03/11/2022
Quando lo sport si trasforma in malessere, umiliazione e tristezza.
“Sono arrivata a pesarmi anche 4 volte al giorno: era diventato un problema anche bere mezzo litro d'acqua dopo ore di allenamento. Una volta mi hanno dato una dieta e alla fine c'era scritto un messaggio per me: ‘Abbiamo un maialino in squadra'…Se mi chiedono di riconsegnare le medaglie vinte nella ritmica per riavere la felicità non avrei dubbi: direi di sì. L'esperienza all'Accademia di Desio mi ha rovinato la vita”.
Quelle medaglie vinte con il sudore di un sacrificio immenso Giulia Galtarossa non le vuole nemmeno vedere, sono il ricordo di umiliazioni subite, di rinunce che spesso hanno spento il sorriso e bagnato gli occhi.
A nulla valgono i titoli di due volte, nel 2009 in Giappone e nel 2010 a Mosca, di campionessa mondiale di ritmica quando ogni giorno era il giorno buono per un giudizio imbarazzante, per l’esame dei cm del corpo, del peso.
Crescere così, minando la sicurezza di una ragazza oggi donna, rendere fragili per strappare un titolo, avviarle a regimi alimentari severi, innescando sensi di colpa e favorendo la strada dei disturbi alimentari, non è questa la mission dello sport e non è questo il prezzo da pagare.
Giulia, raccontando la sua esperienza, ha indossato la medaglia più preziosa: il coraggio.