26/11/2025
Abbiamo preso la scuola
e l’abbiamo trasformata
in una centrale operativa.
Ogni voto, ogni nota, ogni respiro dei ragazzi
monitorato in tempo reale.
Non è innovazione.
È un cortocircuito culturale.
Non aspettiamo più i figli.
Aspettiamo la notifica.
È diventato questo il nostro dialogo educativo:
“5”, “6½”, “7–” al posto delle parole.
E il dato più assurdo è uno, non esiste alcuna prova neuroscientifica che tutto questo migliori l’apprendimento.
Zero.
Il contrario sì: più controlli un ragazzo, meno lo responsabilizzi.
In terapia me lo dicono così:
“Dottore, se prendo 3 tanto lo sanno subito.
Che recupero a fare?”
Ed è vero.
Gli abbiamo tolto il tempo.
Il tempo per sbagliare.
Per pensarci.
Per rialzarsi da soli.
La scuola non è più scuola:
è un reality in diretta.
E i docenti?
Valutano sotto una platea invisibile di adulti pronti a giudicare.
Ogni voto può diventare un processo.
Ogni nota una polemica.
Ogni compito un referendum nazionale.
Li stiamo logorando.
E poi ci stupiamo se la scuola è esausta.
Il registro elettronico non ha avvicinato scuola e famiglia:
ha avvicinato le ansie.
Le ha moltiplicate.
Le ha messe una contro l’altra.
A chi serve sapere tutto, subito, sempre?
Ai ragazzi? No.
Ai genitori? No.
Ai docenti? Neppure.
Serve solo a calmare, per cinque secondi,
la nostra paura di perdere il controllo.
È ansia che si traveste da premura.
Per questo lo dico senza giri di parole !
Aboliamolo così com’è.
Ridiamo ai ragazzi il diritto di sbagliare.
Ridiamo ai docenti il diritto di insegnare.
Ridiamo ai genitori il diritto di educare
senza vivere perennemente in allerta.
La scuola non è un’app.
È un luogo umano💙