02/11/2025
Linee guida SI/NO. Facciamo chiarezza!
Questo estratto è tratto dal webinar che si è svolto su Il Giardino dei Libri il 29 ottobre 2025.
Le linee guida e i protocolli clinici rappresentano un tema tanto sentito quanto delicato nella pratica medica contemporanea. Sono strumenti concepiti per orientare le decisioni cliniche e fornire un punto di riferimento condiviso, evitando quella che sarebbe un'anarchia terapeutica completa. Il loro scopo originario è prezioso: offrire suggerimenti basati su ciò che è stato osservato nella letteratura scientifica rispetto a una specifica patologia.
Tuttavia, negli ultimi anni è avvenuto un cambiamento significativo. Per una serie di ragioni complesse, l’applicazione delle linee guida e dei protocolli in modo uguale per tutti i pazienti è diventata sempre più frequente, al punto da generare semplificazioni eccessive che hanno trasformato radicalmente il rapporto medico-paziente. In questo processo, il paziente ha progressivamente perso la propria individualità: il signor Giovanni non è più una persona con la sua storia, il suo stile di vita, le sue caratteristiche uniche. È diventato un numero: il numero uno, il numero mille, il numero diecimila di un protocollo standardizzato.
L'applicazione rigida delle linee guida prescinde dalle specificità individuali: l'età del paziente, le sue condizioni generali, il suo stile di vita passano in secondo piano. L'approccio diventa meccanico: se i parametri rientrano in una determinata categoria, si applica il protocollo previsto, indipendentemente dal contesto.
A questo modello standardizzato è necessario contrapporre quello che viene definito Medicina di precisione, un approccio che riporta il paziente al centro dell'attenzione medica. La Medicina di precisione prevede approfondimenti diagnostici mirati e, soprattutto, un'attenzione particolare allo stile di vita del singolo individuo.
È interessante notare che, paradossalmente, le stesse linee guida che spesso vengono applicate in modo rigido, le primissime indicazioni che prevedono vanno proprio in questa direzione. Nel caso del colesterolo, per esempio, le linee guida stabiliscono chiaramente che quando si riscontrano valori lipidici elevati, il primo intervento dovrebbe consistere in indicazioni per la revisione dello stile di vita. È esplicitamente previsto. Eppure, proprio a causa di quella semplificazione eccessiva di cui parlavo, queste raccomandazioni vengono frequentemente saltate, passando direttamente alla prescrizione farmacologica per ottenere rapidamente il risultato desiderato sui parametri.
La letteratura scientifica ci fornisce delle informazioni che il medico deve necessariamente interpretare alla luce della sua esperienza clinica. Gli studi possono dimostrare – per fare un esempio - che, su cento persone trattate con un determinato farmaco per il colesterolo, circa venti possono trarre un beneficio significativo, mentre le restanti ottanta no. È proprio in questo scenario che diventa fondamentale il ruolo della Medicina di precisione e degli esami di approfondimento, che permettono di andare oltre le analisi standard.
Questo stesso principio si applica anche ad altre condizioni, come l'ipertensione arteriosa. È fondamentale chiedersi sempre il perché di un determinato sintomo o parametro alterato. Perché la pressione è aumentata? Se si sceglie di inserire il paziente in un protocollo standard, la logica è semplice: una pressione di 150 mmHg è considerata anomala, quindi si prescrive un farmaco antipertensivo. La Medicina di precisione, invece, adotta un approccio diverso. Prima di prescrivere un farmaco, si indagano le cause: il paziente è in sovrappeso? Quali sono le sue abitudini alimentari? Pratica attività fisica regolare? L'obiettivo è modificare lo stile di vita e verificare se la pressione può tornare nei valori normali attraverso questi cambiamenti, come frequentemente accade nella pratica clinica. Questa è la differenza sostanziale: la Medicina di precisione richiede tempo per conoscere Giovanni come persona, mentre il protocollo standardizzato lo trasforma in un numero equivalente a tutti gli altri.
Conosco in prima persona, da medico ospedaliero, tutte le difficoltà nell'applicare questo approccio nella pratica quotidiana. I tempi a disposizione, specialmente negli ospedali, sono spesso compressi. Il numero di persone che necessitano di assistenza è elevato, le risorse sono limitate. Sono ostacoli reali e concreti.
Tuttavia, credo fermamente che anche solo l'atteggiamento mentale possa fare la differenza. Se noi medici manteniamo la consapevolezza che è possibile – e, aggiungo io, doveroso - praticare una Medicina di precisione, questo approccio mentale può trasformare significativamente il modo in cui ci rapportiamo ai pazienti.
Purtroppo, questo atteggiamento si è progressivamente affievolito nel tempo. È innegabile che sia molto più semplice e rapido inserire il paziente in un protocollo e risolvere la situazione con una prescrizione farmacologica. Ma la semplicità operativa non può giustificare la rinuncia a un approccio più completo e personalizzato.
Una questione di umanità, prima che di competenze. Esiste una dimensione profondamente umana in tutto questo. Molte persone che si trovano ad affrontare problemi di salute vivono situazioni di grande difficoltà. Avrebbero bisogno, prima ancora delle prescrizioni, di una parola di conforto, di un messaggio di speranza. Un supporto che non può essere esclusivamente farmacologico.
Tutti noi ci rendiamo conto che, man mano che aumenta il numero di farmaci prescritti, aumentano anche gli effetti collaterali e i disagi per il paziente. Per questo motivo, stabilire un dialogo autentico con la persona diventa essenziale, per accompagnarla, nei limiti del possibile, verso la risoluzione dei propri problemi attraverso un cambiamento dello stile di vita, e ricorrere alla terapia farmacologica solo quando questa si riveli effettivamente necessaria. Questo rappresenta l'approccio più corretto e completo alla cura.
Riconosco che questo non è sempre semplice da realizzare nella pratica quotidiana. Ma è verso questo obiettivo che dobbiamo tendere, mantenendo viva la consapevolezza che ogni persona merita di essere vista e curata nella sua unicità, non come un semplice numero all'interno di un protocollo.