Dott.ssa Cristiana Zanoni, Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Cristiana Zanoni, Psicologa Psicoterapeuta Consulenza e sostegno psicologico alla persona e alla coppia. Psicoterapia per l'età adulta e l'adolescenza

26/07/2024

Questo è dedicato a chi molla.
Questo è dedicato a chi rinuncia, a chi si arrende, a chi si ritira.
Questo è dedicato a chi, a un certo punto, si è reso conto che non era capace, che non era buono, che non era in grado. E al posto di provarci a tutti i costi, se ne è andato.
Questo è dedicato a chi è stanco, a chi è esausto, a chi almeno una volta ha detto: basta, non ce la faccio, ne ho avuto abbastanza, lascio.

Questo è dedicato a chi cede, a chi abbandona, a chi abdica, a chi si dimette. Anche da se stesso.
A chi non s’è fatto fregare dalla retorica dell’eroe, dagli anabolizzanti dell’ottimismo a tutti i costi, a chi da piccolo si è sentito dire “non mollare” e da quel momento in poi mollare è diventata soprattutto una questione di principio.
Questo è dedicato a chi ha lasciato un lavoro, un progetto, un rapporto o una concezione di se stesso. A chi ha accantonato un account, ha abbandonato un abbonamento, a chi ha chiuso i conti con un conto corrente.

A chi ha lasciato una città, perché già ci era nato e viverci pure gli pareva di infierire.
Questo è dedicato a chi chiude con l’università quando gli manca un solo esame e a chi sta a due passi dal traguardo quando capisce non ce la fa più. A chi non lo vuole neanche ba***re il calcio di rigore, a chi abbandona la nave. Magari non per primo, ma tra i primi dieci.
Questo è dedicato a chi si è reso conto di aver fallito, di aver disatteso aspettative ed eluso persone, e adesso deve fare i conti col fatto che forse non è abbastanza bravo in quell’unica cosa che era sicuro di saper fare.

Questo è dedicato a chi prende la decisione più facile e più difficile di tutte, a chi trova il coraggio di dichiarare: mollo.
Questo è dedicato a chi molla un punto di vista, un’opinione, un preconcetto. A chi trova la forza per scardinarsi dai propri giudizi, a chi si sbullona dal piedistallo. A chi, mollando, è costretto a fare quello che più fa paura: fermarsi. Ma fermandosi magari trova il tempo per guardarsi intorno.

A chi si ritrova deluso da sé a domandarsi se sia giusto, se doveva metterci più impegno, se sia il caso di aggiungere un rimpianto alla collezione.
A chi si ritira, a chi si ritirerà, a chi non prova la minima vergogna, anzi: voi tenetevi la vittoria, io mi tengo la dignità.
Questo è dedicato a chi molla perché è scontento, perché è infelice, questo è dedicato a chi molla perché è imperfetto.
Questo è dedicato a chi, in un mondo che ci vuole tutti concorrenti, ha scelto di non giocare piuttosto che giocare male, che giocare sporco. A chi ha deciso di mollare per paura di diventare come le persone che odia, di perdere quelle che ama o di trasformarsi in uno di quei fantasmi che lo tormentano. Quelli sì non mollano mai.

Questo è dedicato a chi ha mollato perché era la cosa più sensata da fare, perché era la più giusta, perché glielo chiedevano in tanti, perché sinceramente stava rendendo la vita difficile a tutti. È dedicato a chi si è reso conto di aver rotto un po’ il c***o.
Questo è dedicato a chi ha mollato quando stava vincendo e adesso passa la notte sveglio a domandarsi se poteva vincere molto di più. È dedicato a chi ha mollato mentre stava perdendo e adesso la notte dorme come un bambino.

Questo è dedicato a chi ha mollato perché aveva bisogno d’aiuto. A chi l’ha ricevuto. A chi no.
A chi rinuncia alla rivincita, alla bella, alla vendetta. A chi si è imparato a perdere senza fare tante storie e a chi non ha bisogno di vincere per sapere chi è.
Questo è dedicato a chi molla con stile, con generosità, con umiltà. A chi molla subito, a chi non trascina una cosa patetica per mesi, a chi ci scherza sopra anche se fa male.

Questo è dedicato a chi, mollando, si assume la responsabilità di deludere tutti quelli che credevano in lui. A chi, andandosene, si lascia dietro un bella scia di macerie. A chi dà una mano a pulire e a chi, con quelle macerie, ci farà i conti per il resto della sua vita.
Questo è dedicato a chi dopo aver mollato ha detto: e adesso? Sentendo la paura mo***re come un temporale.
Questo è dedicato a chi ha scoperto che c’era altro, che si sopravvive. A chi mollando ha trovato sollievo, ispirazione, libertà. E a chi invece ha trovato solo un vuoto che se l’è consumato un po’ alla volta.

Perché mollare, da queste parti, ti hanno insegnato che è un tabù, uno stigma, la ricetta per l’incostanza, l'improduttività e quindi per l’accidia e per l’infelicità.
E allora questo, soprattutto, è dedicato a chi ha mollato ma resiste, a chi ha mollato e nonostante c’è.
A chi ha mollato per restare.
A chi se n’è andato, ed è ancora qua.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.
Non è successo niente

02/06/2024

“La leggenda giapponese del bambù che devi leggere quando le cose non vanno come vuoi.”

Molto tempo fa, due agricoltori stavano passeggiando per il mercato quando, ad un certo punto, la loro attenzione venne catturata da una bancarella sulla quale erano esposti dei semi che non avevano mai visto prima, così decisero di fermarsi per chiedere informazioni dal venditore

“Mercante, che semi sono questi?”, chiese uno dei due uomini.

“Sono semi di bambù. Vengono da Oriente e sono semi molto speciali”, rispose il venditore.

“E perché sono tanto speciali?”, chiese uno dei due agricoltori.

“Se li prenderai e li pianterai, saprai il perché. Hanno solo bisogno di acqua e concime”, rispose il mercante.

Così i due agricoltori, mossi dalla curiosità, comprarono diversi semi di quella strana pianta chiamata bambù.

Una volta tornati nei loro rispettivi terreni, i due agricoltori piantarono quei semi e iniziarono fin da subito ad innaffiarli e a concimarli, proprio come aveva detto di fare il mercante.

Dopo qualche tempo, le piante di bambù non erano ancora germogliate, a differenza di tutte le altre che continuavano a crescere e che già davano i primi frutti.

Uno dei due agricoltori disse all’altro: “Quel vecchio mercante ci ha ingannati con i semi. Da questi semi non crescerà mai nulla”. E decise di smettere di prendersene cura.

L’altro invece continuò a coltivare i propri semi, dando loro tutta l’acqua e il concime necessari.

Continuava a passare il tempo, ma i semi non germogliavano.

L’agricoltore era ormai sul punto di gettare la spugna, quando un bel giorno vide che il bambù stava finalmente crescendo. Ma non solo, l’uomo era rimasto letteralmente sorpreso per il fatto che in sole sei settimane le sue piante avevano raggiunto un’altezza di 30 metri.

Come è possibile che il bambù abbia impiegato 7 anni per germogliare e che in sole sei settimane sia riuscito a raggiungere una tale altezza?

Molto semplice: durante i 7 anni di apparente inattività, il bambù stava generando un complesso sistema di radici che gli avrebbe permesso di crescere così tanto.

Cosa dobbiamo imparare?
La leggenda del bambù ci da speranza e riflette l’importanza di non darsi per vinti quando dobbiamo affrontare un ostacolo, una sfida o un imprevisto.
A volte l’impegno che mettiamo in quello che facciamo è talmente grande che ci aspettiamo un risultato proporzionale al nostro impegno e quando non vediamo i risultati ci arrendiamo credendo che non siamo capaci nel portare a termine l’impegno preso.
Questa legenda ci insegna che la perseveranza e la resilienza costante e continua sono fondamentali per ottenere dei grandi risultati e che, se inizialmente non vediamo i frutti del nostro lavoro, è perché si stanno formando le radici che ci permetteranno di avere risultati più duraturi e costanti nel tempo.

(Leggenda Giapponese - Autore Sconosciuto)

18/04/2024

È una sensazione molto bella sentire la stima di chi stimi.

Io penso che esista quella cosa della reciprocità.

Non parlo solo di relazioni amorose. Vale per ogni incontro: lavorativo o amicale.

Se ti piace una persona facilmente sarà reciproco. Ed è vero anche il contrario: se non ti piaccio, probabilmente manco tu mi piaci.

Fidati, per niente.

Non è ripicca in un caso o compiacenza nell’altra.

È proprio che le persone affini si attraggono. C’è una chimica che non è solo pelle.
Si chiama avere affinità elettive.

E quando le incontri sulla tua strada la sensazione di sentirsi sulla stessa lunghezza d’onda è impagabile.
Impagabile




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