Dott.ssa Roberta Riccucci Psicologa

Dott.ssa Roberta Riccucci Psicologa Servizi di Psicologia Servizi di Psicologia alla Persona, alla Coppia, alla Famiglia, alle Organizzazioni. Sessuologia e sostegno all'infertilità di Coppia.

Gruppi psicoeducativi.

26/10/2025

— E tu cosa vuoi essere, Ju-Yung? — mi chiese mio padre, mentre portavamo insieme un sacco di riso.
— Non lo so — risposi — ma non questo.

Sono nato ad Asan, un villaggio così povero che perfino la terra sembrava prestata.
A casa eravamo in tanti: se uno piangeva, l’altro doveva aspettare il suo turno.
Mangiavamo una volta al giorno. A volte nemmeno quella.
Mia madre cucinava quel poco che avevamo in una pentola senza coperchio,
e mio padre ripeteva che la terra era l’unica certezza nella vita.

Ma io non volevo la terra.
Né il riso.
Né la rassegnazione.

A sedici anni, senza un centesimo, me ne andai.
Camminai per più di duecento chilometri fino a Seoul.
A piedi nudi, con un asciugamano al collo, un cambio di vestiti
e la fame come unico motore.

— Sai fare qualcosa? — mi chiesero al mio primo lavoro.
— So provarci — dissi.

Fui assistente muratore, poi operaio, poi falegname.
Dormivo sul pavimento dei cantieri o in stanze affittate a ore.
Mi avvolgevo nei giornali per non morire di freddo.
Mi promisi che ogni notte passata sul pavimento
sarebbe stata un mattone in più per costruire la mia casa.

Col tempo aprii un piccolo laboratorio.
Mi sentivo invincibile… finché non mi truffarono.
Persi tutto.
La vergogna mi divorava più della fame.
Pensai di arrendermi. Pensai di tornare indietro.

Ma una mattina, seduto sul marciapiede, con le mani sporche di grasso,
mi dissi: — Se hai già perso tutto, non hai più nulla da temere. —

E ci provai di nuovo.
E fallii di nuovo.
E ricominciai.

Finché quel laboratorio non crebbe.
Diventò una piccola impresa.
La chiamai Hyundai.

— Chi si fiderebbe di un contadino per costruire automobili? — ridevano.
— Chi crede nell’impossibile — rispondevo.

Così nacque la Hyundai Pony, la prima automobile coreana.
Non era bella, né veloce… ma era nostra.
La gente la toccava come fosse un miracolo.
Alcuni piangevano. Anch’io.
Perché quella macchina non aveva solo ruote: aveva una storia.

Non sono mai andato all’università.
Nessuno mi ha insegnato finanza, meccanica o leadership.
Ho imparato con le mani, con gli errori, con la dignità.

— E se ti andasse di nuovo male? — mi chiedevano.
— Allora ricomincio da capo. —

Oggi molti conoscono il marchio.
Pochi conoscono la storia.
Io non ho avuto fortuna, né titoli, né un nome importante.
Ho avuto solo un’idea: che l’origine non definisce il destino.

E per questo te lo dico, con il cuore alto:

Se non hai soldi, ma hai coraggio… continua.
Se nessuno crede in te, ma tu sì… continua.

Perché a volte la vita non chiede altro:
un’anima che si rifiuta di arrendersi.

E se un giorno vedrai passare una Hyundai,
ricorda che una volta era solo il sogno
di un bambino senza scarpe.

18/10/2025

Lo avevano privato di tutto.
Della casa, dei libri, dei pazienti, perfino del nome.
Sui documenti del campo c’era solo un numero: 119 104.
Ma Viktor Frankl, psichiatra austriaco di Vienna, continuò a fare l’unica cosa che nessun muro poteva impedirgli: curare l’anima.

Fu deportato prima a Theresienstadt, poi a Auschwitz e infine a Dachau.
Ogni giorno vedeva uomini spegnersi non per fame, ma per mancanza di senso.
E lì, nel cuore dell’inferno, comprese una verità che avrebbe cambiato la psicologia moderna:
anche quando tutto è perduto, la libertà ultima dell’uomo è scegliere il proprio atteggiamento davanti al destino.

Cominciò a parlare ai compagni di baracca, a sostenerli con poche parole, a farli aggrappare a un pensiero, a un ricordo, a un perché.
Un figlio da rivedere.
Un amore da ritrovare.
Un lavoro da finire.
Un sogno ancora possibile.

Molti sopravvissero grazie a quella scintilla invisibile.
Altri morirono, ma con una pace che nessuna guardia poté rubare.

Quando la guerra finì, Frankl pesava poco più di quaranta chili.
Aveva perso la famiglia, la moglie, tutto ciò che possedeva.
Ma portava con sé un manoscritto scritto a memoria:
le basi di una nuova terapia, nata tra il filo spinato e la disperazione.

La chiamò logoterapia — “la cura attraverso il significato”.
Insegnerà al mondo che non si guarisce soltanto con le medicine, ma con uno scopo.
Nel 1946 pubblicò Uno psicologo nei lager, un libro tradotto in decine di lingue.

Scrisse:
«Chi ha un perché, può sopportare ogni come.»

Parole nate in un campo di sterminio, che ancora oggi curano chi si è perso nella vita.


Perché finché l’uomo trova un senso, neppure l’oscurità può vincerlo.

08/10/2025

Nel 2007, un uomo di 44 anni si recò in un ospedale francese per un semplice fastidio alla gamba.
Niente faceva pensare a qualcosa di grave. Ma ciò che i medici scoprirono sembrava impossibile:
il suo cervello si era assottigliato fino a formare solo un sottile strato di tessuto cerebrale, compresso contro le pareti del cranio.
Si racconta che ne fosse rimasto appena il 10%.
Eppure, quell’uomo viveva una vita del tutto normale.

Era sposato, aveva figli, lavorava, parlava, ragionava.
Era perfettamente cosciente di sé.
Il suo caso, pubblicato sulla rivista The Lancet, lasciò la comunità scientifica senza parole:
come può un essere umano pensare, amare, muoversi e ricordare, con così poco cervello funzionante?

Gli esami rivelarono che l’uomo soffriva di idrocefalia fin dall’infanzia — una condizione in cui il liquido cerebrospinale si accumula nel cranio, comprimendo lentamente il tessuto cerebrale.
Nel suo caso, quel processo era durato decenni, e il cervello, invece di spegnersi, aveva reagito nel modo più straordinario possibile:
si era riorganizzato.

Il neuroscienziato belga Axel Cleeremans suggerì che il suo cervello rappresentava la prova più potente della plasticità cerebrale, la capacità del sistema nervoso di adattarsi e ridisegnarsi per sopravvivere.
Quel tessuto rimasto aveva imparato, col tempo, ad assumere le funzioni dell’intero cervello — a pensare, ricordare, sentire, amare.
Era come se l’organo più misterioso del corpo umano avesse ricreato se stesso da zero.

Questo caso ha ridefinito i confini della neuroscienza e della coscienza.
Ha dimostrato che non è la quantità di cervello a determinare chi siamo, ma la sua capacità di reinventarsi, di adattarsi, di non arrendersi.

In fondo, forse l’essenza dell’essere umano non sta nella materia grigia,
ma in quella scintilla invisibile che lo spinge a ricominciare, anche quando sembra impossibile.

Buon inizio d'anno ❤️
02/09/2025

Buon inizio d'anno ❤️

24/08/2025
24/05/2025

Pagella di papà – Vale la pena leggerla fino alla fine
Era mercoledì, ore 8:00. Arrivo puntuale alla riunione a scuola di mio figlio. "È obbligatoria", mi aveva detto l’insegnante il giorno prima.
"Ma guarda un po’ questa maestra... pensa che possiamo mollare tutto quando vuole lei? Avevo una riunione importantissima alle 8:30... un affare grosso! Ma ho dovuto cancellarla."

Inizia l’incontro. La maestra ringrazia tutti, ma io nemmeno ascolto: penso a quel contratto, ai soldi, alla TV nuova che avrei potuto comprare.
"Juan Rodríguez!" – sento chiamare.
"Presente" – rispondo e vado a prendere la pagella di mio figlio.

La apro. Un disastro: solo 6 e 7. Vergogna. La chiudo subito, sperando che nessuno abbia visto.
A casa, la rabbia cresce:
"Ma se non gli manca niente! Gli do tutto! Ora gliela faccio vedere io!"
Entro, sbatto la porta.
"Juan! Vieni qui!"
Lui corre e mi abbraccia:
"Papà!"
"Papà un c***o!" Lo stacco da me, prendo la cintura… non so nemmeno quanti colpi gli ho dato.
"VAI IN CAMERA!" – urlo.
Juan va via piangendo. Mia moglie non dice una parola, scuote la testa e se ne va in cucina.

La sera, più calmo, lei mi porge qualcosa:
"Leggila con attenzione... poi decidi cosa fare."
Era la vera pagella. Quella che mio figlio aveva scritto per me:

🔹 Tempo che papà passa a parlare con me prima di dormire: 6
🔹 Tempo che papà dedica a giocare con me: 6
🔹 Tempo che papà passa ad aiutarmi con i compiti: 6
🔹 Tempo in famiglia con papà: 7
🔹 Tempo in cui papà mi racconta una storia prima di dormire: 6
🔹 Tempo di coccole con papà: 6
🔹 Tempo che guardiamo la TV insieme: 7
🔹 Tempo che papà dedica ad ascoltare i miei problemi: 6
🔹 Tempo che papà passa a insegnarmi qualcosa: 7
📉 Media: 6,22

Mi si è gelato il sangue. Aveva dato a me le stesse pagelle che io stavo criticando. E forse ero pure stato troppo fortunato.
Sono corso da lui. Dormiva ancora con il viso rigato dalle lacrime. L’ho abbracciato e ho pianto.
Avrei voluto tornare indietro… ma non si può.
Lui ha aperto gli occhi, mi ha sorriso e ha detto:
"Ti voglio bene, papà."
Poi si è riaddormentato.

💔 Genitori, svegliamoci.
La vera pagella ce la danno i nostri figli, ogni giorno.
Che voto ti darebbero oggi?
Fatti trovare pronto.

Il mio augurio che ciascuno di noi sappia costruire il proprio "buon" anno. Le parole, per quanto sincere e affettuose, ...
31/12/2024

Il mio augurio che ciascuno di noi sappia costruire il proprio "buon" anno.
Le parole, per quanto sincere e affettuose, non porteranno ciò di cui abbiamo bisogno. Serve un progetto. Preciso, determinato, misurabile e verificabile. Serve un sogno, e serve che sia realizzabile. Abbiamo 365 giorni a disposizione per arrivare esattamente "li". Non una cosa a caso. Non una cosa generica. Dove siete? Dove volete arrivare? Buon lavoro 💪😊
E buon anno!!! ❤️

Auguro a voi, e a tutte le persone che amate, un Natale buono. ❤️
24/12/2024

Auguro a voi, e a tutte le persone che amate, un Natale buono. ❤️

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