06/11/2025
IL CASO DEL RAGAZZO TORTURATO A TORINO
Ci sono storie che fanno male.
E questa fa malissimo.
Un ragazzo di quindici anni, fragile, con una disabilità cognitiva, è stato torturato per ore da tre coetanei — due ragazzi e una ragazza — nella notte di Halloween. Gli hanno rasato i capelli e le sopracciglia, spento una sigaretta sulla pelle, costretto a immergersi nell’acqua gelida, rinchiuso in una stanza, umiliato fino all’annientamento.
Non è una bravata.
È un atto di pura crudeltà.
Dietro questi comportamenti non c’è solo l’assenza di empatia. C’è un vuoto morale assoluto, una mente che ha disimparato a riconoscere l’altro come essere umano.
Questi ragazzi hanno agito come predatori emotivi, in cerca di una vittima su cui esercitare dominio, potere, controllo.
Hanno trasformato la sofferenza altrui in uno spettacolo.
Hanno confuso il dolore con il divertimento.
E dietro di loro — come troppo spesso accade — ci sono genitori ciechi, assenti o complici, che non hanno mai insegnato a distinguere il bene dal male, che hanno scambiato la libertà per assenza di regole e la fragilità dei figli per unicità da proteggere a ogni costo.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: giovani senza confini, senza coscienza, senza vergogna.
Figli di un’educazione fallita, di un modello familiare evaporato.
Ragazzi che non hanno imparato a contenere la rabbia, ma solo a trasferirla su chi è più debole.
Queste non sono “ragazzate”.
Sono i segnali precoci di personalità profondamente malevole, che possono evolvere verso forme ancora più gravi di violenza se non si interviene subito e con decisione.
È tempo che la giustizia agisca con la massima celerità e la massima severità.
Non per vendetta, ma per dare un segnale chiaro: non tutto è tollerabile, non tutto è spiegabile con l’adolescenza, non tutto è recuperabile se si continua a negare la realtà.
Il primo passo è che sia fatta giustizia per questo ragazzo.
Il secondo è che l’intera comunità si guardi allo specchio e riconosca che quando l’educazione fallisce, la violenza prende il suo posto.
Perché questi ragazzi non sono “mostri”.
Sono il prodotto diretto del nostro silenzio, della nostra indifferenza e della complicità di adulti che hanno smesso di fare gli adulti.
Firmato una Criminologa
Identificati i tre membri della baby gang che ha sequestrato e torturato un 15enne a Torino. La procuratrice invita gli aggressori a presentarsi.