Dott.ssa Silvia Zacchini esperta in DSA

Dott.ssa Silvia Zacchini esperta in DSA Psicologa clinica specializzata con master di II livello in Psicopatologia dell'apprendimento presso

C'è molto da fare. E in fretta.
02/11/2025

C'è molto da fare. E in fretta.

A 9 ANNI HANNO FONDATO UN “CLUB DEL SESSO”: se siete genitori, per favore prendetevi 10 minuti per leggere questo post.

Genitori ed educatori: il messaggio che segue richiede circa 10 minuti del vostro tempo. Ma potrebbero essere dieci minuti chi vi aiutano a comprendere cose che stanno succedendo nelle vite dei nostri figli e di cui è troppo importante riflettere insieme. Questo post parte dalla testimonianza di una collega che mi ha scritto così:

“Gentile dottore per la prima volta nella mia esperienza professionale mi trovo davanti una situazione per me difficile da affrontare. Nella nostra scuola ci sono bambini di 9 anni che vedono video pornografici dallo scorso anno e hanno creato un club del sesso. Chi vuole farne parte è obbligato a visionare materiali pornografici spinti, rapporti orali, a tre, con uso di oggetti. Tutto questo è stato scoperto da una mamma. Mi viene da dire maledetti cellulari e adulti incoscienti che comprano sempre prima questo oggetto e non supervisionano. Alcune bambine manifestano un disagio forte, Oggi una ha vomitato per lo schifo provato davanti a delle immagini, altre piangono. Io da tanti anni affronto il discorso della pornografia online, della mercificazione del corpo, porto poesie d'amore, mostro ciò che manca in quelle visioni di solo accoppiamento fisico. Lo faccio nella terza media. A quella età le parole mi escono facilmente, so come affrontare il discorso. Non mi è mai successo di trovarmi in una situazione simile, davanti a bambini di 9 anni. Ecco perchè ho bisogno di un confronto con lei.

Da anni, ogni settimana (e ribadisco: ogni settimana) ricevo mail con richieste di aiuto in cui un adulto rivela di sentirsi disorientato di fronte a ciò che ha scoperto esistere nella vita virtuale di un figlio, di uno studente, di una classe o all’interno di una chat. Molte di queste richieste hanno a che fare con l’esplorazione della sessualità da parte di minori che viene fatta sempre più precocemente e con modalità totalmente inadeguate rispetto all’età e alla maturità dei soggetti coinvolti. Questa settimana ho ricevuto questa mail e ho chiesto il permesso di poter condividere questa testimonianza con chi legge i miei post.

Avere 9 anni e fondare, nel proprio ambito di amicizie, il club del sesso imponendo ai coetanei – per farne parte – di visionare materiali molto spinti è un esempio di come l’abuso sessuale (sì, questo è abuso e non esplorazione fase-specifica) possa entrare nella vita dei nostri figli attraverso la combinazione di cinque elementi:
1) il bisogno di appartenenza al gruppo
2) la disponibilità di strumenti digitali che permettono con tre click di fare qualsiasi cosa
3) la superficialità con cui il mondo adulto ha sdoganato nella vita dei minori strumenti potentissimi senza avere alcuna contezza della loro potenza e della disfunzionalità che essa porta nella vita dei minori
4) l’aggressività con cui le piattaforme digitali entrano nelle vite di tutti, anche dei bambini, proponendo esperienze totalmente non fase specifiche e arrogandosi il diritto di dire che non hanno alcuna responsabilità, in quanto avvertono l’utente di contenere materiale riservato ad un pubblico di cui specificano l’età minima (da cui se ne deduce che gli unici responsabili per le navigazioni pericolose sarebbero i genitori che dovrebbero vivere dentro gli smartphones dei figli)
5) la totale mancanza di educazione affettiva e sessuale, che lascia i piccoli esposti a situazioni estreme in cui percepiscono disagio ed eccitazione allo stesso tempo nella totale incapacità di comprendere come orientarsi in tutto ciò e soprattutto a chi chiedere aiuto., visto che le agenzie educative e gli adulti in generale si rivelano vacanti in questo ambito educativo.

Condivido questa testimonianza in un giorno di festa, non per rovinarvelo, ma perché nei giorni festivi noi adulti abbiamo ritmi più lenti e più tempo per concentrarci su cose che la frenesia del lavoro a volte non ci fa considerare importanti. Io non so più come dirlo al mondo che là fuori c’è un problema enorme che entra nelle nostre vite attraverso lo sdoganamento della virtualità a cui bambini e bambine hanno accesso, navigando senza alcun criterio e supervisione.

So che molti dicono che basterebbe educare ad un buon uso dello smartphone, perché non è lo smartphone in sé il problema, ma l’uso che ne viene fatto. Beh, lasciatemi dire che invece è anche lo smartphone in sé il problema perché ha una potenza che nessun bambino sa governare e che nessun adulto sa educare nella relazione con un minore. Dentro al virtuale c’è troppa roba mentre nella mente dei nostri figli, prima dei 16 anni ci sono ancora troppe poche reti neuronali integrative in grado di avere un dominio efficace di quella “troppa roba”. E’ come far guidare una fuoriserie ad un ragazzo che ha appena preso la patente per guidare un motorino.

Per favore parlate di tutto questo ad altri genitori. Voi educatori condividete questa storia nelle vostre chat di classe. Rendete questa domenica una domenica di consapevolezza adulta, sia genitoriale che della comunità educante tutta. Troppe volte sento dire, anche da colleghi molto quotati, che io, con la narrazione che ho fatto del digitale in questi anni, non ho compreso nulla. Perché il problema secondo moltissimi sta nella fragilità di noi adulti.

Io penso che dobbiamo avere il coraggio di dire che il mondo virtuale ha reso i genitori fragili e la fragilità degli adulti ha reso il mondo virtuale sempre più capace di impossessarsi delle vite dei nostri figli. E’ un gatto che si morde la coda che però ha avuto il suo punto di inizio con la pervasività del digitale portatile dentro alle nostre vite di esseri umani del terzo millennio. E questo, Jonathan Haidt lo spiega benissimo nel suo volume “Generazione ansiosa” (Rizzoli ed.)

Su questo tema anch’io ho appena pubblicato un libro con Barbara Tamborini intitolato “Esci da quella stanza. Come e perché riportare i nostri figli nel mondo” (Mondadori ed.) dove cerchiamo di far capire ai lettori che oggi abbiamo bisogno di una totale inversione di rotta e che noi genitori ne dobbiamo essere consapevoli protagonisti. Vi prego, andatelo a cercare nella biblioteca più vicina a casa vostra, non c’è bisogno che lo compriate (chi sa quanti pensano che il mio unico interesse sia – in questo momento - vendere un libro. Ma se così fosse, vi siete mai chiesti come mai in più di dieci anni di vita nei social non ho mai – e ribadisco mai – messo un link ad alcuna libreria online che conduca all’acquisto automatico di un mio libro?). Scrivo libri non perché ho l’urgenza di venderli (cosa che naturalmente viene valutata come positiva da un autore), ma per fare cultura, per usare il mio posizionamento professionale e sociale (oltre che social) ai fini del miglioramento della vita e delle condizioni di crescita dei nostri figli. Lo dico da professionista e lo dico come padre di quattro figli.

Se anche voi pensate che fondare il club del sesso a 9 anni sia una spaventosa distorsione della crescita derivata da un mondo che non ha alcuna cura dei bisogni evolutivi di bambini e bambine del terzo millennio e che ciò non dipenda solo dalla fragilità di noi genitori, ma dalla potenza con cui quel mondo invade le nostre vite…… beh allora spero che questo post vi aiuti a correre ai ripari.

Se volete e potete, aprite il dibattito con più adulti possibili e condividete questo messaggio.

L'importanza del pdp
29/10/2025

L'importanza del pdp

I giudici amministrativi intervengono sull’applicazione delle misure compensative per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa)

29/10/2025

Smartphones and social media place adult-sized responsibilities on children long before they’re ready. From managing constant notifications, to navigating on...

16/10/2025

Il sexting è un problema molto grave e in crescita. La dipendenza morbosa dalla pornografia ne è una radice. La formazione per genitori, educatori e minori in materia di educazione digitale ed educazione all'affettivita' è una strada piena di possibilità positive per arginare questo enorme problema, dagli esiti nefasti. Non lasciamo che le cose vadano per la loro strada. Occhi aperti e vigili, sempre.

22/09/2025

Mi occupo soprattutto di infanzia.
Mi prendo cura dei diritti dei bambini.
Non riesco più a guardare le notizie e le immagini che arrivano da Gaza.

Oggi scelgo di fermare il mio lavoro perché non possiamo fare come se...

Devo accendere un lume, credere ancora nell'umano, nonostante ciò che molti riescono a fare e a non fare.

"Mamma, come va la guerra?"Mia figlia, 5 anni, quasi ogni giorno mi rivolge questa domanda difficile.Il tema dei conflit...
02/08/2025

"Mamma, come va la guerra?"
Mia figlia, 5 anni, quasi ogni giorno mi rivolge questa domanda difficile.

Il tema dei conflitti violenti sparsi nel mondo mi sta a cuore.
Osservo che i ragazzi che frequentano lo studio non ne parlano. Spesso, se sollecito l'argomento, non sembrano essere a conoscenza dell'esistenza delle guerre attuali. E non solo i bambini della scuola primaria. Ma anche gli studenti grandi.
La guerra fa paura. Sempre. A tutti.
Ma è presente. Va integrata nelle nostre realtà.
Fare educazione è anche questo a mio parere.
La pace si costruisce anche mostrando gli esiti della sua assenza.
Certamente ogni età avrà bisogno di opportuni filtri, linguaggi adatti e scelte su cosa mostrare e cosa no.

Ma come possiamo tenerci lontani da ciò che continuamente vediamo, anche se a fortunata distanza?
Come possiamo educare all'altro, alla compassione, alla tolleranza se manteniamo il distacco forzato che può pericolosamente virare sull'indifferenza?

I ragazzi combattono diverse ore al giorno. Virtualmente s'intende. Più uccidi più punti ottieni.
Gli occhi sono accesi come raramente un libro riesce a fare.
Poi silenzio.
Troppo silenzio.
Insopportabile distratto silenzio.

I giornali non si comprano. Non si leggono in famiglia. Non circolano sui tavoli, sui divani, non vengono lasciati aperti sulle pagine giuste.
I telegiornali si fuggono.
I libri....mah...quali?

Eh ma è lontano.
Eh ma sempre disastri.
Eh ma basta notizie tristi.

Poi però vengono gli attacchi di panico.
Le solitudini.
Le magrezze estreme. Le abbuffate.

Siamo troppo soli. Isolati. Persi nell'io egoista.
Vi prego basta.
Alziamo la testa, muoviamo le mani, guardiamoci e sosteniamoci.
L'educazione alla pace comincia anche così.

E da quando la vetrina dei social è sempre aperta, le ferite sono più esposte.
29/07/2025

E da quando la vetrina dei social è sempre aperta, le ferite sono più esposte.

Non si sta male sempre nello stesso modo e non tutto l'anno. Ci sono dei periodi in cui, se stai male, stai più male.

L'estate è uno di questi. Ancora più del Natale. Perché per Natale qualcuno che si fa contagiare dallo spirito del Natale e ha un gesto gratuito di gentilezza - un inaspettato regalo - c'è sempre. D'estate no. L'estate è la stagione egoistica per eccellenza. Siamo tutti occupati a fare riserva di divertimento, preoccupati di mettere in cascina una riserva di gioia: peccato che la gioia sia una delle emozioni più difficile da mettere in conserva!

D'estate - se stai male - ti sembra di stare ancora più male perché ti sembra di essere l'unico al mondo a stare male. Ti sembra che tutti gli altri si stiano follemente divertendo (non è vero!). Ti sembra di essere l'unico che non ha organizzato vacanze smart. Che non ha amici trendy. In una parola ti sembra di essere l'unico che non ha.

E allora cerchi aiuto e questo ti fa stare ancora più male perché tutti sono in ferie. Poi fortunatamente arriva settembre: il mese che riporta la parità dei diritti tra gioie e dolori. Che rimette tutti al loro posto. E allora anche chi è stato così male d'estate non si sente più tanto male e decide che non importa fare qualcosa, che, forse, anche stavolta ce la fa.

Lo star male estivo ha una radice perenne: è la nostra wanting mind che ci fa stare così male d'estate. La differenza tra noi e gli altri acuisce la sofferenza ma la wanting mind - quella che ci fa desiderare di più e non percepire il gusto e il senso della soddisfazione - è attiva tutto l'anno e fa danni in ogni stagione. Ci sono piccoli rimedi - omeopatici nella loro delicatezza - efficaci come una dose unica. Tanto la wanting mind ci porta altrove, tanto è importante vedere le persone che sono accanto a noi.

Tanto la wanting mind ci fa desiderare, tanto possiamo provare gratitudine per quello che già abbiamo. Non è tutto ma è presente. E poi, infine, possiamo coltivare il senso di sazietà nei mille momenti in cui abbiamo ciò che volevamo: il cibo, il giornale, la mail scritta. La soddisfazione sta in ogni gesto.

© Nicoletta Cinotti Il programma di mindful self-compassion

Quando l'ho conosciuto mi è venuto subito in mente il bellissimo albo di Cristina Bellemo , PIENO VUOTO.Due occhi stupen...
25/07/2025

Quando l'ho conosciuto mi è venuto subito in mente il bellissimo albo di Cristina Bellemo , PIENO VUOTO.

Due occhi stupendi, penetranti, ma intercettati solo di rado.
Per un'ora ha parlato guardando un punto fisso sopra la mia testa, a sinistra. Mi è sembrata la sua strategia per tenersi saldo, per non cedere alle lacrime che per tutto il tempo stavano a bordo piscina dei suoi occhi.
Un corpo giovane, atletico, eppure intriso di assenze dolorose.
Si studia da tempo la connessione neurofisiologica fra corpo e cervello. Ieri l'avevo davanti. Continuamente. Un cuore adolescente pieno di memorie faticose, pieno di ricordi di parole violente, con una nostalgia di affetto magistralmente descritta.
Lucido. Presente. Puntuale nel sentire e riferire dove fa male.

Ci dicono che i ragazzi d'oggi sono incontentabili, spenti, chiusi, egoisti. Ci dicono che hanno "tutto" ma che non gli basta mai.
A volte è vero, si. Ma è raro. Mi chiedo sempre se chi parla DEI ragazzi parli anche CON i ragazzi. E non per fare interrogatori ma per sapere di loro, per davvero.
Lui è stato una sorpresa. Bellissima. Ma anche una conferma. Che non sappiamo niente di una persona se non lo vogliamo davvero. Che incontrare è meravigliosamente difficile, che ci vuole tanto tempo, tanto rispetto, una forma gentile di curiosità umana.
Solo tre volte ho potuto sentire i suoi occhi.
È stato quando sono riuscita a intercettare un pensiero che non riusciva a ve**re in superficie. Gli ho prestato le parole.
Quei secondi di connessione fortissima sono stati uno scossone. Ieri sera non riuscivo ad addormentarmi.
Erano occhi pieni di solitudine, di dolori, di pregiudizi ricevuti. Vuoti di speranza, di progetti, di rincorse.

Ci siamo lasciati con un foglio bianco, diviso in due parti. Un po' come il Signor Pieno e il Signor Vuoto proveremo a dire i nostri estremi e poi a mischiare gli ingredienti e a sentire che, tutto insieme, può funzionare. Possiamo volerci bene.

Potenziare gli screening e non prevedere il sostegno delle terapie. Che senso ha avere una diagnosi e non potersene fare...
15/07/2025

Potenziare gli screening e non prevedere il sostegno delle terapie. Che senso ha avere una diagnosi e non potersene fare qualcosa di utile? A cosa serve dare un nome senza farne seguire sostanza di cura?
Se solo una piccolissima parte dei fondi destinati al riarmo massiccio venissero dirottati alla salute, questo Paese avrebbe delle possibilità ora completamente negate.

E' arrivata in Parlamento una proposta di legge che parla di neuropsichiatria infantile. L’idea è quella di potenziare gli screening (non le terapie!) sui bambini a rischio. Neppure una parola sulla necessità di provvedere ad un reale potenziamento di servizi che non riescono, per l’insufficienza cronica di mezzi e di personale a offrire assistenza ai bambini di cui dovrebbero occuparsi terapeuticamente.
L’occasione è buona, mi pare, per sottolineare la divaricazione sempre più forte fra politica e fatti.
La spesa per l’assistenza psichiatrica in Italia rappresenta appena il 3% di un Fondo Sanitario sempre più debole a fronte del 15/20 % cui si dovrebbe arrivare e che già si spende in altri paesi europei. L’insufficienza di strutture e di personale è ogni giorno più grave nei servizi per gli adulti così come in quelli per i minori. A solo titolo di esempio, a Cagliari, un ragazzino di 10 anni che soffre di schizofrenia infantile è ospitato da anni, con problemi enormi per lui e per gli altri bambini, da una comunità educativa e non ha trovato finora in tutta Italia una struttura disposta ad accoglierlo per un percorso di cura mentre, per ciò che riguarda le acuzie, ogni giorno più frequenti, Roma e il Lazio dispongono di due sole strutture, cronicamente sovraffollate per il ricovero dei minori che vengono accolti solo in Pronto Soccorso. Quello di cui ci sarebbe bisogno e non c’è traccia è un piano di interventi per l’assistenza psichiatrica e psicologica dei minori di respiro nazionale, sostenuto da un finanziamento adeguato: se la salute mentale non fosse diventata ancora una volta, come accadeva prima di Basaglia, un problema che non interessa il Governo di questo paese. Ed un problema, probabilmente, destinato ad aggravarsi se è vero che l’Istat parla di un 27% dei sedicenni di oggi destinato “alla povertà o all’esclusione“.
Dedicheremo, pare, al riarmo il 5% del nostro PIL. Basterebbe dedicare all’assistenza psichiatrica lo 0,1% dello stesso PIL per sostenere il piano di cui ci sarebbe bisogno. Se ne accorgeranno almeno le opposizioni? Condurre una battaglia per difendere la salute mentale degli italiani è una priorità assoluta di questo nostro tempo. Anche se non ci sono segnali del fatto che qualcuno se ne accorga nei luoghi in cui si fa o si pensa di fare politica.
Luigi Cancrini

Immagine wikimedia commons

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