28/11/2025
Promemoria scomodo, forse...
Ci sono giorni in cui l’agenda non è un’agenda. È un campo minato.
Prenotazioni che evaporano, messaggi che arrivano dopo, scuse che non sono scuse.
Ennesime disdette senza preavviso. Una qui, una là, una ogni settimana.
Somma dopo somma…
E alla fine non salta un appuntamento: salta un posto di lavoro.
Quello di una estetista che vive di mani, tempo e dedizione.
E no: non esiste una tutela.
Non c’è una legge che ti permette la caparra per confermare.
Non puoi scalare il trattamento dall’abbonamento.
Non puoi fare molto, tranne contare i danni e respirare forte.
Il paradosso?
Quando prenoti una vacanza e non ci vai, perdi la caparra.
Quando salti una visita medica, non vieni rimborsato.
In quei casi nessuno si stupisce.
Qui sì.
Il problema non è la caparra, non è il regolamento.
Il problema, sempre e solo, è il rispetto:
quello che non si insegna con una firma
e non si recupera con una multa.
E c’è un dettaglio che molti fingono di non vedere:
avvisare “qualche ora prima” non è avvisare.
Il rispetto vive in un tempo preciso: almeno 24 ore.
Perché solo così possiamo provare a riorganizzare, riempire un buco, salvare una giornata di lavoro.
Sotto quella soglia, non è un imprevisto: è un danno.
E voglio dirlo chiaramente:
grazie a chi avvisa, a chi ha riguardo, a chi tratta il nostro tempo come tratta il proprio.
Perché c’è anche questo: persone impeccabili che ci permettono di lavorare bene.
Ma sono ancora troppe — troppe — quelle che non lo fanno.
E allora questo non è uno sfogo.
È un promemoria.
Chi prenota un appuntamento sta prenotando il tempo e la dignità di qualcuno.
E il rispetto, quello sì, dovrebbe essere obbligatorio per legge.
Antonella