03/12/2025
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IL CORAGGIO DI ALESSANDRO — LA NOSTRA STORIA DI DOLORE, LOTTA E RINASCITA
Nostro figlio si chiamava — e si chiama ancora, più forte che mai — Alessandro Vielmi, e la sua è una storia che custodisce tutta la forza di volontà che un essere umano può avere, soprattutto quando quella forza nasce nel corpo piccolo di un bambino.
Aveva solo quattro anni quando un osteosarcoma lo colpì all’improvviso, cambiando per sempre la vita di tutti noi. Ricordiamo ancora il giorno della diagnosi come un urlo che taglia il respiro: il tumore, la chemioterapia, l’operazione, la possibilità concreta che nostro figlio dovesse vivere senza un braccio.
Non esiste una parola capace di contenere il dolore di un genitore davanti a un figlio che soffre, eppure Alessandro, con una maturità inspiegabile per la sua età, ci aveva insegnato cosa significasse davvero resistere.
Il calvario durò diciotto mesi: cicli di chemio, ospedali, lacrime nascoste dietro un sorriso forzato, notti senza sonno, preghiere e promesse. E poi l’amputazione del braccio destro, una prova crudele perfino per un adulto. Immaginarla su un bambino è qualcosa che nessuna mente riesce a elaborare completamente.
Eppure Alessandro, fin dal primo momento, aveva mostrato una luce diversa: una fame di vita che non si era lasciata schiacciare.
Dopo l’operazione aveva chiesto di tornare all’asilo.
Aveva voglia di normalità, di amici, di risate, di giochi.
Di futuro.
Fu su consiglio dei medici che provammo a portarlo in piscina.
Non immaginavamo, allora, che sarebbe diventata la sua casa nuova, il suo corpo nuovo, il suo equilibrio nuovo.
Il suo istruttore, Luca Bonetti, ci aveva raccontato l’impegno che mise nella preparazione: «Prima di iniziare, mi sono legato il braccio dietro la schiena per capire come mantenere l’equilibrio in vasca e come insegnargli le bracciate a dorso e a stile. Ma fin da subito Alessandro si è dimostrato un allievo eccezionale.»
E aveva ragione. Alessandro non solo imparò: volò in acqua.
In due soli anni è diventato un nuotatore provetto, un esempio per tutti — bambini e adulti — che lo guardano scivolare nell’acqua con una naturalezza che sembra parlare.
La corazza che aveva costruito per sopravvivere alla malattia oggi gli permette di vivere pienamente, di godersi l’acqua come un secondo respiro. Ogni suo tuffo è una vittoria. Ogni sua bracciata è un atto di orgoglio. Ogni suo sorriso è la prova che la vita, a volte, sa essere più forte del dolore.
E noi, Marina ed Emanuele, che abbiamo tremato per lui, pianto per lui e combattuto con lui, oggi possiamo dirlo con fierezza: nostro figlio è un piccolo gigante.
Un bambino a cui la vita ha tolto un braccio, ma non la forza straordinaria di andare incontro al mondo.
IL MIRACOLO DI ALESSANDRO — QUANDO IL DOLORE NON VINCE
La storia di Alessandro Vielmi è una di quelle che rimangono addosso.
Una storia che contiene tutto: la brutalità della malattia, la paura dei genitori, la fragilità dell’infanzia, ma soprattutto la potenza indistruttibile della resilienza.
Si parla spesso di bambini “guerrieri”, ma il termine rischia di diventare retorico, se non si conosce davvero cosa significhi vedere la vita strapparsi di mano a un’età in cui si dovrebbe solo giocare. Alessandro, invece, incarna davvero quella parola: un guerriero silenzioso, un bambino che ha attraversato la sofferenza con un coraggio che gli adulti raramente possiedono.
Questa storia è anche un inno alla cura: quella dei genitori che hanno saputo reggere un dolore inumano, quella dei medici che hanno saputo orientare una rinascita, quella di un istruttore che ha scelto di imparare prima di insegnare.
È il ritratto di una comunità che ha deciso di non arrendersi.
E poi l'acqua: elemento che per Alessandro non è solo sport, ma simbolo di libertà, di equilibrio, di nuova identità.
Dove molti vedevano un limite, lui ha trovato un varco.
Ci sono bambini che insegnano agli adulti cosa significhi vivere.
Alessandro è uno di loro.
La sua storia dovrebbe essere raccontata nelle scuole, nelle palestre, negli ospedali.
Non perché parli di un miracolo, ma perché parla di possibilità.
Alessandro non è solo un bambino che ha sconfitto un tumore.
È un bambino che ha trasformato la perdita in forza, il dolore in determinazione, la fragilità in talento.
E soprattutto è la prova che, anche quando una parte di te viene portata via, ciò che resta può essere abbastanza per fare cose straordinarie.