07/08/2025
Quando a far male non è "cosa dicono", ma "chi lo dice"!
Ci sono ferite che non si vedono, ma si sentono.
E spesso le più profonde sono quelle che nascono dal tradimento della fiducia.
Quando scopriamo che una persona a cui avevamo dato credito, un’amica, un collega, qualcuno con cui abbiamo condiviso un progetto, uno spazio associativo, sportivo o professionale, ha parlato male di noi alle spalle, qualcosa dentro si spezza.
Non si spezza solo il legame.
Si incrina la percezione di sicurezza, si rompe un equilibrio emotivo che ci faceva sentire al sicuro nella relazione.
Perché la fiducia non è solo un’idea astratta, è una esperienza emotiva reale, che ha bisogno di coerenza, di trasparenza, di reciprocità.
La fiducia si costruisce lentamente, attraverso piccole conferme.
Ma basta un attimo per frantumarla.
Quando le parole cattive arrivano da chi avrebbe potuto starci accanto, fanno più rumore.
Non è tanto “che cosa hanno detto”.
È il fatto che l’abbiano detto loro, senza dirlo prima a noi, senza guardarci negli occhi.
E in fondo, non ci ferisce solo il giudizio, ma l’assenza di sincerità.
Da un punto di vista psicologico, questo tipo di esperienza può attivare una risposta simile al lutto.
Sentiamo rabbia, tristezza, disillusione. A volte vergogna.
Ci mettiamo in discussione: "Sono io che ho sbagliato a fidarmi?"
La fiducia, quando viene ferita, non si ripara con una scusa.
È come una tazzina rotta, anche se la incolli, non sarà mai come prima.
Non bastano le parole. Servono presenza, coerenza, riparazione vera.
Ci sono rapporti che si possono salvare, altri no.
Ma ciò che possiamo fare, da professionisti, ma prima di tutto da esseri umani, è scegliere ogni giorno di essere sinceri.
Anche nelle relazioni più difficili, anche quando è scomodo.
Guardarsi negli occhi e dirsi le cose.
Questo è il punto di partenza di ogni rapporto sano.
E quando non succede, possiamo prenderci il diritto di stare male.
Ma anche il diritto di ricominciare, più consapevoli, non più chiusi.