Studio di fisioterapia Romina De Benedictis

Studio di fisioterapia Romina De Benedictis ".... La più grande ricchezza....
la tua salute"
(..Virgilio)

- Terapie fisico-strumentali (ionoforesi, tens, diadinamica, elettrostimolazione,
infrarossi, ultrasuoni, magnetoterapia, laserterapia...)
- Riabilitazione neurologica (ictus, TIA, sclerosi multipla, morbo di Parkinson...)
- Riabilitazione ortopedica (cervicalgie, lombalgie, lombosciatalgie...)
- Riabilitazione post-traumatica
- Riabilitazione pre e post-operatoria
- Ginnastica posturale-dolce individuale e di gruppo
- Ginnastica posturale individuale metodo Mézières
- Linfodrenaggio terapeutico-oncologico ed estetico metodo Vodder
- Massaggi terapeutici, sportivi ed estetici (decontratturante, defaticante,
rilassante)
- Pompage mio fasciale (trattamento manuale delle tensioni muscolari)
- Elasto-taping (applicazione cutanea di cerotti per recupero rapido da traumi
osteo-articolari e stati dolorosi)
- Terapia a domicilio su richiesta

12/11/2025

"Nessuno mi aveva davvero preparato al lato oscuro della fisioterapia.

Quando inizi questo mestiere pensi soprattutto alla soddisfazione di aiutare gli altri, di vedere i pazienti migliorare giorno dopo giorno. Ma con il tempo ti rendi conto che esiste un prezzo da pagare, e non è solo fisico.

Il burnout, per esempio, è sempre in agguato.
Il lavoro ti prosciuga nel corpo e nella mente. Spesso arrivi a fine giornata esausto ma con il rischio che i tuoi pensieri continuino a girare intorno ai tuoi pazienti anche di notte.
A volte è difficile staccare, impossibile non portarsi dietro le loro storie, le loro sofferenze, le loro aspettative.

Poi scopri che, in certi ambienti, i pazienti vengono trattati come una valuta.
Una volta una clinica mi contattò chiedendomi se potevano “comprare” i miei clienti.
Fu allora che capii quanto potesse essere spietato questo settore, dove spesso i numeri contano più delle persone.
In molte realtà si pensa più al fatturato che ai risultati terapeutici, e questo ti lascia un senso di amarezza difficile da ignorare.

A tutto questo si aggiunge la consapevolezza che non tutti i pazienti vogliono davvero migliorare.
Alcuni si rifiutano di impegnarsi, altri restano intrappolati in meccanismi mentali che bloccano ogni progresso.
E tu, che vorresti solo vederli stare meglio, corri il rischio di sentirti impotente.

Un altro aspetto poco considerato è il carico emotivo.
Le persone ti affidano il loro dolore, la loro rabbia, la loro frustrazione e spesso tu te la porti a casa, anche senza volerlo. È come se ogni seduta, ogni trattamento lasciasse una traccia, una piccola ferita invisibile.

Nemmeno tra colleghi la situazione è sempre serena
Le discussioni tra fisioterapisti possono diventare vere e proprie battaglie, tra chi difende la terapia manuale e chi si affida solo alla scienza del dolore.
Sui social, poi, queste guerre si trasformano in scontri spesso più distruttivi che costruttivi.

E mentre cerchi di aiutare gli altri, il tuo stesso corpo inizia a cedere.
Schiena, spalle, mani: tutto si logora col tempo. Nel curare gli altri finisci per ferire te stesso.

In tutto questo si insinua anche la sindrome dell’impostore.
Basta un paziente che non migliora, una terapia che non funziona come previsto, e ti ritrovi a dubitare di te stesso e delle tue competenze.

Il problema è che non esiste un vero interruttore per smettere di lavorare.
Ti ritrovi ad analizzare la postura delle persone al ristorante o i loro movimenti per strada, come se la mente non riuscisse più a spegnersi.
E così il lavoro non finisce mai.
Ti segue a casa, nei sogni, nei fine settimana.

Nessuno mi aveva avvertito di quanto potesse essere duro tutto questo.

È un mestiere bellissimo, ma anche crudo, senza filtri, estenuante".

15/10/2025

❤️ 🙌 🧠

"Quando, anni fa, ho scelto di diventare fisioterapista, l'immagine che i miei amici si erano fatti del mio futuro lavoro era piuttosto chiara.
Nella loro testa, e forse anche un poʻ nella mia, ero già lì, con la maglietta attillata, a sistemare contratture a calciatori e modelle con problemi posturali.

E io li lasciavo sognare.
Ma poi è arrivata la realtà.

La realtà fatta di pazienti che non corrono i 100 metri, ma che lottano per riuscire a stare seduti da soli, a portare una forchetta alla bocca o a camminare per qualche metro cercando di non cadere.

Mi occupo di riabilitazione, in ambito neurologico e ortopedico.
Questo significa lavorare con persone colpite da ictus, parkinson, sclerosi multipla, protesi, fratture, traumi.
Significa sedersi accanto a chi, magari fino a ieri era indipendente e oggi fa fatica anche solo ad alzarsi dal letto.

Altro che palestra e stretching post-partita. Qui si lavora sulla dignità, sulla motivazione, sulla voglia di riprendersi un pezzo di vita.

E sapete una cosa?
È molto più bello così.

Perché ogni progresso, anche minimo, vale quanto se non più di una medaglia.
Un ginocchio che finalmente si piega, una spalla che torna a muoversi, una mano che riesce ad afferrare un bicchiere sono conquiste che si celebrano come trofei.
E dietro ogni miglioramento c'è impegno, fiducia, e quella relazione umana che solo il tempo e il lavoro condiviso possono creare.

È un lavoro fatto di piccole grandi vittorie, di frustrazioni, di pazienza (moltissima), e di una profonda responsabilità.
Non è mai monotono, e non è mai superficiale.
E soprattutto, non è mai come se l’erano immaginato i miei amici.

Quindi no, non lavoro con atleti famosi o modelle da copertina.
Lavoro con persone vere.
Con i loro limiti, le loro paure, la loro forza.
Ed è esattamente così che ho capito di aver scelto il mestiere giusto."

📌 Sono tornata!!!!!Ferie finite 🧘‍♀️ Operativa 💪Info:349 403 3205
01/09/2025

📌 Sono tornata!!!!!

Ferie finite 🧘‍♀️

Operativa 💪

Info:349 403 3205

📌 Gentili clienti nell'augurarvi buone vacanze vi informo che sarò chiusadal 13 agostoal 30 agosto 🌞
01/08/2025

📌 Gentili clienti nell'augurarvi buone vacanze vi informo che sarò chiusa
dal 13 agosto
al 30 agosto 🌞

💗
29/07/2025

💗

RESPIRA. Ma stavolta fallo davvero.

Viaggio collettivo dentro il muscolo più silenzioso, più sottovalutato, più determinante che abbiamo: il diaframma.

Questo non è un semplice post.

È il frutto di un esperimento unico nel suo genere. Abbiamo lanciato una domanda. Abbiamo parlato di un muscolo poco visibile ma potentissimo. E ci siamo messi in ascolto.

In tre mesi sono arrivati oltre 350 commenti: esperienze cliniche, sensazioni profonde, storie personali, intuizioni geniali, domande scomode.

Abbiamo letto, selezionato, intrecciato e riscritto. E oggi vi restituiamo tutto questo, in un unico racconto. Un corpo narrativo collettivo, dove ogni voce è diventata un respiro.

Siete pronti?

BUONA LETTURA!

Tutto è partito da una semplice domanda:

“Ma te respiri?”

L’ho chiesto ad una paziente mentre la stavo trattando per un problema alla spalla. Lei si è fermata, sorpresa. Ha esitato un attimo. Poi ha risposto:

“Boh.. non lo so.”

E lì ho capito che il dolore alla spalla era solo la punta dell’iceberg.

Succede così, quasi sempre.
Hai dolore alla spalla? Sarà la spalla. Ti svegli col collo rigido? Sarà il cuscino. Una morsa al petto? L’ansia, forse. O il tempo. Sempre qualcosa fuori.

Eppure, in mezzo a tutti questi sintomi, c’è un muscolo solo che li attraversa tutti, che li influenza tutti, che può peggiorarli o migliorarli tutti.

E quel muscolo.. non lo guarda mai nessuno.

Si chiama diaframma.
E oggi parliamo di lui. Davvero.

IL GRANDE SILENZIOSO

Il diaframma è un muscolo.
Ma è anche una bugia.

Perché lavora sempre, ma nessuno se ne accorge.
Perché è centrale, ma invisibile.
Perché collega tutto, ma non è legato a niente di specifico.
Perché se sta bene, nessuno lo nomina.
E se sta male.. lo cercano altrove.

“Dopo anni ci sono arrivato: spalla, collo, cervicale, gastrite, reflusso, ansia, mal di schiena, ileopsoas. Era tutto il diaframma. Un casino.” (Simon)

PERCHÉ FA COSÌ TANTI DANNI?

Perché è ovunque.

Anatomicamente divide il torace dall’addome. Funzionalmente è il centro di gravità della tua respirazione, della tua postura, della tua digestione, del tuo equilibrio neurovegetativo.
E sì, anche delle tue emozioni.

Ogni volta che inspiri.. lui scende.
Ogni volta che espiri.. lui sale.

Ma se non scende più bene, oppure se non risale più, il tuo corpo inizia ad adattarsi.

E da lì parte la giostra dei compensi: il collo tira, la spalla si blocca, la colonna si inarca, l’intestino si ferma, il cuore accelera, e la mente entra in modalità allarme.

“Io ho un’ernia iatale molto dilatata, il diaframma è rialzato di 5 cm. Dolori a spalla e collo, tutti i sintomi descritti. A breve mi operano. Spero di ristabilirmi.” (Patrizia)

MA NON SARÀ MICA “SOLO UN MUSCOLO”?

No. Il diaframma è un’interfaccia.

Tra dentro e fuori.
Tra alto e basso.
Tra automatico e volontario.
Tra viscerale e posturale.
Tra ciò che senti.. e ciò che non riesci più a sentire.

Ha le chiavi di casa della tua salute. Ma spesso lo lasci fuori dalla porta. Dimenticato sullo zerbino.

“Uso molto il diaframma, specialmente per “smuovere” l’intestino. Ma dopo il terzo cesareo, hanno stretto troppo i punti. Quando respiro con il diaframma sento dolore.” (Cristina)

E TU.. LO USI?

C’è chi non lo ha mai incontrato.
Chi lo ha perso da piccolo.
Chi lo ha bloccato con l’ansia.
Chi lo ha abbandonato a forza di sedie, cinture, posture chiuse, sospiri trattenuti.

“Sono molto emotiva, tengo tutto dentro e non respiro. La mia insegnante mi ha obbligata a farlo con consapevolezza. Ora mi accorgo quando sono in apnea.”(Francesca)

I SEGNALI (SOTTILI, MA CHIARISSIMI)

Tosse secca e strana, reflusso che non passa, spalla che “tira” sempre, pressione alta non giustificata, affaticamento respiratorio sotto sforzo, mal di schiena senza causa apparente, rigidità cervicale che non cede.

“Mi hanno detto che il mio diaframma è fuori sede dopo un intervento al cuore.” (Manu)

E ALLORA CHE SI FA?

C’è chi lo ha ritrovato con lo yoga.
Chi con il canto.
Chi con il Tai Chi.
Chi grazie a un fisioterapista.
Chi con la meditazione.
Chi con il Buteyko.
Chi massaggiandolo.
Chi.. semplicemente, ascoltandolo.

“Alla notte, quando l’esofagite mi assale, mi aiuta respirare col diaframma.” (Enea)

“Mi rilassa cantare. Ci ho pensato solo ora: il diaframma si muove molto quando canto.”(Alberto)

“La mia maestra lo fa allenare in palestra. Altro che muscolo dimenticato!”(Letizia)

Per una Letizia.. ce ne sono cento che non sanno neanche dove si trova.

E PERCHÉ È ANCORA COSÌ DIMENTICATO?

Perché il diaframma non lo vedi.
Perché è dentro.
Perché non è sexy.
Perché non ha addominali a tartaruga.
Perché non c’è una macchina per lui in palestra.
Perché non è Instagrammabile.
Perché il diaframma non si mostra.

Si manifesta. E spesso si manifesta sotto forma di sintomo lontano. E quindi ti confonde. Ti depista. Ti frega.

“Io sono contro le gabbie toraciche. Viva la libertà!” (Alberto, in vena poetica)

MA ATTENZIONE: NON SEMPRE IL PROBLEMA È IL DIAFRAMMA

A volte il diaframma è una vittima.

Di un viscere che funziona male.
Di un trauma emotivo.
Di una postura rigida.
Di un addome chiuso.
Di uno stomaco che non si svuota.
Di un fegato congestionato.

“Il fegato deve smaltire il cortisolo da stress. Se è sovraccarico, congestiona l’emicupola destra, tira le coste, coinvolge la cervicale. Senza trattare anche il viscere, il lavoro sul diaframma è solo parziale.” (Angelo)

“Potrebbe essere anche il contrario: un problema strutturale può creare una difficoltà viscerale. È una risposta somato-viscerale.” (Giusy)

TU, QUANDO RESPIRI, TI SENTI?

Non se lo chiedono in molti.
Ma qualcuno, prima o poi, arriva a farlo.

“Anni fa, il maestro di Thai Chi mi insegnò a respirare con la pancia. Me lo ricordo ancora.” (Terri)

“Io l’ho imparato con lo yoga. Mi ha salvato la vita.” (Silvia)

E si apre un’altra riflessione: “A scuola, in auto, davanti al pc.. siamo diventati animali seduti. E abbiamo perso la capacità innata di respirare. Un fringuello la conserva meglio di noi.” (Catia)

E la verità è che nessuno ci ha mai insegnato a sentirci respirare.
Non a scuola.
Non in palestra.
Non quando stavamo “bene”.

Nessuno ti dice come si respira.. finché non smetti di farlo bene.

Finché non succede qualcosa che ti costringe a ricominciare da lì.

E allora scopri che respirare non è scontato. È un’abilità.
Che si perde.
Che si recupera.
Che si allena.

Il diaframma è come una porta automatica: si apre solo se ti avvicini davvero.

Ma se ci passi davanti di corsa.. non ti vede.
E resta chiusa.

E ALLORA, CHE LIBRO MI CONSIGLI?

“C’è un testo per imparare la respirazione e la manutenzione di questo piccolo, fondamentale organo?” (Adele)

Sì, ci sono testi, metodi, esercizi.
Ma il primo libro da leggere.. è il tuo corpo.
Ti serve tempo.
Ti serve qualcuno che ti guidi.
Ma soprattutto: ti serve il coraggio di ascoltarti davvero.

E magari, con una mano sul petto e una sull’addome. E con la voglia di rispondere alla domanda:

“Chi si muove prima?”

Prova ora.
Sei seduto? Sei sdraiato? Sei in piedi?
Respira lentamente.
Dove si muove prima il tuo corpo?
Riesci a espirare completamente?
Senti il respiro arrivare fino alla pelvi?
Ti senti più calmo o più nervoso dopo 5 respiri consapevoli?

Se hai risposto “non lo so” o “boh”…
forse non è solo ansia.

Condividi questo post con chi ha dolori misteriosi, ha fatto mille esami senza risposte, respira male ma non lo sa, vive in apnea, ha un addome sempre contratto e non si sente mai “centrato”.

LA VERITÀ?

Il diaframma non ha bisogno di essere “sbloccato”. Ha bisogno di essere ascoltato. Sentito. Rispettato. Allineato. Allenato. Integrato.

È come un direttore d’orchestra silenzioso.
Che però sa farti stonare tutto il corpo se lo ignori.

GRAZIE

A tutte le persone che hanno lasciato un commento.
A chi ha raccontato un dolore.
A chi ha posto una domanda.
A chi ha condiviso un’intuizione.

Questo post è nato così: da un respiro collettivo.

E tu, da dove è cominciata la tua storia col respiro? Raccontacelo. Potrebbe aiutare qualcuno che sta ancora trattenendo il fiato tra tutti questi sintomi.

Perché ogni sintomo racconta una storia.
E spesso.. comincia proprio da lì.

Da un respiro.

Indirizzo

Via Fonte Dell' Olmo 3/fraz. Colle Marino Di Tornimparte
L'Aquila
67049

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