17/10/2025
Dojo Zen Sanrin di Fossano
sabato 4 ottobre 2025, zazen delle 8:15
kusen del monaco Yushin
Se si continua a praticare lo Zen con regolarità, ad un certo punto si arriva, proprio come nella vita, a degli impasse, cioè a dover affrontare delle situazioni interiori difficili, apparentemente senza soluzione. Sono momenti fondamentali per il processo evolutivo personale, e per l’educazione nel caso di una scuola come la nostra: affrontare le contraddizioni, non sapere cosa fare... I maestri zen utilizzano sistematicamente queste circostanze come metodo educativo, addirittura le provocano. Nel Rinzai è una pratica formale, la pratica dei koan. Per quanto riguarda il Soto, la nostra scuola, Dogen ha esteso il koan alla vita stessa: il genjokoan, il koan universale, manifesto.
Un maestro dice ad un giovane monaco “Prego, esci”. Il monaco si avvia verso l’uscita, e il maestro gli dice “No, non da quella parte”. Allora il monaco si dirige verso una porta secondaria sul retro e il Maestro gli dice “No, non da quella parte”. A quel punto il monaco si chiede “Cosa devo fare...?”
In queste situazioni siamo imprigionati dalla nostra forma mentale, dalla nostra coscienza, dalle nostre idee, dai nostri pensieri, che non lasciano spazio a nuove idee, a nuovi pensieri, a una nuova saggezza. È un po’ come un moscone che cerca di uscire dalla parte della luce e continua a sb****re contro il vetro fino a morire. Vede solo la possibilità della luce, non riesce a vedere che c’è una possibilità anche dalla parte dell’oscurità, non la può concepire. Eppure basterebbe cambiare direzione, anche di poco, per salvarsi...
Il monaco che non sapeva da che parte uscire, dopo aver pensato “Dalla finestra? Dal soffitto, dal pavimento, dai muri?”, estenuato ha lasciato cadere la domanda, il suo corpo e la sua mente, si è lasciato cadere davanti al Maestro in sanpai [*] , e il Maestro gli ha detto “Ecco la risposta giusta!”
Così ci succede anche nella vita di fronte a situazioni esistenziali in cui nessuna risposta razionale è risolutiva, adeguata, in cui non possiamo contare sulla nostra esperienza, sul nostro intelletto, o su esempi da imitare. È assolutamente inutile ragionare come normalmente facciamo. Se ne esce soltanto generando una nuova saggezza. Bisogna uscire dalla logica standard, trasformare la coscienza, ampliare sostanzialmente l’orizzonte. E per farlo è necessario lasciar cadere qualcosa, abbandonare una fetta di identità, qualcosa con cui ci identifichiamo, un qualche attaccamento che limita la nostra visione.
La chiave per noi è zazen, l’opportunità ogni volta di abbandonare il corpo e la mente, shin jin datsu raku, di spalancare una nuova visione. Anche nel nostro piccolo ne conosciamo i buoni effetti, dall’esperienza diretta. Ma è la fede in zazen che fa la differenza. E questo è un altro discorso...
🙏
[sanpai: "san" = tre; "pai" = prosternazione]
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(Immagine: dettaglio della pratica del "pai"/prosternazione; foto cui la firma d'autore/autrice non conosciamo)