural che vuole massimizzare ipertrofia e forza sia il tardo pomeriggio o la prima serata, indicativamente tra le 15 e le 19. In questa fascia oraria mantieni ancora livelli decenti di testosterone, benefici della temperatura corporea elevata, massima forza disponibile e cortisolo già in fase calante.
Tuttavia, e questo è importantissimo, l’adattamento individuale supera tutto. Se ti alleni costantemente al mattino per mesi, il tuo corpo si adatta a quella finestra oraria e le tue performance in quel momento miglioreranno significativamente.

Indirizzo

Via Giovanni Battista Niccolini 20/f
Turin
10146

Orario di apertura

Lunedì 09:30 - 12:00
13:00 - 20:00
Martedì 09:30 - 12:00
13:00 - 20:00
Mercoledì 09:30 - 12:00
13:00 - 20:00
Giovedì 09:30 - 12:00
13:00 - 20:00
Venerdì 09:30 - 12:00
13:00 - 20:00

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La riabilitazione al Centro Salute: servizi polifunzionali per i trattamenti ortopedici e sportivi

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